La scorsa domenica è scomparso all’età di ottantanove anni il genio del calcio svedese Kurt Hamrin, che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia del calcio mondiale.
Nato il 19 novembre del 1939 a Stoccolma, quinto figlio di un imbianchino, dopo aver giocato in alcune società minori, entrò nell’AIK Stoccolma, insieme alla quale debuttò in prima difesa a diciannove anni. Dal momento che, però, il calcio svadese non era a livello professionistico, ovvero ai giocatori non era riconosciuto alcun tipo di stipendio ma solo un piccola somma in caso di vittoria, si mantenne economicamente lavorando come operaio e in seguito come zincografo in una testata svedese. Durante una partita tra Portogallo e Svezia fu notato dal presidente della Juventus di quei tempi, Giovanni Agnelli, quindi passò al mondo del calcio italiano: Hamrin restò nella squadra bianconera solo un anno, durante il quale ottenne buoni successi nonostante i numerosi infortuni che subì alla caviglia.
In seguito dal momento che la Juventus aveva deciso di acquisire due nuovi giocatori stranieri, Hamrin fu ceduto al Padova secondo il regolamento che ogni squadra potesse tesserare al massimo due giocatori di nazionalità non italiana. L’anno con Hamrin è ricordato come la stagione migliore del Calcio Padova: infatti in questo periodo il nuovo acquisto riuscì a ottenere venti gol in trenta partite, risultato che gli aprì la strada alla Fiorentina, in cerca di un nuovo giocatore per l’ala destra dopo Julinho. Per i nove anni in cui indossò la maglia viola la Fiorentina non riuscì a vincere una sola volta il Campionato, terminò solo due volte seconda. Ad ogni modo la squadra fiorentina riuscì a portare a casa due volte Coppa Italia (1961 e 1966), Coppa delle Coppe, Coppa delle Alpi e Coppa Mitropa, inoltre Hamrin totalizzò 151 marcature, nuovo record, superato solo nel 2000 da Gabriel Batistuta. In quel periodo fu soprannominato Uccellino dalla Nazione per la sua velocità e la sua facilità di tiro. Passato al Milan ormai trentenne, riesce a vincere lo scudetto, la Coppa delle Coppe e la Coppa dei Campioni. A trentasette anni si concluse la sua carriera professionale come calciatore nel Napoli dove rimase solo due stagioni. In seguito quando è tornato in Svezia per ragioni di affari la IFK Stoccolma gli propose di giocare a livello dilettantistico a patto di una percentuale sugli incassi delle partite a cui avrebbe partecipato. Ha giocato anche nella Nazionale Svedese durante la finale del campionato del mondo del 1958, contro il Brasile di Pelè, arrivando al quarto posto per il Pallone d’oro. Ha avuto anche una breve parentesi da allenatore tra il 1971 e il 1972 nel Pro Vercelli che però non ha proseguito.
Nonostante avesse girato diverse squadre italiane aveva deciso di stabilirsi a Firenze con la moglie Marianne e i suoi cinque figli, dove infatti se ne è andato pochi giorni fa. I funerali si sono tenuti a San Miniato proprio ieri con la presenza di numerosi ex giocatori e altri esponenti del mondo calcistico. Erano inoltre presenti il sindaco della città di Firenze Dario Nardella, gli assessori Sara Funaro e Guccione e il presidente della regione Eugenio Giani, oltre dell’ambasciatore della Svezia in Italia Jan Bjorklund. In molti erano presenti a lasciare un ultimo saluto all’Uccellino che era volato dalla Svezia a Firenze e aveva lasciato un segno nella storia dei Campionati Italiani