Era il 19 febbraio 2016, quando il mondo perse un importantissimo uomo di cultura. Umberto Eco è stato filosofo, semiologo, scrittore, accademico e esperto della comunicazione. Un personaggio che sfugge a qualsiasi casella professionale occupandole tutte contemporaneamente e famoso anche per la sua biblioteca personale, che è da considerare come un grande esempio di dedalo letterario. Egli si spegne all’età di 84 anni nella sua abitazione secondo testimonianza della famiglia data alla Repubblica. Nasce ad Alessandria, in Piemonte, il 5 gennaio 1932, è cattolico e studente del liceo classico, troppo giovane per essere arruolato nell’esercito. Terminata la guerra si iscrive all’università militando con GIAC (il vecchio ramo giovanile dell’Azione Cattolica) e durante i suoi studi su Tommaso d’Aquino, su cui prenderà la laurea, smette di credere in Dio e lascia definitivamente la Chiesa cattolica. Egli commenta: “Si può dire che lui, Tommaso d’Aquino, mi abbia miracolosamente curato dalla fede”.
Se dunque conflittuale è stato il suo rapporto con la Chiesa, non si può dire lo stesso di quello con la letteratura e la scrittura. La sua passione per queste materie ha radici molto profonde, poiché essendo stato nipote di un tipografo, Eco ha sempre “respirato” libri. Egli aveva detto in passato: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita, chi legge avrà vissuto 5000 anni. La letteratura è un’immortalità all’indietro”. Siamo a conoscenza di un aneddoto circa il suo amore per i “Promessi Sposi”. Grazie a suo padre, che gli regala una copia del libro del celebre Alessandro Manzoni, nasce la sua grande passione per i classici, che diventerà un punto fisso nella sua opera di divulgazione culturale. Ciò si rispecchia nei suoi numerosi saggi e romanzi di estetica medievale, linguistica e filosofica, che sono stati divulgati dappertutto. Tra questi, il più noto al pubblico, è il celebre romanzo “Nome della Rosa” le cui vendite hanno superato i milioni di copie. Il suo successo è da attribuire alla sua struttura che sovrappone più piani interpretativi: dal thriller, al riso, al simbolismo religioso e letterario. Altre opere importanti sono ad esempio il “Pendolo di Foucault” (1988) e il “Lector in Fabula”. Quest’ultimo è un saggio del 1979 ed è letteralmente il lettore che in un testo arriva a far interagire il proprio mondo di riferimento con quello dell’autore. Egli afferma infatti: “Generare un testo significa attuare una strategia di cui fan parte le previsioni delle mosse altrui”. Negli ultimi anni della sua vita nonostante fosse malato, continua a portare avanti i suoi interessi e fonda con Elisabetta Sgarbi, una nuova casa editrice, “La Nave di Teseo”. L’ultimo suo libro, pubblicato nel 2015, è stato il “Numero Zero”, con riferimenti alla storia politica, giornalistica e giudiziaria italiana.
Una curiosità in più su di lui è che dopo essere stato in Rai, viene a contatto anche con internet, passando da televisione a web. È proprio in questo ambiente che diventa vittima di un furioso clickbait dopo aver dichiarato all’università di Torino che “i social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli”. Nonostante i vari aneddoti che circolano su di lui, non possiamo però negare che Eco sia stato una figura importantissima per la letteratura italiana. Molti addirittura affermano che sentirlo parlare o leggere i suoi racconti sono esperienze che hanno il potere di scatenare la curiosità.