Quando Gigi Riva tornerà
Non ci troveranno ancora qua
Con la vita in fallo laterale
E il sorriso fermo un po’ a metà
Tornerà la voglia di sognare
Quando Gigi Riva tornerà
Inizia così una canzone scritta nel 1982 da Piero Marras, pseudonimo di Piero Salis. Nato a Nuoro nel 1949, dopo gli esordi rock progressive acquista la fama di cantore della “sardità”, narratore dei luoghi, delle atmosfere e dei miti dell’isola. E chi se non Gigi Riva è in grado di rappresentare la Sardegna con il suo ruolo di guida spirituale e sportiva. Un Odisseo moderno, potente ma al tempo stesso fragile.
Riva non nasce in Sardegna, ma riceve la cittadinanza onoraria del Comune di Cagliari nel 2005, 28 anni dopo aver appeso gli scarpini al chiodo. “Non ho avuto una grande infanzia, tutto parte da lì, il resto me lo sono creato da solo”, cresciuto dalla sorella maggiore Fausta dopo la morte dei genitori (il padre morto in un incidente in fabbrica, la madre a causa di un cancro), inizia a giocare nel Legnano. Si trasferisce poi nel Cagliari dove, tra il 1963 e il 1977, segna oltre 200 gol guadagnandosi il soprannome Rombo di Tuono. Era un mancino naturale, forte fisicamente e rapidissimo. E’ stato protagonista assoluto dello scudetto vinto dal Cagliari nel 1970 e del Campionato europeo del 1968 vinto dall’Italia, è suo infatti il primo gol della ripetizione della finale contro la Jugoslavia. Con la nazionale partecipa anche al Mondiale del 1970 segnando 3 gol di cui uno nella storica semifinale contro la Germania. Con 35 reti è il miglior marcatore della nazionale italiana di tutti i tempi.
Quando Gigi Riva tornerà
Torneremo tutti in serie A
Dopo tanti calci di rigore
Troveremo insieme l’umiltà
Per ricominciare con più cuore
Quando Gigi Riva tornerà
Scordandoci per un momento i numeri e le statistiche, che incoronano Rombo di Tuono come uno dei migliori attaccanti della storia, possiamo chiederci chi fosse davvero Gigi Riva in quanto limitare la sua descrizione a ciò che ha fatto e ciò che non ha fatto sul campo da gioco sarebbe riduttivo. “Riva è uno di quelli che ci ricorda un mondo passato ma che forse c’è ancora”, così lo definisce Piero Marras la cui canzone, nostalgica e allegorica, ci aiuta a ricostruirne sia l’importanza sportiva ma soprattutto un altro aspetto che non si può misurare con gol e assist. Gigi Riva è una leggenda per la Sardegna ma non fu subito un rapporto idilliaco: i primi mesi al Cagliari sono stati pieni di angosce e ripensamenti. Quando però la volontà di tornare dalla sorella Fausta cadde, non andò più via, neanche davanti alle ricche offerte dei club del nord. Anche questo ha contribuito alla creazione del mito di Riva, una divinità per il popolo sardo, una leggenda da tramandare alle nuove generazioni attraverso il racconto di chi l’ha davvero vissuto e di chi si è sentito rappresentato e difeso. “A quel tempo, in Sardegna al massimo ci mandavano i Carabinieri e i militari in punizioni”, ha raccontato una volta Riva. La Sardegna era stata colpita da una grave crisi socio-economica e l’immaginario ritorno in campo di Riva cantato da Marras vuole sia riportare al ricordo le emozioni e le vittorie degli anni 70 ma anche fare di Rombo di Tuono un nuovo grido di battaglia per combattere la rassegnazione della società sarda.
Crescerà la solidarietà
Ci sarà un po’ più di umanità
E sapremo piangere davvero
Quando il sogno ci confermerà
Che non passerà più lo straniero
Quando Gigi Riva tornerà
La discesa in campo del vecchio campione avrebbe un significato rivoluzionario: riuscire a creare una nuova coesione nell’isola, una nuova isola unita e capace di sognare proprio come quando c’era lui a giocare. A Cagliari e alla Sardegna, Riva, aveva donato pura comprensione e un grande affetto totalmente ricambiato con una devozione totale. 14 anni, sportivamente parlando, di vittorie e magie come l’indelebile 1-3 in casa dell’Inter: “Il Cagliari ha subito infilato e umiliato l’Inter a San Siro -scrive Gianni Brera- Oltre 70.000 spettatori. Se li è meritati Riva che qui soprannomino ‘Rombo di tuono’”. L’orgoglio di un intero popolo nel superare le grandi città del nord, quelle città e quegli abitanti che li definivano ladri, banditi o pecorai nonostante parte della stessa patria, l’orgoglio di indossare anche solo per un anno il tricolore sul petto. “Negli occhi dei sardi non leggevi la felicità del tifoso ma l’orgoglio”, racconta Riva. Per l’altro suo grande amore, la Nazionale, Riva ha sacrificato entrambe le gambe: contro Portogallo (perone) e Austria (tibia e perone). La fragilità fisica lo porta a ritirarsi a 32 anni, l’ultimo gol lo segna nel gennaio del 1977 contro il Como. Terminata la carriera agonistica Riva ha condotto una vita tranquilla e solitaria, poche apparizioni pubbliche ma anche un’intensa attività nella FIGC come dirigente accompagnatore e poi come team manager. Nel 2006 partecipa alla spedizione italiana in Germania raggiungendo il successo mondiale che nel 1970 gli era sfuggito in finale contro il Brasile.
Su, su, su, su
Come gli alpini
Niente più paura ormai ci fa
Su, su, su, su
Che siamo i primi
Tutti insieme verso il sole
Due semplici episodi che ci aiutano a delineare ancora meglio la personalità e la grandezza morale di Gigi Riva sono da ritrovarsi proprio durante l’esperienza nello staff della nazionale. Il primo, nel 1994, con l’abbraccio a Roberto Baggio alla fine della semifinale del Mondiale contro la Bulgaria dopo essersi accorto delle condizioni fisiche del numero 10 che sarà costretto a giocare la finale non senza dolori. Il secondo, nel 2006, durante la celebrazione per la vittoria del quarto Campionato del Mondo. Quando Riva nota che sul pullman scoperto destinato ai festeggiamenti sono saliti, oltre ai giocatori e allo staff, personalità politiche che prima del Mondiale rilasciavano dichiarazioni contro la Nazionale (legate al turbinio di calciopoli), scende rapidamente, prende il suo trolley e se ne va. Non aveva perdonato, non era caduto nell’inganno dei festeggiamenti, non si era lasciato scivolare addosso tutte le cose brutte come fatto invece dalla maggior parte di coloro presenti sul pullman. “Se già lo ammiravo prima, per il suo passato da campione e per quella disponibilità unica a mettersi sempre dalla parte dei giocatori -scrive Francesco Totti nel suo libro- adesso sento di amarlo proprio”.
Quando Gigi Riva tornerà
La partita ricomincerà
Grideremo insieme, “Italia, Italia”
E patetico non sembrerà
Stretti in questo sogno che ci ammalia
Quando Gigi Riva tornerà
Grazie all’unità raggiunta dall’utopistico ritorno in campo di Riva, il popolo sardo si sente parte integrante dell’Italia ma anche fiero della sua specificità. Un richiamo all’età dell’oro (gli anni 70 del grande Cagliari) cercando di risvegliare il popolo sardo dal sonno (la crisi socio-economica) ed evitare la catastrofe dell’eterno ritorno dell’uniformazione e dell’impoverimento; con elementi che si avvicinano al pensiero utopico di Walter Benjamin, la narrazione di Piero Marras si conclude con l’immagine di una grande festa colma di libertà, la stessa libertà con cui Gigi Riva correva in su e giù per il campo con la maglia numero 11, lo stesso sentimento di libertà, speranza e sogno che ha provato il popolo sardo nel vederlo giocare. “Lui è l’eroe di cui abbiamo bisogno, -dice Piero Marras- abbiamo bisogno di poesia e di personaggi come lui: se ci togliete il sogno dove andiamo?”.
Una grande festa si farà
E la banda ubriaca suonerà
Per intero l’inno nazionale
Zumpa, zumpappera e zumpappà
Dio, ce ne sarà da raccontare
Quando Gigi Riva tornerà