Se dovessimo riassumere con un singolo termine ciò che sta accadendo in America durante queste ultime settimane: “Tensione” potrebbe risultare sicuramente una scelta adeguata. Mentre nel paese l’epidemia SarsCov2 dilaga raggiungendo la quota di circa 770.000 infettati fra cui circa 41.000 decessi, l’America si trova ad affrontare un periodo di grandi decisioni e di conseguenza una grande divergenza di opinioni. Procediamo però per gradi: i primi problemi li ritroviamo infatti all’interno del paese stesso, più precisamente riguardo a una prossima riapertura degli Stati Uniti, inizialmente prevista dal presidente Donald Trump per il primo Maggio. Fin da subito i governatori di venti stati americani si sono dichiarati in accordo con la proposta del presidente, mentre altri stati si sono dimostrati più riluttanti. Del resto in una conferenza del 16 aprile alla Casa Bianca, il presidente aveva confermato a ogni stato la completa autonomia sulla decisione di un eventuale riapertura. Il giorno seguente tuttavia, sono comparsi sul suo profilo Twitter tre messaggi pressoché identici rivolti ai cittadini di tre degli stati in disaccordo con un’eventuale riapertura per la data prevista: Minnesota, Michigan e Virginia in cui si erano verificate nei giorni precedenti, delle manifestazioni di protesta contro ai provvedimenti di “lockdown” presi dai governatori democratici.
La posizione del presidente risulta quindi piuttosto chiara, egli stesso ha infatti affermato, nel briefing del 17 Aprile, di considerare i manifestanti delle persone “molto responsabili” schierandosi quindi contro le decisioni prese dai governatori dei tre stati: Tim Walz, Gretchen Whitmer and Ralph Northam sostenitori di un piano di ripresa più graduale delle attività da parte di aziende e cittadini.
Sul piano internazionale la decisione del presidente di sospendere momentaneamente i fondi all’Organizzazione mondiale della sanità ha scatenato molte polemiche provenienti da tutto il mondo. Gli stati uniti rappresentano infatti il paese che più ha contribuito al finanziamento dell’Oms arrivando a versare una quota di 400 milioni di dollari tra il 2018 e il 2019 (rappresentanti il 15% del budget totale). Alcuni paesi (sebbene in netta minoranza) si sono tuttavia dichiarati solidali con la scelta del tycoon: è il caso ad esempio dell’Australia e del Giappone che hanno appoggiato le critiche mosse dal presidente nei confronti dell’Oms. L’America ha infatti accusato l’organizzazione di aver omesso informazioni importanti, circa la diffusione iniziale del COVID-19 e di essere stata quindi eccessivamente filo-cinese.
Il periodo di sospensione si aggirerà intorno ai 60-90 giorni, periodo nel quale Trump ha chiesto che all’intelligence americana sia consentito lo svolgimento d’ indagini approfondite nel laboratorio dell’Istituto di virologia di Wuhan. Il portavoce del ministero degli Esteri Geng Shuang ha affermato che la priorità attuale sia quella di combattere il virus, sospendendo quindi le ostilità tra paesi.
Le tensioni continuano verso Medio Oriente, più precisamente in Iran, dove il mercoledì 15 aprile undici navi della Marina del Corpo della Guardia Rivoluzionaria si sono avvicinate a sei navi della marina americana e della guardia costiera nel Golfo, effettuando delle manovre a stretta distanza con un alto rischio di collisione. In un tweet risalente allo stesso giorno dell’incidente, la US navy ha definito pericolose e provocatorie le azioni dell’IRGC (il corpo militare della teocrazia). Il 18 Aprile le forze iraniane hanno confermato l’avvenimento dell’incidente, accusando la condotta provocatoria delle navi americane e la loro indifferenza verso gli avvertimenti. A Marzo l’Iran ha chiesto l’aiuto del Fondo Monetario Internazionale per far fronte alla grave crisi provocata dal COVID-19 (un gesto estremo, che significa di fatto la disponibilità del leader supremo Ali Hosseini ad una riduzione della sua sovranità), tuttavia l’FMI è controllato in parte proprio dagli americani, che essendo i maggiori contributori detengono il diritto di veto, così l’aiuto richiesto è ancora in attesa di essere approvato. Gli Stati Uniti temono infatti che Teheran inganni sui bilanci e chiedono un taglio ai fondi destinati alle spese militari, richiesta che è stata quanto mai rimarcata a seguito dell’incidente di mercoledì scorso.