Al giorno d’oggi la lotta contro il cancro è divenuta molto importante. Riuscire a riconoscere e individuare un tumore e farne una diagnosi precoce potrebbe aiutare tutti i pazienti che soffrono di patologie oncologiche. Nelle fasi iniziali di malattia alcuni tumori tendono a non dare sintomi ed è per questo che risulta difficile individuarli precocemente. Fortunatamente a dare una maggiore speranza per le diagnosi è un esame del sangue che permette di riconoscere la presenza di diversi tipi di cancro nonostante l’assenza di sintomi chiari.
FRAMMENTO DI DNA CIRCOLANTE
Da uno studio effettuato presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York denominato “Pathfinder” sono emersi dei risultati interessanti presentati all’ European Society for Medical Oncology (ESMO) Congress a Parigi nel Settembre del 2022.
E’ infatti stato utilizzato un test denominato test Mced (multi-cancer early detection), tutt’ora in fase di sviluppo, che può rilevare anche un minimo segnale di malattia. Nel dettaglio, questo segnale è rappresentato da piccole sequenze di DNA tumorale circolante (ctDNA) nel sangue, che si distinguono dal Dna delle cellule normali per una particolare peculiarità molecolare, ovvero la presenza di una metilazione. Il test universale del cancro funziona rilevando il DNA con sequenze mutate, rilasciato nel sangue dalle cellule neoplastiche e ricerca la presenza di 16 geni, che solitamente si presentano alterati in molti tipi di cancro e di 8 proteine che tali geni producono, presenti in quantità diverse a seconda della sede del tumore.
Nello studio Pathfinder sono state valutate circa 6.500 persone di età pari o superiore a 50 anni, apparentemente in buona salute, sottoposte al test Mced. E’ emerso che nell’1,4% dei casi (92 persone) il test ha avuto esito positivo, ossia ha indicato la presenza di ctDNA.
Successivamente, associando questo test ad altri mezzi di screening, i ricercatori hanno osservato che la diagnosi di tumore è stata confermata nel 38% dei casi risultati positivi al test. Questi risultati hanno dimostrato che i test di diagnosi precoce presentano un buona capacità di rilevare il cancro in persone malate ed un ottimo tasso di specificità per le persone sane. Un altro risultato interessante, inoltre, riguarda i falsi positivi poiché solo pochi dei partecipanti con test di screening falso positivo sono stati sottoposti a esami invasivi come endoscopie o biopsie. Questo dato è di conforto in quanto solo in pochi casi i test costringerebbero le persone a sottoporsi ad ulteriori esami non necessari.
I risultati del test Mced sono molto incoraggianti ma dovranno essere migliorati in modo tale da poter isolare ancora meglio il DNA neoplastico da tutto il DNA che circola nel sangue. E’ comunque importante comprendere come la funzione dello screening sia quella di ridurre la mortalità per cancro e non quello di ridurne l’incidenza.
USO DEL BIOMARCATORE
Uno dei primi studi che ha messo in evidenza l’importanza del biomarcatore ORF1p nell’oncologia è stato intrapreso da scienziati dell’Università di Harvard, del Dana-Farber Cancer Institute e del Mass General Brigham attraverso un test del sangue ultrasensibile. Lo studio è stato pubblicato ad inizio Novembre 2023 ed in Italia a diffondere la notizia sono stati i colleghi dell’AGI (Agenzia Giornalistica Italia).
I ricercatori si sono concentrati anche sulla messa a punto un test che fosse altamente sensibile per rilevare anche bassissime concentrazioni di LINE-1-(Long Interspersed Element 1) ORF1p (Open Reading Frame Protein) nei campioni di sangue prelevati da pazienti portatori di diversi tipi di neoplasie maligne. LINE-1 è un retrotrasposone ovvero una unità simile ad un virus presente in ogni cellula dell’uomo mentre ORF1p è una proteina prodotta in grandi quantità dalle cellule tumorali quindi non dovrebbe essere rilevata nelle persone sane. Si tratta di un test a basso costo ed anche rapido nel risultato in quanto in meno di due ore sarebbe in grado di fornire indicazioni sulla concentrazione della proteina ORF1p.
In futuro quali sono le aspettative?
La rilevazione delle proteine ORF1p, può essere considerata un test abbastanza economico e, basandosi su una biopsia liquida ovvero su un prelievo di sangue venoso, potrebbe essere inserito nei programmi di screening con lo scopo di poter intervenire in maniera più repentina, addirittura un anno prima che il cancro sia visibile con gli strumenti diagnostici a nostra disposizione, al momento.
Se questo test entrasse a far parte dei servizi di assistenza sanitaria, i medici curanti potrebbero valutare eventuali variazioni dei livelli di ORF1p, indicativi dello stato di salute dei pazienti.
Inoltre il test potrebbe essere utilizzato per valutare la risposta di un paziente alla terapia antitumorale. Infatti il livello di ORF1p dovrebbe ridursi in caso di trattamento efficace.
Questo dato è emerso da uno studio che ha coinvolto 19 pazienti affetti da un cancro dell’esofago e sottoposti a chemioterapia. Di questi 19 pazienti i 13 che hanno risposto alla terapia hanno mostrato dei livelli di ORF1p nel sangue, al di sotto dei limiti del rilevamento del test.