Nel 1999, dopo la XXX Sessione della Conferenza Generale dell’UNESCO, fu istituita la Giornata Mondiale della Poesia, fissata in concomitanza con l’equinozio di primavera (21 marzo), proprio perché emblema della rinascita della natura dopo il gelo invernale (sempre più metaforico …).
È un’occasione di promozione e riscoperta della poesia come miniera di bellezza e potenza, nell’ambito educativo, creativo, editoriale e dell’informazione, e come “campo” senza confini in cui coltivare la memoria della tradizione e ogni forma di novità artistica, dalla musica, al teatro, alla pittura, in ragione delle odierne sfide comunicative e culturali.
Scegliere le attività per festeggiare la Giornata permette, nei limiti della decenza, di sbizzarrire la propria fantasia!
Tra esse rientra ad esempio organizzare eventi di lettura e dialogo con autori, incontri a scuola o con persone care in cui condividere poesie che stanno a cuore, ma anche scriverne di proprie e supportare chi si dedica a mantenere in vita questa realtà, acquistandone libri e diffondendone la notizia.
Tra le sfide di cui sopra si individua infatti l’atteggiamento di diffidenza e sufficienza verso la poesia, quasi fosse un giochetto talvolta inutile.
Questa svalutazione è ben coerente col clima di idolatria grettamente materialistica ed utilitaristica che oggi si respira, e rischia di schiacciare ulteriormente sotto la dittatura delle multinazionali l’autentica creatività, poeti e piccoli editori contemporanei; c’è anche la minaccia di offuscare la vasta e profonda conoscenza del mondo e il potere terapeutico che certa poesia può donare, proprio nell’odierna turbolenza interiore e globale bisognosa di sollievo.
Musicalità, universalità e talvolta immediatezza sono senz’altro ragioni che rendono seducente questa forma di arte.
Ciò che la rende una preziosa disciplina anche per bambini è poi il suo stimolo di conoscenza e selezione delle parole per capire ed esprimere autenticamente ciò che viviamo, oltre all’allenamento per un’immaginazione attiva ed un orecchio sensibile al ritmo.
Per decifrare e rielaborare tutto questo bisogna quindi conoscere gli strumenti del linguaggio poetico, dal metro alle figure retoriche.
Per approfondire le istanze della Poesia contemporanea, ci rivolgiamo a Isabella Leardini, che della Poesia è straordinariamente riuscita a fare fonte vitale in tutti i sensi, e che ci ha gentilmente concesso la seguente intervista.
Poetessa riconosciuta anche a livello internazionale, esordisce con La coinquilina scalza (La Vita Felice, 2004) e prosegue con la raccolta Una stagione d’aria (Donzelli, 2017), il saggio Domare il drago (Mondadori, 2018), in cui condivide la metodologia e gli scopi della sua attività laboratoriale.
Quest’ultima si svolge intensamente in molte diverse scuole, soprattutto superiori e medie. I suoi laboratori di poesia sono tuttavia utili a chiunque voglia conoscere se stesso con uno strumento inedito ma efficace, perché autentico.
La sua attività comprende anche l’insegnamento di Scrittura Creativa all’Accademia di Belle Arti di Venezia, rivolta in particolare ai giovani artisti che si specializzano nell’editoria e grafica d’arte.
Dirige inoltre il Centro di Poesia Contemporanea dell’Università di Bologna (dopo averne preso parte dalla fondazione nel 1997), e dopo aver fondato e diretto per anni il festival Parco Poesia. Lavora anche in ambito editoriale, dirige le collane di poesia della storica casa editrice fiorentina Vallecchi, rilanciata da qualche anno.
Che significato attribuisce alla Giornata Mondiale della Poesia, e in caso come la festeggia?
Di solito la festeggio facendo il mio lavoro! Ho la fortuna di aver fatto della poesia il mio lavoro, perciò ogni giorno in qualche modo per me è la giornata della poesia, perché ogni giorno entro in una diversa scuola o università, offro a giovani di età molto diverse l’occasione di trovare un’alleanza con la poesia nelle proprie vite. Qualche volta, con i più piccoli, ci divertiamo in questa ricorrenza a tappezzare i corridoi delle scuole, facciamo piccole rappresaglie poetiche. In generale credo che la giornata mondiale sia comunque un’occasione importante perché la poesia abbia un poco di visibilità mediatica, perché spesso vive in incognito nella nostra società, seppure sia ancora capace di raccontarla, anzi di vederne il senso più profondo.
Come è nata la sua passione per la poesia?
Ho iniziato a leggere e scrivere poesia nel momento stesso in cui ho iniziato a leggere e scrivere. Ero disgrafica da bambina, ho imparato a leggere e scrivere un poco dopo gli altri, le mie lettere andavano tutte storte e quelle che vedevo nei libri mi apparivano come geroglifici neri. La prima pagina che riuscii a leggere aveva degli spazi di bianco e di respiro: era una poesia. Quella pagina cominciai a leggerla un po’ ossessivamente ogni giorno, con il risultato che dopo qualche mese inevitabilmente la sapevo a memoria. L’anno dopo, non trovando una poesia che mi piacesse altrettanto, ne ho scritta una io, e da allora ho sempre sentito la poesia come una lingua madre, che mi appartiene in partenza; forse l’unica cosa che nella vita mi riesce facile. Come è accaduto a molti, quando mi sono innamorata per la prima volta ho iniziato a scrivere tantissimo, intercettando una corrente segreta, come un dialogo spostato. La mia vita, che fino a quel momento avevo raccontato su un diario, si stava facendo indicibile, i miei pensieri si addensavano, diventavano versi. All’ultimo anno di liceo ho partecipato a un concorso e l’ho vinto. Poi sono arrivata all’Università e ho incontrato il Centro di Poesia Contemporanea, dove ho iniziato a trovare maestri e compagni di strada, e che ora, forse un po’ per un gioco del destino, dirigo io.
Quali valori e scopi sono costanti nella sua poetica e attività laboratoriale?
Sono due belle domande in una, con risposte diverse. Nella mia poetica considero molto importante il fatto che la poesia sia canto, che custodisca un poco della sua natura originaria, musicale, metrica, ma anche magica e incantatoria. In molte lingue antiche poesia e magia sono primitivamente legate, anche oggi possiamo riconoscere nella lingua poetica un rapporto con la profezia e con i simboli. Questo lo considero un elemento centrale nella mia scrittura: il rapporto con l’alterità. Poi mi interessa che la poesia possa essere narrazione, senza necessariamente essere narrativa. Nei miei libri, anche se per frammenti, racconto una storia, o perfino più storie tra loro legate. Credo che la costruzione di un libro di poesia non possa prescindere dalla possibilità di narrare. Infine credo che mi sia sempre interessata l’imperfezione dell’amore, che si tratti di amore non corrisposto, di amore difficile, o di amore non generativo; mi interessa lo scarto doloroso della nostra mortalità, e insieme il suo rilanciare qualcosa che appartiene invece all’assoluto, all’invisibile.
Nei miei laboratori invece il valore principale è l’atto conoscitivo racchiuso nella poesia, la possibilità che essa diventi un modo per attraversare l’abisso della giovinezza, il buio che si incontra anche nell’adolescenza; per toccare una ferita, anzi estrarne una materia oscura, dolorosa, fatta di segreto, che è l’inchiostro che nello scrivere si trasforma in una parola lucente. Trovare la propria voce e scegliere le parole che ci assomigliano permette di vedere una verità che prima era un non detto, di trasformarla in una lingua più nostra, in una parola amata.
Questo valore non serve per forza a diventare poeti, è un’alleanza con la parola che portiamo nella vita, per essere noi stessi, non essere dominati dalle parole degli altri.
L’altro grande valore che guida il mio lavoro è poi il riconoscimento del talento, anche nelle sue fragilità; la possibilità di costruire spazi in cui esso sia libero di emergere e brillare. Per questo da giovane ho organizzato un festival dedicato ai giovani come me, per questo oggi in Accademia a Venezia o al Centro di Poesia a Bologna lavoro con chi scommette sul proprio talento. Anche con la casa editrice Vallecchi pubblico quest’anno tre libri di giovani poeti esordienti, con opere di giovani artisti in copertina.
Quali problematiche e peculiarità osserva nella società odierna, in particolare attraverso la sua attività laboratoriale?
Ho un punto d’osservazione privilegiato, perché nei miei laboratori i ragazzi sono già disposti a guardare dentro la propria verità, a portarla fuori. Credo che una delle cose importanti che la tua generazione sta affermando e mostrando sia il prezzo che ha pagato all’evento epocale della pandemia in termini di angoscia, panico, ansia, violenza messa in atto in vari modi per fronteggiare le proprie ombre, la vostra complessità è la dimostrazione che il dolore non è scandalo, che una soglia sottile percorre le nostre vite. Il peso che portiamo qualche volta ci fa perdere l’equilibrio, ma anche questo è vivere, crescere, cambiare, e anche così a vivere si impara, riemergendo dal buio più forti, ancora più capaci di guardare e comprendere gli altri. Quella leggerezza che in voi vedono dall’esterno gli adulti, voi sapete bene che è una leggerezza di sola superficie, e quella che cercate in realtà è una leggerezza ben diversa, la leggerezza perduta fin troppo presto, da riconquistare in profondità. Io ho molta fede in questa generazione, vedo in voi molta onestà, molta densità di pensiero, e anche un modo più sensibile e giusto di guardare.
Di seguito, si riportano alcune emblematiche poesie di Isabella Leardini.
Desiderare è una questione di distanze
di corpi freddi che riescono a brillare.
Cercavo la costellazione esatta
che riunisse i tuoi punti con i miei
la congiunzione fatale negli anni
lo squilibrio infallibile del cielo.
Il vero amore regge il capogiro
con la testa piantata nell’aria
di una logica che splende se si avvera.
Sovrappone come una mappa
il tuo buio di pianeti con il mio
la precisione muta delle stelle.
L’ho studiato come una scienza
il codice dell’ora in cui sei nato,
amare è un atto di interpretazione
che riempie il giorno dopo l’evidenza.
da Una stagione d’aria (Donzelli, 2017)
Non sono una che molla all’improvviso
che scompare con un colpo della porta
mi tengo anche la fiamma che si spegne
la povertà che resta tra le mani.
Vivere nella fame è come un vizio
che fa dimenticare ogni sapore.
Ma non ti accorgerai di avermi persa
finché non sparirò come la polvere
che scende in mezzo all’acqua per le strade.
Il cuore più violento è proprio il nostro
che sa restare in bilico e non frana.
da Una stagione d’aria (Donzelli, 2017)
Sono io la rondine bianca
la perfezione dello scherzo di natura
che non si vede finché non si posa
l’eccezione che sparisce contro il cielo
dentro la frenesia di tutti i voli.
Nessuno la crede capace
di arrivare dove tutte vanno
nessuno ferma il suo impazzire chiaro.
Sembrava solo quella che s’illude
l’intrusa scappata da un balcone
che non tocca la fine del mare.
Guardate come compie il suo cerchio
senza il marchio della disperazione
la rondine passata nell’inverno
quella che può resistere alla neve
che dorme bianca vicino a te.
da Una stagione d’aria (Donzelli, 2017)
Dovrebbe essere tutta un’altra cosa
la giovinezza
e non questo disperdersi d’estati
un lungomare rasoterra.
Prego ancora una corsa dei giorni,
un tocco casuale che apra il cielo
nel gioco che cambia in abbraccio,
dovrebbe essere tutta un dieci agosto
un gran desiderare la paura.
da La coinquilina scalza
(La Vita Felice, Milano, 2004)