Dal 5 al 10 novembre 2024 è tornata a Firenze, al Teatro della Pergola, La Locandiera di Goldoni, in una interpretazione diretta da Antonio Latella prodotta dall’ Teatro Stabile dell’Umbria.

La Locandiera, scritta da Carlo Goldoni nel 1752 ha rivoluzionato il concetto di commedia attribuendoli le caratteristiche e stile che compongono tutt’ora nella tradizione mondiale. Il teatro di Goldoni è nuovo, fresco, buffo riuscendo ad abbandonare le caratteristiche fallaci della precedente commedia d’arte e sostituendole con una regia precisa e una trama ordinata. La Locandiera, già rivoluzionaria in stile, sconvolge anche i dogmi sociali della tradizione dell’Italia settecentesca ponendo come protagonista una donna, Mirandolina, e mostrandone la capacità di controllare gli uomini che la circondano.

Nella versione di Antonio Latella La Locandiera acquisisce nuovamente un carattere rivoluzionario, in particolare in campo di politica e morale. Mirandolina, che nella versione originale riempie lo stereotipo di donna furba che gioca con l’amore degli uomini, riesce, nella versione moderna, a diventa l’eroina dell’opera; La Locandiera passa da essere una commedia di una donna che infrange cuori per capriccio ad essere il racconto di una giovane locandiera che lotta per la propria indipendenza dagli uomini che la vogliono possedere.

Nei tre atti che compongono la commedia, gli spettatori seguono le vicissitudini degli ospiti della Locanda e di Mirandolina, la locandiera. Nel corso della rappresentazione Mirandolina viene corteggiata da una marchese e un conte, entrambi ospiti della locanda, che le offrono vari tipi di doni per vincere il suo affetto: la protezione che gli concede il proprio rango o regali costosi. L’unico che si distingue è il Cavaliere di Ripafratta, nobiluomo che afferma di odiare le donne e di non poterle mai amare. La locandiera affascinata dall’ostilità del cavaliere decide di doverlo sedurre in qualunque modo possibile, forse per interesse nei suoi confronti o forse solo per capriccio.

Mirandolina è interpretata dalla celebre attrice italiana Sonia Bergamasco, che riesce pienamente a riempire le aspettative per la nuova regia di Latella; spontanea ma anche forte e determinata, la locandiera, riesce a risplendere in tutte le sue sfaccettature. Nel corso di tutta l’opera, e in particolare nelle ultime, scene la Bergamasco riesce a rendere Mirandolina una nuova eroina goldoniana: una donna vera, umana e realistica che prende le redini della propria vita ribellandosi a chi la vuole controllare al posto suo.

Nel ruolo del Cavaliere di Ripafratta, l’uomo che odia le donne, abbiamo Ludovico Fededegni. L’attore fiesolano riesce, solamente tramite l’uso di un libro e degli Shangai, a trasmettere i pensieri dell’animo travagliato e instabile del Cavaliere. Affiancato da Sonia Bergamasco è in grado di rappresentare la dualità del suo personaggio, diviso tra un uomo fragile e innamorato e uno violento e immaturo. A interpretare glia altri corteggiatori della locandiera vi sono Francesco Manetti, il Conte di Albafiorita e Giovanni Franzoni come il Marchese di Forlipopoli. Manetti rappresenta l’uomo che non bada a spese, colui che vuole comprare l’affetto di Mirandolina, mentre Franzoni è il nobile povero che non può offrire altro che protezione ai suoi soggetti. Entrambi i ruoli, grazie a Manetti e Franzoni, riescono a diventare una rappresentazione sia della nobiltà settecentesca ma anche di quella moderna; discussioni accese su chi riesca a prendere i regali di miglior qualità e più “raffinati “per ottenere l’amore di una donna.

La servitù della locanda è invece composta da Annibale Pavone nel ruolo di Fabrizio, il promesso marito di Mirandolina, e Gabriele Pestilli come il cameriere e in alcuni casi amico del Cavaliere. Entrambi gli attori conferiscono ai propri personaggi un senso di onore e compostezza che sorpassa di gran lunga l’apparenza di regalità nei nobili e che mostra nuovamente la rivoluzione che goldoni a portato nella concezione di nobiltà.

Gli unici altri personaggi femminili dell’opera sono due commedianti che alloggiano alla locanda fingendosi dame e che nel corso della storia, al contrario di Mirandola, approfittano delle debolezze dei nobili per proprio beneficio, ingannandoli e facendosi donare preziosi di vario tipo. Ortensia, la prima tra le due, è interpretata da Marta Cortellazzo Wiel, affiancata da Marta Pizzigallo come Dejanira: attrici che grazie a una serie di scene comiche riescono a fingersi comiche; attrici che si fingono attrici in maniera spettacolare. Entrambe, nel ruolo dei loro personaggi, si divertono a fingere di non riuscire a recitare offrendo al pubblico un rinfrescante intermezzo comico tra alcuni degli avvenimenti più provanti della storia della protagonista.

L’ambiente di contorno alla recitazione è composto dalle scene sintetiche ma efficaci di Annelisa Zaccheria che divide la scena in più ambienti grazie a pochissimi oggetti di uso comune senza la necessità di una partizione materiale. Latella con l’aiuto di Marco CorsucciGiammarco Pignatiello riesce a utilizzare al meglio gli ambienti creati da Zaccheria con un veloce susseguirsi di scene che sfruttano pienamente la flessibilità di un palco libero. I costumi ideati da Graziella Pepe riprendono la semplicità e modernità delle scene di Latella e riesco a mostrare l’evoluzione di personaggi: gli spasimanti che volendo impressionare Mirandolina, uno a uno, passano a indossare abiti eleganti, e la protagonista, i cui costumi seguono la propria evoluzione emotiva diventando man mano più formali e “ordinati”.

La conclusione dell’opera: la decisione di Mirandolina di sposare il cameriere Fabrizio, invece dei nobiluomini, ha una connotazione assai politica sia nella versione di Goldoni che in quella moderna; la scelta della servitù invece della nobiltà. Grazie alla regia di Latella, alla fine della commedia, è ormai chiaro al pubblico il perché della decisione della Locandiera, ovvero che sposando Fabrizio sarebbe stata più libera di quanto potrebbe mai essere stata con soldi e protezione degli aristocratici. La produzione è stata anche seguita dalla Drammaturga napoletana Linda Dalisi che ha contribuito alla creazione di un ambiente cinematografico e drammatico con l’utilizzo delle luci del palco controllate da Simone De Angelis e con l’aiuto delle musiche selezionate e modificate da Franco Visioli.

La morale evidenziata da Latella è di particolare rilevanza negli ultimi tempi, in un epoca apparentemente moderna ma nella quale alcuni uomoni vedeno le donne come oggetti da possedere con denari e da richiudere perchè troppo fragili per farcela da sole.

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