Sciare va bene, anzi benissimo… ma non a tutti i costi!
Il periodo delle vacanze natalizie è quello più gettonato per andare in settimana bianca in
montagna, infatti gli italiani amano praticare sport invernali come per esempio lo sci, lo
snowboard, lo sci di fondo e lo sci alpinismo. Negli ultimi anni però la mancanza di neve sta
mettendo a dura prova il turismo invernale ma soprattutto il nostro ecosistema. Infatti gli
sport invernali necessitano di precipitazioni nevose che negli ultimi anni stanno
scarseggiando, quindi gli enti comunali montani ricorrono all’innevamento artificiale
consumando grandi quantità di riserve idriche e di energia.
Citando il sito del WWF si capisce quanto sia dannoso per l’ambiente l’innevamento artificiale: per il primo innevamento di una pista di un ettaro con 30 cm di neve servono circa un milione di litri di acqua mentre per gli innevamenti successivi si può arrivare a un consumo di acqua equivalente a quello di una città con 1.5 milioni di abitanti. Inoltre l’acqua viene attinta da fiumi e sorgenti in un periodo
di estrema scarsità. Infine si ricorda l’alto consumo di energia elettrica.
Il ricorso alla neve artificiale è ogni giorno più necessario poiché si stanno registrando inverni sempre più miti e meno nevosi. Secondo i dati gli inverni italiani recenti (2010-2020) sono stati tutti con temperature più alte della media, questa tendenza è particolarmente evidente nelle regioni settentrionali e centrali. In particolare si ricordano gli inverni 2015-2016 e 2018-2019 in cui ci sono state nevicate inferiori alle attese in molte regioni con effetto alle attività invernali e all’industria turistica.
Un effetto dell’aumento delle temperature è la diminuzione dell’estensione dei ghiacciai, che
in Italia si sono ristretti del 60% in 30 anni. Secondo uno studio pubblicato nel 2019, i ghiacciai italiani potrebbero ridursi fino al 90% entro il 2100. Attualmente l’area che è sparita in questi ultimi 60 anni è pari a 200 kmq, cioè come la superficie del Lago Maggiore. Un esempio recente è quello del distaccamento del seracco dal ghiacciaio della Marmolada avvenuto nel luglio 2022. Questo crollo, nonostante fenomeni del genere siano difficile da prevedere, secondo gli esperti è stato causato dall’innalzamento delle temperature registratesi negli ultimi periodi, in questo particolare caso la riduzione del manto nevoso che non ha protetto il ghiaccio sottostante dal calore e le temperature record di 10.3 gradi hanno creato le condizioni per il disastro che ha causato 11 vittime.
Le montagne sono molto sensibili ai cambiamenti climatici per un motivo ben preciso, infatti negli ecosistemi montani esistono equilibri delicati tra le diverse specie viventi e l’ambiente in cui vivono. La flora e la fauna sono altamente specializzate per vivere in condizioni estreme come quelle date dalle basse temperature e dalla rapida alternanza di paesaggi e microclimi. Una modifica esterna come l’innalzamento della temperatura e gli effetti che ne
derivano può seriamente compromettere questo delicato equilibrio. Le Alpi sono l’area
europea più ricca di flora, ma secondo degli studi recenti circa il 45% sarà destinato a
scomparire entro il 2100 a causa dell’innalzamento della temperatura terrestre. Si parla più precisamente di alcune specie come per esempio il pino cembro, il rododendro rosso o la tussillagine alpina.
L’innalzamento delle temperature rappresenta un pericolo anche per la fauna, questo è il caso dello stambecco, privo di ghiandole sudoripare e che deve quindi spostarsi dove fa più freddo. Dagli anni Novanta ad oggi, si stima che la popolazione di stambecchi che popola le Alpi sia stata dimezzata.
Tutto questo deve indurre a riflettere sugli effetti dei propri comportamenti e a porsi delle domande sulle proprie abitudini e stili di vita. Le nostre abitudini quotidiane sono quindi davvero necessarie per la nostra sopravvivenza o sono frutto di una società e di una mentalità che può essere cambiata e migliorata per salvare il nostro pianeta?
Solo attraverso l’interesse e l’impegno comune infatti è possibile provare a cambiare ciò che sta accadendo e a migliorare le condizioni presenti e future della Terra.