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Scontro tra Trump e Harris. Come si è svolto e come funzioneranno le elezioni di Novembre

su licenza ADOBE

Al National Constitution Center di Philadelphia si è tenuto un dibattito di 90 minuti organizzato da ABC News tra l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump e la vicepresidente Kamala Harris in vista delle elezioni presidenziali che si terranno tra circa 2 mesi. Il dibattito era gestito da 2 moderatori imparziali, i giornalisti David Muir e Linsey Davis ed era strutturato in  modo che i 2 candidati non si potessero fare domande e ci fosse un solo microfono acceso alla volta. 

La candidata è partita subito con un approccio saldo e convinto che ha destabilizzato Trump, molti hanno definito questo dibattito come una delle migliori prestazioni della carriera di Kamala Harris. Infatti ha saputo mettere numerose volte in crisi il suo avversario gestendo la situazione in maniera ottimale. Proprio per via di ciò la vicepresidente ha guadagnato diversi punti anche se non su tutti gli aspetti, infatti Trump è considerato migliore nella gestione dell’economia e dell’immigrazione mentre la Harris primeggia su aborto e democrazia. Con dei sondaggi flash fatti subito dopo il dibattito è stato registrato che solo una piccola parte ha cambiato idea sulla votazione, circa il 4 %, mentre più dell’80% è rimasto saldo sulle sue idee, infine solo poco più del 10% ha dichiarato che questo dibattito ha fatto riconsiderare loro alcuni punti delle campagne dei candidati, anche se non hanno cambiato idea su chi votare. 

A sostegno dei 2 candidati si sono schierati anche numerosi personaggi pubblici, come Taylor Swift per Kamala Harris o Elon Musk per il Tycoon. Proprio un sostegno mediatico del genere è fondamentale per la campagna politica dei due dato l’enorme peso di questi personaggi famosi sulla società americana.

Quindi nonostante questa non sia stata una delle migliori prestazioni di Trump l’ex presidente non vacilla più di tanto per via di essa mentre l’avversaria ha saputo dare sfoggio delle sue capacità da oratrice riuscendo a non sfigurare affatto e anzi si è imposta sul confronto – anche se non tutti sono d’accordo su questo – guadagnando un po’ di popolarità.

Da oggi mancano poco più di 2 mesi alle elezioni presidenziali degli U.S.A. ma come funzionano effettivamente?

Le elezioni americane, in particolare quelle presidenziali, seguono un sistema elettorale complesso e indiretto basato su un organismo chiamato Collegio Elettorale.

Prima delle elezioni generali, i partiti (principali sono il Partito Democratico e il Partito Repubblicano) tengono primarie e caucus  in ogni stato. Questi eventi servono per scegliere i candidati ufficiali di ogni partito alla presidenza. Le primarie sono elezioni normali, mentre i caucus sono incontri più partecipativi. Il vincitore delle primarie di ogni partito viene ufficialmente nominato alla convenzione nazionale del partito.

Le elezioni generali per la presidenza si tengono il primo martedì di novembre ogni quattro anni. I cittadini votano per scegliere tra i candidati dei vari partiti. Tuttavia, il loro voto non va direttamente al candidato presidenziale ma a un gruppo di persone chiamate Grandi Elettori, che fanno parte del Collegio Elettorale.

Il Collegio Elettorale è composto da 538 grandi elettori. Ogni stato ha un numero di grandi elettori proporzionale alla sua popolazione (pari al numero di senatori e rappresentanti che lo stato ha al Congresso). Il candidato che vince la maggioranza dei voti popolari in uno stato (nella maggior parte dei casi) ottiene tutti i grandi elettori di quello stato, in un sistema chiamato “winner-takes-all” (con l’eccezione di Nebraska e Maine, che assegnano i loro elettori in modo proporzionale).

Per diventare presidente, un candidato deve ottenere almeno 270 voti elettorali, cioè la maggioranza dei 538 elettori. Se nessun candidato ottiene la maggioranza, la scelta del presidente passa alla Camera dei Rappresentanti, dove i deputati votano per eleggere il presidente tra i primi tre candidati.

Il vincitore dell’elezione diventa ufficialmente presidente il 20 gennaio, l’Inauguration Day, in cui presta giuramento e inizia il suo mandato di quattro anni.

Questo sistema è diverso da quello diretto presente in molti altri paesi e, per via del Collegio Elettorale, può succedere che un candidato vinca la presidenza anche se ha ricevuto meno voti popolari rispetto al suo avversario.

Infatti in molti paesi, come l’Italia, sono direttamente i cittadini a votare i candidati che poi entreranno in carica se avranno preso la maggioranza dei voti, anche se il nostro sistema parlamentare non prevede al momento l’elezione diretta nè del premier nè del presidente della repubblica.

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