Il 26 aprile 1986, esattamente 35 anni fa, avvenne uno dei più gravi disastri della storia, classificato con il massimo nella scala di catastroficità INES, l’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina.
La centrale fu costruita ad uso civile e militare, per produrre energia elettrica e plutonio, ed era composta da 4 reattori. Nella notte fra il 26 e il 27 è avvenuto un incidente a causa di errori durante un test di sicurezza sul reattore numero 4, che poi ha innescato una serie di reazioni a catena che hanno provocato lo scoppio del nucleo e ben due esplosioni. Furono rilasciate 1000 tonnellate di materiale radioattivo nei territori circostanti e non solo, a causa dei venti la nube percorse anche buona parte dell’Europa. Per limitare il disastro furono mandati vigili del fuoco a spengere l’incendio e membri dell’esercito e altri lavoratori a costruire una sorta di sarcofago d’acciaio per chiudere il reattore. Essi però non furono informati del pericolo e quindi non avevano dispositivi protettivi. L’evento fu tenuto nascosto dall’Unione Sovietica e fu comunicato solo il 27 aprile dalla Svezia, dopo aver trovato tracce di particelle radioattive sugli indumenti dei lavoratori della centrale. 135000 persone furono subito evacuate dalla zona, ma delle ricerche indicano che il 60% dei territori inquinati si trova in Bielorussia, molti ce ne sono anche in Russia e nell’Ucraina nord-occidentale. Le vittime di questa catastrofe che sono state contate sono 65, e i casi di tumore 4000, ma questi sono solo i dati accertati, e probabilmente sono solo una piccola parte.
Ancora oggi alcune persone muoiono o hanno malattie a causa delle radiazioni, e stanno crescendo i casi di tumore tra i bambini, infatti le conseguenze si stanno presentando anche nella generazione post-disastro nucleare. Questo è dovuto al fatto che il latte che bevono dalle madri contiene iodio-131, che provoca il cancro alla tiroide, ma fortunatamente quasi tutti i casi ad oggi sono stati curati con successo. La maggiore preoccupazione attualmente è la presenza nel suolo di stronzio-90 e cesio-137, che impiegano una trentina di anni a degradarsi e che vengono assorbiti dalle piante, entrando nel ciclo di alimentazione locale. L’esplosione ha avuto anche effetti sulla flora e sulla fauna del luogo, che hanno subito delle mutazioni strane e che hanno popolato la zona dopo l’evacuazione dell’uomo. Un grave problema di cui si è a lungo discusso è quello dell’invecchiamento dell’edificio e del rischio che anche un piccolo terremoto potesse demolire il sarcofago che era stato costruito preventivamente e che si stava deformando e indebolendo a causa delle radiazioni. Nel 2019 è stata completata l’enorme struttura mobile del costo di un miliardo e mezzo di euro, ovvero un arco di cemento e acciaio largo 108 metri e lungo 275. Grazie a questa costruzione sono iniziati i lavori per neutralizzare la grande quantità di materiale radioattivo ancora presente nel reattore.
Oggi Chernobyl è facile da raggiungere ma, a causa dell’enorme quantità di rifiuti, complessi da smaltire, appare come una sorta di “buco nero” e intorno alla centrale inoltre c’è una “zona di alienazione” nella quale non si può accedere. 35 anni dopo, la flora e la fauna si stanno impadronendo degli edifici deserti, tant’è che dei cavalli selvatici sono tornati a pascolare nell’area attorno alla centrale.