Al giorno d’oggi sembra più che mai di vivere in un mondo ostile e competitivo. Un mondo in cui “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”, se vogliamo dircela in termini sulla bocca di tanti.

Con il dilagare, poi, della variante Omicron in questo ultimo periodo, oltre che crescere il numero di tamponi al giorno (più di un milione) e di positivi (in media se ne aggiungono 100 mila quotidianamente), in Italia si è creato uno stress generale: contagi, quarantene, smart working e didattica a distanza inevitabilmente provocano in tanti – per non dire in tutti – complicazioni a livello pratico e di stabilità psicologica, causando un’atmosfera di tensione e incertezza.

Lo stress è insomma una delle piaghe della società contemporanea; è però anche una risposta dell’organismo a una situazione che ci sembra al di sopra delle nostre abilità, o comunque al di sopra della nostra routine. Anche se associamo il fenomeno dello stress solamente alla società moderna e all’avvento di Internet, persino gli uomini primitivi erano stressati, per esempio per la ricerca di cibo, di un riparo.

È vero che con la scuola e il lavoro d’ufficio i fattori di stress si sono assai moltiplicati, ma in questo ambito è difficile trovare un’epoca libera e felice. Se ci pensiamo, sarà vero che col complicarsi della vita e delle relazioni umane si creano nuove fonti di preoccupazione, ma oggi, sebbene con le dovute, tristi eccezioni, non si ha la costante incertezza di poter sopravvivere. Tanti aprono il frigorifero dando per scontato che qualcosa da mangiare ci sarà. Tanti rientrano a casa sapendo che quando fa freddo, il riscaldamento c’è. In passato ciò era spesso impensabile, anche se purtroppo ancora oggi non si può dire di aver debellato completamente questa difficoltà. Ciò non voleva essere un’aggiunta di sensi di colpa da moralisti, ma semplicemente uno spunto di riflessione, apparentemente scontata ma che spesso manchiamo di considerare, e che ci può aiutare a pesare meglio i problemi di ogni giorno.

Ad ogni modo, volendo tornare alla nostra tormentata vita moderna, quasi tutti sappiamo cosa vuol dire sentirsi stressati per esperienza. Deve essere ben chiara una cosa quando si parla di stress, e cioè che non ha solo effetti negativi.

Come spesso accade, dipende dalle dosi e da come si gestisce la cosa. Se lo stress è circoscritto a un periodo relativamente breve, può anche fare da stimolo a lavorare più proficuamente. Se invece lo stato di apprensione diventa cronico o comunque dura troppo a lungo, i suoi effetti possono essere logoranti e innumerevoli, declinabili a ciascuno di noi. Fisici e mentali.  Tra essi si annoverano acne, insonnia, gonfiore, ansia, depressione, perdita di appetito e di capelli, ma anche tumori e mutazioni. Sembra infatti esserci- secondo studi recenti- un legame tra mutazioni genetiche o insorgenza di tumori e periodi di stress prolungati. Una persona stressata tende inoltre a isolarsi, a essere sedentaria o lunatica, irascibile e capace di un  basso livello di concentrazione  per la stanchezza.

Le cause sono molteplici : situazioni familiari disagevoli, problemi a lavoro, nello studio, nella vita sociale … Ognuno di noi ha la propria “bestia nera” e, a parità di situazione, c’è chi riesce a gestirla mirabilmente, chi ne fa un dramma, chi non la coglie nemmeno. Anche il perfezionismo è causa di stress. Con “perfezionismo” si intende la tendenza a non accettare alcuna imperfezione.

Ho voluto la perfezione e ho rovinato quello che andava bene, asseriva Claude Monet: e aveva ben ragione perché, sebbene la ricerca della perfezione in certi casi ci stimoli a fare del nostro meglio, quando diventa ossessiva si rivela deleteria. Il perfezionismo si manifesta negli ambienti di scuola e lavoro, dove troviamo l’ansia di avere risultati ottimi e immediati, ma anche nella sfera sociale: è perfezionista chi si modifica per apparire accattivante in società e le studia tutte pur di fare colpo; dunque anche chi compra certi articoli per essere alla moda e chi si dispera per un etto in più è perfezionista.

Come non citare, in ultima battuta, l’eccezionale caso del lockdown alias fonte di stress? Sono nate schiere di ipocondriaci, anche tra i giovani. La nomofobia (terrore di rimanere non connessi mediante il cellulare) ha fatto innumerevoli vittime. L’ansia sociale (paura di essere umiliati di fronte agli altri e criticati) o anche il semplice senso di solitudine hanno raggiunto il culmine della diffusione, soprattutto tra i giovani. Complottismo, fanatismo, nuovi dissidi e diffidenze hanno corroso in parte la nostra umanità, guastando ulteriormente le relazioni interpersonali. Insomma, una società già complessa quale quella moderna, che doveva ancora metabolizzare consapevolezze e responsabilità nuove, ha ricevuto il colpo di grazia con la chiusura da pandemia e la sofferenza che essa ha portato.

Infine è di fatale importanza come ci si comporta per uscire da una situazione stressante : se si reagisce con una riflessione sull’entità del problema, studiandone cause e soluzioni –  e anche chiedendo aiuto a una persona vicina o a uno psicoterapeuta-, la strada è quella giusta. Per evitare lo stress è consigliato da studi attendibili praticare esercizio fisico e rilassamento e passare tempo in compagnia di persone care. Anche circondarsi di un ambiente pulito e ordinato sembra avere un effetto positivo su una persona sotto stress (certo finché non diventa maniacale la volontà di tenere tutto in ordine!). Se però si fa ricorso a cure che non combattono la radice del malessere ma lo affrontano solo in superficie, finiamo col cercare rifugio in trappole, come consumo eccessivo di cibo o caffè, fumo, uso di droga o medicinali il cui abuso è comunque nocivo.

Troppo spesso ingigantiamo i disagi del nostro quotidiano, quando invece è necessario imparare a stabilire le vere priorità e tenere a bada lo stress; questo serve a vivere il più serenamente possibile, cosa che tutti in genere si augurano.

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