Sappiamo tutti come l’Italia non sia famosa per il suo tasso di natalità, uno tra i più bassi a livello europeo, ma pare proprio che quest’anno, il nostro paese abbia battuto il suo record. I nuovi dati ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) confermano infatti un significativo calo delle nascite in Italia, che si sta così lentamente spopolando: al 31 dicembre 2019 la popolazione residente nella penisola è inferiore di circa 189 mila unità (188.721) rispetto all’anno precedente e gli iscritti in anagrafe per nascita sono appena 420.170, con una diminuzione di oltre 19 mila unità sul 2018 (-4,5%). Per ogni 100 persone che muoiono, ne nascono solo 67, mentre dieci anni fa erano 96.
Il bollettino ci mostra chiaramente come l’Italia stia progredendo nel fenomeno della depopolazione, avviatosi nel 2015 e che ha finora portato ad una diminuzione di quasi 551 mila cittadini in cinque anni. Osservando questi numeri, sembra molto probabile che, con il passare del tempo, andranno sempre più ad aumentare, finchè paesi come il nostro, incontro ad un grosso calo demografico, si troverebbero costretti ad incentivare l’arrivo di migranti per bilanciare il numero di residenti.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è espresso a proposito dei dati, che mostrano un’Italia con un evidente problema di natalità: “Va assunta ogni iniziativa per contrastare questo fenomeno”. Aggiunge: “Il dato dell’ISTAT indica che il numero di famiglie in Italia è diminuito considerevolmente; come conseguenza dell’abbassamento di natalità vi è un abbassamento del numero delle famiglie. Questo significa che il tessuto del nostro Paese si indebolisce e va assunta ogni iniziativa per contrastare questo fenomeno”. Sono infatti dati che mettono a repentaglio il futuro: “Chi è anziano come me ha ben presente l’abbassamento di scala delle natalità nelle generazioni. Due generazioni prima della mia, i figli erano numerosi; poi si sono ridotti ancora. E questo è un problema che riguarda l’esistenza del nostro Paese. Quindi le famiglie non sono il tessuto connettivo dell’Italia, sono l’Italia. Perchè l’Italia non è fatta dalle Istituzioni ma dai suoi cittadini, dalle persone che vi vivono”.
Non si può che essere d’accordo con le parole del Presidente sul crescente calo demografico: è necessario intervenire, anche in vista del minor afflusso di immigrati nel nostro paese. Calano infatti gli ingressi di stranieri in Italia, che nel 2019 sono 25 mila in meno rispetto al 2018, e 34 mila in meno sul 2017. Anche il numero di nascite di stranieri diminuisce: nel 2019 sono 62.944 (il 15% del totale dei nati) con un calo di 25.000 unità rispetto al 2018 (-3,8%). Il loro peso percentuale sul totale dei nati è maggiore nelle zone dove la presenza straniera è più radicata: nel Nord-ovest (21,1%), e nel Nord-est (21,2%). Un quarto dei nuovi nati in Emilia-Romagna è straniero (25,0%), in Sardegna solo il 4,3%.
Questo è uno dei fattori che hanno contribuito al corrente calo demografico, oltre alla progressiva riduzione del numero di donne in età fertile (ovvero di età compresa tra i 15 e i 49 anni), che si sono ridotte di 180 mila unità. Non ha niente a che vedere, quindi, con il numero di figli messi al mondo da ciascuna madre, che rimane costante: 1,29. Si alza inoltre l’età del parto, con età media di 32,1 anni, probabilmente anche a causa della crisi economica iniziata nel 2008, i cui effetti sociali ed economici hanno influito direttamente sulle donne residenti in Italia, che hanno affermato il rinvio dell’esperienza riproduttiva verso età più avanzate.
Bisogna comunque ricordare che in un paese con forti differenze interne come il nostro, i valori variano da territorio a territorio. Il calo è più sentito al Mezzogiorno e al Centro (in cui la regione con il tasso inferiore di perdita è la Toscana), mentre al Nord c’è un maggior equilibrio demografico: il numero di figli per donna diventa infatti 1,36; spiccano la provincia di Bolzano (1,69) e Trento (1,43). Seguono Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto. Nel Nord Italia si alza anche l’aspettativa di vita (quasi 81 per gli uomini e 83,5 per le donne ) e proprio Trento detiene il primato per il record di sopravvivenza femminile, 86,6 anni, il più alto livello mai raggiunto da una singola regione italiana. Nel mezzogiorno, invece, questi valori si abbassano a 80,2 (uomini) e 84,5 (donne), e troviamo una popolazione mediamente più giovane rispetto al Centro-Nord.
Fonte: https://www.istat.it/it/files/2020/02/Indicatori-demografici_2019.pdf