Dal 7 luglio al 3 settembre Palazzo Strozzi ospita la più grande raccolta di opere in Italia dell’artista Yan Pei-Ming. Pittore di storie
Nato a Shanghai nel 1960 durante la Rivoluzione culturale, Yan Pei-Ming si trasferì in Francia nel 1980 dopo essere stato rifiutato dall’Accademia della sua città per studiare all’École Nationale Supérieure des Beaux Arts di Digione, dove ha tuttora il suo atelier.
Entrò poi tramite la vincita di un concorso nell’Accademia di Francia a Villa Medici a Roma, dove sarà borsista dal 1993 al 1994.
Tuttora vive tra Parigi, Digione e Shanghai.
La sua arte esplora generi come il ritratto, il paesaggio, la natura morta e la pittura di storia. I dipinti prendono vita a partire da fotografie e quadri estrapolati da fonti diverse. Per questa mostra in Italia possiamo vedere dipinti da fotografie che hanno documentato drammatici momenti della nostra storia del Novecento: l’esposizione a testa in giù dei corpi di Benito Mussolini e Claretta Petracci a Piazzale Loreto a Milano nel 1945, il corpo riverso di Pasolini all’idroscalo di Ostia nel 1975, il ritrovamento di Aldo Moro nel bagagliaio di un’auto a Roma nel 1978, in tutti e tre i casi non è il momento della morte, ma quello in cui l’immagine della morte è stata mostrata al mondo.
Sono presenti pure immagini personali, copertine di giornali come del Time delle edizioni Person of the year, o celebri opere della storia dell’arte ad esempo Les Funérailles de Monna Lisa. Trattandone più nel particolare il quadro è un ampliamento dell’originale di Da Vinci, Ming ha infatti esteso il paesaggio con due nuove tele, una a destra della Monna Lisa e una alla sua sinistra, ma oltre a ciò racconta una sua vicenda personale. Ha collocato infatti altre due tele nella stessa sala cioè il ritratto del padre in ospedale e le proprie immaginarie esequie affrontando così il tema del rapporto padre e figlio invertendo il principio secondo il quale è il figlio a seppellire il padre.
Yan Pei-Ming rielabora pure rappresentazioni del passato resuscitandole come per l’assassinio di Marat realizzato da David nel 1793, il ritratto di Innocenzo X di Velazquez del 1650, l’Execution apres Goya del 1814 e infine un bozzetto raffigurante Napoleone e Pio IX di David ma Ming lo rivisitò escludendo Pio IX per dimostrare il suo rifiuto dell’autorità papale.
Abbiamo poi autoritratti e ritratti di personalità come Mao Zedong, Adolf Hitler (ispirato dal quadro Der Bannerträger di Lanzinger), Vladimir Putine e Volodymyr Zelensky ma pure personaggi del suo quotidiano come sua madre e suo padre.
È evidente come sia importante per lui l’iconografia occidentale ma si riconduce comunque alla terra madre, alla Cina, raffigurato la tigre, il dragone, Mao e pure Bruce Lee e Buddha.
Fu destinato alla madre il primo Buddha che ha dipinto da giovane, in quanto erano immagini proibite durante la Rivoluzione Culturale e quindi le dipingeva esclusivamente per i parenti.
«Presumo di essere un artista cinese ed europeo, ma sono prima di tutto un artista».
Questa sorta di dualismo è evidente nell’autoritratto Nom d’un chien! Un jour parfait (Porca miseria! Un giorno perfetto) nel quale il pittore si presenta frontalmente in pose che evocano la crocifissione, tema che rappresenta proprio per cercare di costruire un esempio di sincretismo culturale tra Oriente e Occidente.
Si definisce lui stesso un pittore d’assalto per il suo distintivo modo di dipingere con ampie pennellate, uno stile quasi brutale che fa assumere ai vari quadri energia, semplificando potremmo dire siano macchie di colori che acquistano nitidezza da lontano. I colori prevalenti della suo pittura sono di solito nero e bianco ma pure blu e bianca, rosso e bianca.
“È come se fossi stato «trapiantato» altrove, in Occidente, il che mi rende una commistione tra le due culture, francese e cinese. Ciò che mi interessa di più è l’espressione personale e artistica.” dall’intervista fatta da Arturo Galansino.