Un’equipe internazionale di scienziati ha ricostituito il volto di Juanita, la mummia di una ragazza inca sacrificata tra il 1440 e il 1450 d.C. durante una cerimonia di Capacocha, rituale in omaggio alle divinità inca. La mummia venne trovata nel 1995 dall’antropologo statunitense Johan Reinhard e dall’alpinista peruviano Miguel Zàrate sulle pendici del vulcano Ampato, in Perù, a una quota di 6318 metri. Il corpo era conservato in ottime condizioni grazie alle basse temperature, ragion per cui alla mummia è stato conferito anche il nome di “Fanciulla del ghiaccio”. Nel 2018 un’equipe internazionale formata da scienziati peruviani dell’Università Cattolica di Santa Maria (Ucsm) e polacchi dell’Università di Varsavia ha iniziato gli studi per ricostituirne il volto. Gonzalo Dávila del Carpio, direttore della ricerca per la Ucsm, ha affermato che per fare ciò sono state utilizzate tecniche forensi avanzate, tra cui scansione laser, risonanza magnetica, tomografia computerizzata e analisi del DNA. Tali studi hanno rivelato che, al momento del sacrificio, Juanita aveva un’età compresa tra i 13 e i 15 anni, era alta 1,40 metri, pesava 35 kilogrammi ed era in buona salute. In particolare, l’analisi del volto rivela degli zigomi pronunciati e dei profondi occhi neri. Inoltre, a detta della coordinatrice del progetto Dominica Sieczkowsra, “è stata effettuata un’analisi antropologica delle popolazioni della zona e delle proporzioni facciali femminili tipiche del luogo”. La D.ssa Sieczkowsra ha anche illustrato l’effettiva metodologia utilizzata per la ricostituzione tridimensionale del volto:“Abbiamo iniziato creando una base utilizzando un cranio in silicone su cui successivamente sono stati modellati i tessuti molli e i muscoli, ricostruendo passo dopo passo l’aspetto originale di Juanita”.Tale operazione è stata effettuata dall’archeologo e scultore svedese Oscar Nilson. L’artista ha affermato che questo processo ha richiesto “circa 400 ore”. Il risultato finale è ora osservabile in una mostra nel Museo dei santuari andini della Ucsm ad Arequipa.In questa esposizione i visitatori potranno seguire il percorso da Cusco (capitale dell’Impero Inca), al luogo del sacrificio, il vulcano Ampato. Inoltre, verranno mostrati i manufatti che sono stati trovati accanto al corpo della ragazza, tra cui 37 oggetti in ceramica decorati con figure geometriche (che si suppone possano essere un sistema di comunicazione sviluppato dagli Incas). Infine, verrà approfondito il rituale di Capacocha, uno dei rituali più importanti dell’impero Inca: esso consisteva nel fare offerte di gratitudine al sole tramite il sacrificio di un minore, tendenzialmente di età compresa tra i 3 e i 15 anni, sulla sommità del vulcano. Nelle settimane precedenti al sacrificio, tutte le vittime venivano ben nutrite e drogate, probabilmente per ridurne l’ansia e sedarle.Così è stato per Janita che, in particolare, venne uccisa con un colpo contundente alla parte destra della nuca. Come sottolineato da Dagmara Socha, archeologa dell’Università di Varsavia, “nessun colono europeo ha mai assistito alla cerimonia”. Nonostante ciò, noi oggi siamo a conoscenza di tali rituali grazie ai molti ritrovamenti archeologici effettuati sulle montagne andine, il più importante dei quali è proprio quello di Juanita, di cui ora possiamo ammirare anche i lineamenti del volto.