Come mai consideriamo l’aspetto esteriore la più grande, o spesso l’unica, virtù femminile? Perché qualcosa che, fino a prima dell’introduzione della chirurgia estetica, era fuori dal nostro controllo, ha così tanta importanza? Queste domande si ripropongono nel tempo, ma non sembra cambiare mai niente.

La bellezza di una donna è da sempre in primo piano rispetto a tutto, anche davanti a qualità più ammirevoli. Non importa quanto essa sia abile in quel che fa, perché il primo commento che riceverà sarà sempre riguardo il suo aspetto, che sia in positivo, o in negativo. Gli esempi che vengono in mente sono tantissimi: Marilyn Monroe non viene quasi mai riconosciuta per le sua capacità artistiche e anche intellettuali, ma ricordata ancora oggi soprattutto per il suo aspetto fisico, Hedy Lamarr che ha come primo riconoscimento essere “la donna più bella del mondo” e secondo quello di aver inventato qualcosa di poco conto come il WiFi (come viene anche scritto in un articolo di patriadellabellezza.it, dove scrivono “Hedy Lamarr, fu considerata una delle attrici più belle di Hollywood. In pochi sanno tuttavia che Lamarr […] rivoluzionò anche la tecnologia moderna”), Madison Beer, che negli ultimi anni ha rilasciato canzoni molto popolari, ma che nonostante questo viene riconosciuta solo per la sua bellezza. 

È vero che il loro aspetto fisico ha sicuramente aiutato nella loro crescita verso la fama; da qualche anno è infatti entrato in discussione il problema del “pretty privilege”, che viene tradotto in “privilegio dei belli”: questo fenomeno consiste nell’affermazione che le persone di bell’aspetto ricevono agevolazioni nella società, al contrario di chi ha invece un aspetto più ordinario. E in effetti è così, tutti i giorni vengono condivise esperienze da persone, soprattutto donne, che testimoniano di aver ricevuto inviti ad eventi importanti, regali, pasti gratis, per il solo fatto di essere convenzionalmente attraenti; questo privilegio però è un’arma a doppio taglio: queste persone vengono cristallizzate nel ruolo di bell’aspetto e si tende ad ignorare le loro altre capacità. Inoltre l’ossessione per il mantenimento della bellezza esteriore porta chi ne è vittima al rischio di compromettere la propria salute. Questo è il caso di Fosca di uno dei personaggi principali del libro di Iginio Ugo Tarchetti del 1869 intitolato, appunto, “Fosca”. 

Nel libro, narrato da Giorgio, il protagonista della storia e amante della donna, Fosca, la cui paura di non essere abbastanza bella arriva a minare la sua salute e infine peggiorare anche il suo aspetto fisico. Lei è ossessionata dall’amore, e da ciò che lo fa sbocciare, ovvero il bell’aspetto. Fosca era sempre stata una ragazza di salute cagionevole, ma sarà l’amore e i complessi che esso si porta dietro a peggiorare la sua situazione. L’amore era per lei la sua unica ragione di vita, infatti, in una lettera che manda al protagonista, scrive “la natura non mi aveva dotata solo di un cuore sensibile, ma di una costituzione inferma, nervosa, irritabile; io non poteva avere né quella forza passiva che dà l’apatia, né quella castità mentale che dà la robustezza: l’amore doveva essere il mezzo e lo scopo di tutta la mia esistenza”. Lei prima di ammalarsi non era mai stata brutta, è la malattia che le rende “spaventosa”, come la descrive Giorgio la prima volta che la vede, e dice: “Dio! Come esprimere colle parole la bruttezza orrenda di quella donna! […]. Nè tanto era brutta per difetti di natura, per disarmonia di fattezze, — chè anzi erano in parte regolari, — quanto per una magrezza eccessiva, direi quasi inconcepibile a chi non la vide; per la rovina che il dolore fisico e le malattie avevano prodotto sulla sua persona ancora così giovine”. Sarà l’amore (o meglio, il fallimento di un matrimonio) a rendere la sua paura più grande, essere brutta, realtà. I complessi di Fosca rispecchiano la mentalità di moltissime ragazze e donne; l’amore, e la bellezza, sono grandissimo motivo di preoccupazione per una gran parte della popolazione femminile, e per alcune tutto ciò che è importante nella vita. Ma perché questi sentimenti sono comuni in quasi tutte le donne, anche nel corso di secoli? Perché molte ragazze vivono in funzione dell’amore, facendolo diventare il loro unico obiettivo? È Fosca stessa a dire “non vivendo che per essere amate, e non potendolo essere che alla condizione di essere avvenenti, l’esistenza di una donna brutta diventa la più terribile, la più angosciosa di tutte le torture”.

Anche se adesso la società è strutturata diversamente e, donna o uomo che sia, è necessario sviluppare competenze varie finalizzate ad una carriera, di fatto, oggi come all’epoca di Fosca, ci si aspetta che la donna corrisponda sia esteticamente che caratterialmente all’archetipo di donna come si intendeva nel passato. Le ragazze sono inconsciamente condizionate a pensare che l’amore sia la cosa più importante della vita di una donna adulta, e per esempio sentiremo delle bambine già ad una tenera età a fantasticare sul loro matrimonio. Di conseguenza l’idea di trovare l’amore e la relazione perfetta le porta a porre la maggior parte della loro attenzione alla cura della propria bellezza. Queste aspettative non le stimolano a concentrarsi su altri interessi, alimentando questo tipo di mentalità. Così il ciclo continua: come fermarlo? Sono le vittime stesse che devono interromperlo, o la società, che deve smettere di dare così tanta importanza a qualcosa di così futile?

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