Dai laghi alle spiagge, dalle isole alle montagne, alle città. Non importa dove, bastano una telecamera e un “ciak”.
L’Italia per produttori e registi di tutto il mondo è un bottino troppo ricco, un tesoro troppo grande, per non sfruttarlo a loro piacimento per qualche film, per qualche kolossal da centinaia di milioni di dollari. I produttori stranieri, agevolati anche dalla norma del Tax Credit e dalle Film Commision, sono invogliati a portare le loro telecamere nello Stivale.
E cosi in Italia si gira dappertutto. Qui si trova una manodopera qualificatissima, scenografi e costumisti tra i migliori al mondo, e ovviamente una meravigliosa cornice naturale.
A Firenze Netflix sta producendo il suo film più costoso di sempre, Six Underground con un budget di ben 150 milioni di dollari. Un kolossal incentrato sulla vita di 6 miliardari che fingono la loro morte per combattere assieme la criminalità. La culla dell’arte è così bloccata tra i ciak fino al 21 settembre. Un mese in pieno stile hollywoodiano tra elicotteri che sorvolano la città di prima mattina per riprese mozzafiato (facendo perdere la pazienza ai residenti) ed epiche corse automobilistiche per le vie del centro. Alla città uno “scusate il disturbo” di 100 mila euro: una bella cifra per il comune, un’elemosina per il colosso dello streaming.
Ma non si tratta dell’unica città-set. In Sardegna da mesi George Clooney è il regista-produttore-attore di Comma 22, serie televisiva tratta da un noto romanzo antimilitarista. A Crema la produzione internazionale di Luca Guadagnino Call Me By Your Name ha ottenuto un enorme successo. Poco più a Nord, sul lago di Como, si gira sempre per mano di Netflix, Murder Mystery con Jennifer Aniston e Adam Sandler. Nel centro-nord il cineasta olandese di fama mondiale Paul Verhoeven è alle prese con un dramma erotico-religioso tra Perugia e Montepulciano: Blessed Virgin. E si tratta solo dei casi più recenti che seguono quelli che nel corso degli anni hanno interessato da Aosta al Cilento l’intera penisola.
Il Bel Paese viene così preso d’assalto, viene trasformato in una gigantesca Hollywood a forma di stivale, sfruttata dalle grandi produzioni internazionali che vedono nelle nostre città d’arte la scenografia perfetta per i loro film e per i loro guadagni. L’immagine di tutto il Paese sul grande schermo svenduta dai comuni per qualche comodo guadagno. Una volta c’era Cinecittà, la casa del cinema fatto in casa, voluta fortemente dal duce, che raggiunse il suo massimo splendore negli anni ‘50 e ‘60. Era il tempo della dolce vita di Via Veneto e del boom economico, erano gli anni d’oro della cinematografia italiana che si è avviata poi verso un lento declino.
Oggi la “fabbrica dei sogni” all’italiana si è trasformata in un percorso museale, e l’intero Stivale ha preso le vestidi un set a cielo aperto, una succursale ingrandita della casa del cinema a stelle e strisce. Legittimo chiedersi se sia davvero necessario prostrarsi ai signori del cinema mondiale per proporre i nostri luoghi,carichi di storia e di avvenimenti ben più interessanti di quelli raccontati sul grande schermo, come sfondo di inseguimenti a tutto gas, omicidi e misteri.
Da qualche anno è ormai in atto una vera rivoluzione che vede l’Italia sullo sfondo.
E’ innegabile che le produzioni cinematografiche portino denaro, lavoro e, perché no, “turismo” (non quello vero, sia chiaro), ma serve veramente svendere l’immagine dell’Italia in giro per il mondo?