La sicurezza prima di tutto
Le “morti bianche” sono incidenti mortali sul posto di lavoro che avvengono in ambienti di lavoro non regolamentati o poco sicuri.
Spesso, questi incidenti, sono il risultato di condizioni precarie, mancanza di formazione adeguata, dispositivi di sicurezza insufficienti o inadeguati, mancanza di sorveglianza e applicazione delle normative.
Le morti bianche rappresentano un serio problema in molte industrie e settori, dove i lavoratori sono esposti a rischi significativi mentre svolgono le proprie mansioni. Le cause delle morti bianche possono variare da incidenti sul posto di lavoro come cadute, incidenti con macchinari, esposizioni a sostanze pericolose, incendi e altro ancora.
Questi incidenti, non solo rappresentano una tragedia per le famiglie coinvolte, ma hanno anche un impatto negativo sulle aziende che devono affrontare conseguenze legali ed economiche significative.
In Italia, il problema delle “morti bianche” è stato a lungo una questione critica che ha richiamato l’attenzione sulle condizioni di lavoro non sicure e sulla necessità di rafforzare le normative e le misure di sicurezza.
Le autorità italiane hanno adottato varie iniziative per affrontare questo problema, tra cui l’implementazione di leggi più rigorose, l’aumento dei controlli e delle ispezioni nei luoghi di lavoro.
Nonostante gli sforzi per ridurre il numero di incidenti sul lavoro, le morti bianche continuano a verificarsi, in Italia, negli ultimi mesi, ci sono stati molti casi, secondo l’INAIL (Istituto Nazionale per le Assicurazioni contro gli Infortuni) sono quasi 3 i morti al giorno sul posto di lavoro.
Alle 8:52 del 16 febbraio 2024, a Firenze, 5 operai hanno perso la vita perché travolti da un crollo di una trave in cemento nel cantiere dove stavano lavorando. L’incidente si è verificato nel quartiere di Novoli, precisamente nell’ex panificio militare dove è in corso la costruzione di un supermercato Esselunga.
Dalle prime analisi sembra che abbia ceduto una trave di cemento lunga 20 metri e pesante oltre 5 tonnellate che reggeva un solaio, trascinando con sé 3 piani di quello che era lo scheletro dell’edificio in costruzione.
La procura di Firenze ha reso noto che, nella zona interessata dal crollo, erano presenti otto operai, tutti assunti da ben 3 imprese diverse. Alcuni di loro non avevano un regolare permesso di soggiorno, come fa sapere il procuratore capo di Firenze, Luigi Spiezia.
Sempre Spiezia fa sapere che è presto per sapere le dinamiche che hanno causato la tragedia ma ha dichiarato in un’intervista che durante i primi sopralluoghi sono emerse diverse criticità.
Delle 5 vittime, solo una al momento è stata identificata con certezza ed è Luigi Coclite, un italiano di 60 anni. Gli altri 4 operai erano Mohamed Tonkabri 54 anni di origine tunisina, e i marocchini Mohamed El Ferhane 24 anni, Taoufik Haidar 45 anni e Bouzekri Rachimi di 56 anni, ma non sono ancora stati identificati a causa delle drammatiche condizioni dei loro corpi, sarà quindi necessario ricorrere a competenze scientifiche e di tipo genetico.
Altri 3 operai di origine romene sono stati trasportati in ospedale e fortunatamente sono fuori pericolo, purché sotto choc.
Due rappresentanti del consolato del Marocco di Bologna hanno visitato, nei giorni seguenti la tragedia, il cantiere in via Mariti per dimostrare solidarietà ai loro connazionali e per ringraziare la Polizia italiana per il costante lavoro che sta facendo.
Il cantiere è ora sotto sequestro e la procura di Firenze ha aperto un fascicolo per omicidio colposo.
Sul cantiere sono presenti molti mazzi di fiori lasciati dai privati cittadini con messaggi di cordoglio per le povere vittime rimaste coinvolte nel disastro.
La città di Firenze, sabato 17 febbraio ha proclamato il lutto cittadino e alle 15:00 dello stesso giorno un minuto di silenzio ha ricordato le vittime in Piazza della Signoria con la presenza del sindaco Nardella che ha dichiarato “ Ora più che mai ci raccogliamo intorno ai familiari degli operai che hanno perso la vita mentre lavoravano nel cantiere di via Mariti e ci impegniamo con questo minuto di raccoglimento ad essere più uniti e forti perché non ci siano più vittime sui luoghi di lavoro”.
Il ministro del lavoro e delle politiche sociali, Calderone, ha dichiarato:
“La sicurezza è una priorità del governo, destiniamo 1,5 miliardi di euro tramite l’INAIL per finanziare la formazione e la prevenzione. Nei prossimi giorni presenterò un pacchetto di norme a contrasto del lavoro sommerso, del caporalato e per la tutela della sicurezza nella filiera degli appalti.”
È infatti uno dei problemi, la pratica diffusa degli appalti e dei subappalti, che può contribuire ad aumentare i rischi per la sicurezza del lavoro; con questa pratica diversi imprenditori possono essere coinvolti nello stesso luogo di lavoro, creando complessità nella gestione della sicurezza e nella responsabilità per garantire condizioni lavorative sicure.
Questa struttura può portare ad una frammentazione delle responsabilità per la sicurezza, con ciascun datore di lavoro che potrebbe non assumersi la piena responsabilità delle condizioni dei propri dipendenti.
Inoltre, i subappaltatori potrebbero non avere lo stesso livello di formazione o conoscenza delle normative di sicurezza dei datori di lavoro principali, con il conseguente aumento del rischio di provocare morti bianche.
Occorre affrontare questo problema con maggiore trasparenza, collaborazione e coordinazione tra tutti i soggetti coinvolti e ci vorrebbe un’attenta vigilanza delle condizioni di lavoro in tutta la catena di appalti.
È essenziale che i datori di lavoro principali si assumano la responsabilità di garantire la sicurezza, non solo dei propri dipendenti, ma anche di tutti coloro che lavorano nei loro cantieri, compresi i subappaltatori.