Lo scorso 22 marzo si è tenuta a Firenze, nella sala conferenze “La Colombaria”, la presentazione dell’edizione italiana, riveduta ed a partire da quella definitiva in tedesco, del saggio La scoperta dello spirito. La cultura greca e le origini del pensiero europeo (Luiss University Press, 2021). Esso fu originariamente pubblicato nel 1946 e rivisto dallo stesso autore fino al 1975.
Egli è il grande grecista e filologo classico tedesco Bruno Snell (1896-1986); ebbe una formazione internazionale e di ampio respiro, come testimonia la sua vasta cultura letteraria, filologica e filosofica.
Dopo aver studiato economia e legge, si dedicò agli studi classici, ottenendo così un dottorato e una cattedra di filologia classica.
Suo obiettivo divenne allora spiegare lo sviluppo della razionalità greca alla luce dell’evoluzione linguistica. Perciò creò il centro di ricerca “Thesaurus Linguae Graecae”.
Suoi contributi sono inoltre studi di metrica greca e su vita e pensiero dei Sette savi, l’edizione di importanti autori greci quali Pindaro e di frammenti dei poeti tragici greci, i Tragicorum Graecorum Fragmenta.
Pur limitandosi ad allusioni, si distinse anche per il suo disprezzo verso il nazismo, visto per quello che era: un movimento affermatosi nello strazio post-bellico, teso ad una rivalsa ineffabilmente terrificante, quanto stupida e disumana. Coraggiosamente, satireggiò sul popolo tedesco, di asini che invece di emettere suoni simili al no (come l’asino de Le metamorfosi di Apuleio), ragliavano lo Ja di un folle consenso al regime hitleriano.
Ha introdotto la presentazione Michele Feo, Presidente della Classe di Filologia e critica letteraria della Colombaria. Il moderatore Mario Citroni, Professore Emerito, era affiancato dai relatori e docenti universitari Giovanni Zago e Maria Serena Mirto.
In chiusura Roberto Andreotti, autore della prefazione alla nuova edizione, ha testimoniato la propria felice collaborazione con la traduttrice Marta Rosso.
La germanista ha infatti reso con rigore terminologico anche i riferimenti filosofici più complessi, correggendo ed ampliando la precedente traduzione Degli Alberti–Solmi.
Del resto, tale rigore è necessario alla comprensione del “pensiero poetante” di Snell, la cui lingua diventa sostanza oltre che forma: egli era attentissimo all’esattezza terminologica, sapendo che un termine inappropriato può provocare il fraintendimento di un intero sistema: tale sensibilità conferisce al saggio la capacità di coinvolgere emotivamente, non solo intellettualmente.
La prefazione è poi una documenta ricostruzione dell’avventura del saggio in Italia, discutendo le ragioni dell’incompletezza di titolo e testo nelle precedenti edizioni. Mette anche in discussione l’influenza hegeliana sull’opera, imputatale più per pregiudizio che reale conoscenza; avvicina piuttosto Snell al neokantiano Cassirer, soprattutto per la sua attenzione linguistica.
Durante la presentazione si è così dissertato sulla portata del saggio, insabbiata per la sua tensione spirituale ed olistica oggi inattuale, nel clima di smarrimento e relativismo esasperati dal conflitto sociale prima che bellico, comunque minacciosamente vicino e perseguito.
Ora bisogna quindi dare ragione della sofferta storia editoriale italiana del saggio fino ad oggi.
Tutto comincia nel ’47, quando lo scrittore e grecista Pavese ne intuì le “idee geniali, sorprendenti”.
Proponendo di tradurlo e darlo alle stampe alla casa editrice Einaudi, dovette scontrarsi con l’ostilità dell’ambiente antifascista, diretta anche all’hegeliano ideologo fascista Giovanni Gentile.
Insomma, la parola “spirito”, che ricordava quello hegeliano, già allora insospettiva; ciò va ricondotto al fresco ricordo del ventennio ed alla contrapposizione tra materialismo marxista ed idealismo hegeliano.
Si dovette così aspettare il ’51 per una prima edizione, cui seguirono ristampe fino al 2002. Essa aveva molti errori, complice l’incapacità della prima traduttrice nel cogliere la complessità dello stile e dei contenuti di Snell. Era snaturata già nel titolo, La cultura greca e le origini del pensiero europeo, un’approssimativa resa del sottotitolo originale (che si traduce significativamente meglio come Studi sull’origine del pensiero europeo presso i Greci); mancava inoltre il titolo La scoperta dello spirito, per le ragioni di cui sopra.
Nel 2020 poi la Luiss University Press ha pensato di aprire una nuova collana di studi classici, iniziando da La scoperta dello spirito.
Il sottotitolo della nuova edizione corrisponde al primo titolo italiano, perché si vuole sottolinearne continuità e riconoscibilità.
Appurata la vicenda editoriale, si afferma che il senso di (ri)leggere il saggio oggi, arricchito e corretto, non risiede solo nella riscoperta della sua qualità letteraria: Snell pone alla critica degli interrogativi ancora stimolanti, offre intuizioni tutt’ora notevoli, sebbene alcune conclusioni paiano superate. Il lettore interessato, cui è doveroso consigliare una certa conoscenza della letteratura ellenica, troverà inoltre chiarezza nell’organizzazione del saggio, scandito per periodi.
È poi con lucidità che Snell dichiaratamente non legge con le lenti deformanti del periodo di analisi ciò che ne è oggetto, operazione che oggi lo stesso suo saggio merita. Sottolinea inoltre il valore eterno ed universale della cultura greca: abbiamo desunto da lì i fondamenti di democrazia, filosofia, scienza ed arte. Ricorda tuttavia che il mondo antico presenta sostanziali differenze con quello contemporaneo, si pensi a religione, tecnologia…
Convinto che sopravvive al tempo ciò che è bene comune praticato assiduamente, sostiene che, pur mutando nei secoli, presso i greci sia “sorto” il pensiero nell’accezione a noi più familiare, ovvero quella di spirito impegnato in una profonda e vivace indagine conoscitiva, scevra di un fine preciso: da qui deriverebbe l’attuale percezione dell’umanità; nell’Antica Grecia si sarebbero concepiti valori universali quali Verità e Bellezza, cui fanno eco gli ultimi versi dell’Ode su un’urna greca del poeta romantico Keats (Bellezza è verità, verità è bellezza, – questo solo/ Sulla Terra sapete, ed è quanto basta).
Nella ricerca contemporaneamente estetica, conoscitiva ed etica, ritroviamo il principio di kalokagathìa, secondo il quale ciò che è bello (kalòs) è pure buono (agathòs), per una corrispondenza tra armonia esteriore ed interiore, che nulla ha a che vedere con i soffocanti ed omologanti canoni estetici odierni.
Interessante è poi l’influsso esercitato dal grande scrittore e pensatore Goethe, a partire dalla ricerca di rifugio nella culla della nostra civiltà. Snell anelava anche alle goethiane Heimat, la patria come identità spirituale di un popolo, e Weltliteratur (Letteratura mondiale), che scaturiscono dalla concezione di Grecia ed Europa come luogo di dialogo armonioso e proficuo tra culture diverse, antitetico all’opprimente belligeranza a Snell contemporanea.
Ci sono ulteriori rimandi a Goethe, ad esempio quando, parlando della facoltà di discernere il vero dal falso, riporta la fiaba, raccolta dai fratelli Grimm ed apprezzata dal pensatore, dello “sciocco che non sapeva cosa fosse la pelle d’oca”. Inoltre, trattando la natura indagatrice della metafora, chiama in causa elementi naturali cari al Goethe naturalista. Lo spirito, in accezione snelliana, permea poi la maggiore opera goethiana, il Faust. Esso ha dunque una valenza poetica, non si può semplicemente incasellare nel sistema hegeliano.
Nonostante nel secondo dopoguerra il saggio sia stato determinante nel pensiero occidentale, oggi, dato il contesto culturale ed ideologico, tutto ciò fa tremare i polsi, venendo tacciato anche da diversi antropologi di razzismo e dogmatismo, trovando terreno fertile le “buone opinioni” di Cancel Culture e Call-out Culture, pronte ad ostracizzare col bollo di reazionario.
Infatti regnano sovrane le scienze cognitive, contrapposte alla platonica posizione dualistica che distingue tra anima e corpo.
La metafora non diventa quindi come in Snell necessaria all’accesso ad un’effettiva dimensione metafisica, ma umano strumento per affrontare l’ignoto tramite immagini note.
Il celeberrimo padre della psicoanalisi Freud ha poi indicato all’Occidente contemporaneo l’inconscio come vespaio di istinti di natura prevalentemente sessuale, privo di una dimensione spirituale.
Bisogna tuttavia ricordare che nelle edizioni successive del saggio, l’autore, ritrattandone parzialmente le premesse ellenocentriche, riconosce alle antiche filosofie cinese e indiana un’importante influenza sulla civiltà greca, che rimane comunque indipendente nella scoperta dello spirito e nella coscienza storica permessa dalla storiografia. Le influenze semitiche, oggi accettate dalla critica, sarebbero invece assenti secondo Snell.
Basilare è quindi per lui lo spirito assoluto e ordinatore del mondo, che viene a fare parte dell’umanità ed a guidarla ad autocoscienza e conoscenza della realtà circostante dal momento in cui è stato consapevolmente scoperto – e non arbitrariamente inventato in funzione dell’utile del momento, come è invece turpe consuetudine fare. Il travaglio è qui necessario a conquistare saggezza individuale e collettiva, contrastando le catene applicate dal mondo esterno. In quanto tensione conoscitiva, lo spirito è un atto di interpretazione, ma risulta ineffabile nella sua totalità. La totale universalità di un concetto sarebbe però impossibile, interpretando ciascuno a seconda delle parole di cui dispone.
Il filologo ha quindi il delicato compito di presentare un concetto espresso in un’altra lingua tenendo conto della distanza tra significato di partenza e di arrivo, ma il rapporto di affiliazione della cultura contemporanea verso la grecità riduce tali distanze: tradurre dal greco equivarrebbe a riallacciarsi ai “fili” primigeni del nostro pensiero.
I capitoli in cui l’opera è suddivisa sono saggi a sé, prevalentemente disposti in ordine cronologico rispetto alla letteratura greca; vanno da Omero, inteso come promotore della tradizione poetica e culturale greca, e quindi dello spirito, al poeta romano Virgilio, visto come primo grande “assimilatore” latino di cultura greca. Il saggio così si propone di delineare l’evoluzione del pensiero e dello spirito greci prevalentemente attraverso lo studio delle varie manifestazioni letterarie, tra continuità e rottura, dall’intuizione poetica al pensiero filosofico e scientifico, dal mito alla tragedia. Con la lirica omerica c’è infatti una prima rivelazione dello spirito, che si compie con la tragedia: l’uomo passa cioè da determinato insieme di membra ad individualità corporea e spirituale che si autodetermina; di qui, il punto nodale degli studi di Snell, la corrispondenza tra sviluppo linguistico, attraverso l’evoluzione semantica del concetto, e quello spirituale. Il filologo, contrapponendosi alla tesi classicista di una perfezione razionale statica della grecità, ricostruisce infatti la storia dei mutamenti semantici delle parole, la quale porta alla profonda consapevolezza linguistica e dell’evoluzione della rispettiva civiltà. Obiettivo è anche studiare dalle origini la grecità per comprenderne la purezza e l’influenza sul pensiero europeo. Non si auspica tuttavia a creare un “Terzo Umanesimo” jaegeriano.
Fa riflettere, in tal senso, che l’opera sia stata concepita nella brutale e soffocante Germania hitleriana: non a caso, Snell parla di Arcadia classica come paesaggio spirituale, instaurando così una corrispondenza tra idillio letterario e pienezza d’animo, rifugio cui anela.
Centrale nello sviluppo della civiltà greca è poi secondo Snell il pensiero di Eraclito. In estrema sintesi, il filosofo teorizzò il celebre panta rei, l’esistenza di un’anima inconoscibile perché illimitata e di un Dio che concilia gli opposti in un ordine razionale. In tale contesto, l’umanità è divisa in filosofi, che sanno andare nel cuore delle cose, e dormienti, che non vi riescono.
Non è poi secondario Socrate, secondo il quale sarebbe impossibile conoscere davvero il bene e non compierlo, che influenzò la letteratura greca.
Ricorrente nel pensiero greco è infine il motivo dell’irrazionale e del dominio delle passioni sull’uomo. Lo ritroviamo nei tragici greci, quali Eschilo, Sofocle, Euripide.
Che l’affermazione dell’armonia appassionatamente studiata da Snell possa essere ispiratrice, piuttosto che di un rischioso e pessimistico isolamento di dottissimi e cervellotici snob, di una presa di coscienza collettiva, tesa a ricostruire un’unità perduta nel rispetto dell’individualità?
Questa è la sfida dell’educazione, che possiamo comodamente relegare ad un’utopia adatta ai bei discorsi di circostanza, o affrontare con slancio titanico ma giovevole.
Pavese sentenziò che La scoperta dello spirito “non è un libro per il popolo”. Comunque, male non fa approcciare, se non proprio leggere, le tesi di Snell, perché conoscendo a fondo il nostro patrimonio culturale, conosciamo meglio noi stessi e cosa potremmo aspirare ad essere; è in quest’ottica, non retrospettiva, che lo stesso Andreotti propone una lettura aggiornata e più consapevole del saggio. Insomma, esso, nonostante gli sminuimenti infertigli, è un arricchimento per lo studio ma più in generale per la formazione.