È finita la scuola, le giornate si fanno lunghe e, talvolta, noiose. Il fermento dei 18 anni appena compiuti mi rende irrequieto, voglioso di fare qualcosa e di tenermi impegnato finché sarò ancora a Firenze, prima delle vacanze. Possibilmente, penso, qualcosa che mi permetta di guadagnare anche qualche soldo in vista dell’imminente partenza per il mare, luogo dove un ragazzo è capace di spendere i risparmi di un anno nel giro di poche settimane.

I giorni passano, fino a quando, parlando con un amico, non mi fa venire in mente un’idea alquanto allettante: fare lo scrutatore all’incombente ballottaggio per le elezioni comunali di Firenze. Perché sì, nel capoluogo toscano le elezioni dell’otto e del nove giugno si sono prolungate, necessitando di un ballottaggio tra Sara Funaro ed Eike Schmidt. Non potevo perdere quest’occasione: invio subito un’email all’Ufficio del Comune sperando in una risposta positiva, che sorprendentemente arriva poco dopo, vista la carenza di scrutatori per questa tornata di ballottaggio.

È così che il giorno 23 giugno, a dispetto della mia convinzione che fino a settembre non mi sarei più alzato prima delle otto, mi ritrovo in piedi alle sei del mattino, pronto ad affrontare una lunga giornata.

Il seggio era stato preparato il giorno prima, in circa due ore in cui ho avuto anche modo di conoscere la presidente e gli altri componenti il seggio; un gruppo variegato, formato da persone di ogni fascia di età che mi hanno gentilmente guidato durante questa mia prima esperienza. Il lavoro di questo giorno non è stato particolarmente provante; contare le schede, firmarle e timbrarle. Sarebbe stato così anche il giorno dopo?

È questo quello che mi chiedo mentre faccio colazione la mattina di domenica 23, velocemente perché la presidente era stata chiara: alle 6:45 al seggio. Arrivo puntuale, mi siedo e mi viene spiegato cosa devo fare: controllare se l’elettore è presente nella lista e, in tal caso, annotare il numero del suo documento. “Facile”, penso io. Ed effettivamente le prime ore passano tranquille, con poca affluenza. Tra un elettore e l’altro converso con i colleghi, iniziando a instaurare un bel rapporto di amicizia che si rivelerà essenziale per trascorrere al meglio le ultime ore, quelle più dure.

Arriviamo così a mezzogiorno con una deludente affluenza del nove percento. Il tempo di una breve pausa pranzo e torno al seggio, consapevole che gli elettori che non sono venuti prima verranno nel pomeriggio. E così è: a partire dalle 15 sempre più elettori si presentano, muniti ogni volta di documento e tessera elettorale… o quasi.

Non sono infatti stati rari i casi in cui un elettore si è accorto all’ultimo momento di aver dimenticato o l’uno o l’altra, e dopo diversi minuti passati a rovistare nello zaino e nel portafogli, sono dovuti tornare indietro scocciati. Non sono nemmeno mancati gli episodi buffi; oltre a tutte le persone che puntualmente dimenticavano di riprendere i documenti dopo aver votato, fino ad arrivare al punto che il vicepresidente ha dovuto rincorrere l’interessato per ridarglieli, alcune scene sono state memorabili.

Primo su tutti il caso di una signora che, alla richiesta di consegnare il cellulare, che non può essere introdotto nelle cabine elettorali, si mette a dettare ad alta voce il suo numero telefonico. C’è da dire, tuttavia, che questi momenti portano un po’ di spensieratezza e interrompono la monotonia di questo lavoro. D’altronde neanche noi scrutatori eravamo immuni a distrazioni; dopo diverse ore passate a registrare documenti, la lucidità non è più quella di inizio giornata, e azioni banali come cercare in nomi in ordine alfabetico possono diventare ostiche.

A fine giornata la fatica è dunque tanta, e la monotonia del lavoro a tratti sfinente, tanto che quasi rimpiango lo studio sui banchi di scuola; ma tra un elettore e l’altro, alternati a due parole scambiate con i colleghi, arriviamo alle 23 con un’affluenza del 34 per cento.

Il tempo di augurarsi buonanotte e sono subito a letto, perché si sarebbe votato anche il giorno dopo, dalle 7 alle 15. La mattina del lunedì, quindi, arrivo al seggio con la tranquillità dello scrutatore ormai esperto, anche se con la stanchezza accumulata dal giorno prima. La squadra però è ormai collaudata, e concludiamo brillantemente anche questa giornata di votazioni. Dobbiamo ora affrontare la parte più temuta da tutti gli scrutatori: il terribile conteggio delle schede. C’è da dire che il ballottaggio facilita molto da questo punto di vista; c’è una sola tipologia di scheda e due soli voti possibili: Funaro oppure Schmidt, quindi il compito è notevolmente agevolato. Contiamo quindi le schede, le quali, fortunatamente, corrispondono al numero dei votanti.

Nell’aria c’è ormai un’atmosfera di sollievo e placida serenità, per il lavoro che è giunto alla fine, ma anche un’inaspettata nota di tristezza. D’altronde il trascorrere ventiquattro ore con altre cinque persone ti lega inevitabilmente a esse, e mi ritrovo dispiaciuto all’idea di non vedere più i miei compagni, seppur così diversi da me.

E così ci salutiamo, e torno a casa soddisfatto, non solo per i soldi guadagnati (che a me, in quanto studente, mi sembrano comunque tantissimi), ma anche per la consapevolezza che, invece che stare a casa a guardare una qualche serie tv, mi sono dato da fare anche per la città in cui vivo.

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