Lo scorso 20 settembre, presso il Lyceum Club Internazionale di Firenze, è stata organizzata la conferenza Margherita Hack: Una vita per la scienza e per i diritti dalle associazioni culturali Ideerranti, Lyceum Club Internazionale di Firenze e Club per l’UNESCO di Firenze nel contesto del Festival delle Associazioni Culturali Fiorentine. L’obiettivo? Far emergere il vissuto di una grande scienziata, vivacissima e sbrigliata, impegnata non solo nella ricerca, ma anche in ambito etico, politico … Insomma, una donna ammirevole, ricordata anche in occasione del recente centenario della sua nascita (12 giugno 1922). A presentarla, sono tre fortunati che l’hanno conosciuta di persona: il fisico Massimo Mazzoni, la responsabile nazionale per la didattica e la divulgazione della Società Astronomica Italiana Elena Dilaghi Pestellini, la fisica Anna Consortini. Il primo presenta Margherita Hack come persona e astronoma egregia, la seconda fa conoscere la scienziata nel suo impegno divulgativo, privo di isterilimenti in sussiegosi sofismi, creatrice anzi di dialogo in uno schietto e disincantato amore per la scienza e la divulgazione nelle università, nelle scuole di ogni grado, con la semplicità del suo dialetto sbizzarrito ma un’eccezionale profondità di pensiero. Il suo disincanto era il riconoscimento dell’incapacità della scienza nel comprendere i meandri più profondi di dubbio e sentire umano, ma non escludeva un’inesauribile curiosità per i fenomeni naturali e la stessa condizione umana.
La sua missione divulgativa voleva raggiungere anche chi, per varie circostanze, trascura la scienza, intesa come un bene comune per l’aggiornamento sullo sviluppo tecnologico, piuttosto che uno strumento elitario per la sopraffazione.
L’esercizio in manualità, ricerca, ragionamento sono essenziali alla fioritura della società e dell’individualità, e non si stancò di diffondere questo prezioso messaggio.
L’ultima relatrice ha poi ricordato un momento di condivisione con la scienziata dopo aver presieduto con lei un convegno di fisica. La Hack la invitò a pranzo e la incoraggiò a proseguire le sue ricerche col suo spontaneo calore umano.
Infine si delineano i punti salienti della sua vita di studiosa con la proiezione di un’intervista svolta da Mazzoni, in occasione di una sua permanenza a Firenze: emergono la meraviglia e insieme la frustrazione per tante scoperte effettuate, ancora di più da fare – si pensi che la parte di universo conosciuta è il 5% della materia, mentre il rimanente, Materia Oscura e Energia Oscura, è ancora ignoto).
Il suo ultimo monito è ai giovani e alla società tutta: invita a non arrendersi di fronte agli insuccessi se l’interesse per la scienza al servizio dell’umanità è autentico, e sprona uno Stato, spesso negligente, a finanziare ricerca e innovazione, di cui fa troppo più comodo riempirsi la bocca! Del resto, senza lilleri non si lallera, ricorda con una buffa espressione fiorentina: se vogliamo evitare la fuga dei cervelli, bisogna investire sul loro impiego.
L’incontro ha insomma adempiuto la finalità di sostegno a coesione e civiltà, senza scadere nel rigorismo né nella banalità.
Riportiamo quindi la storia della nostra intrigante protagonista. Nasce a Firenze, figlia di una miniaturista e di un contabile seguaci della teosofia, religione che propugna il rispetto per ogni essere vivente e l’indagine scientifica della realtà, percepita come creazione divina.
Conseguita la maturità classica nel 1940, dopo un discreto percorso di studi accompagnato dall’amore per lo sport e alcune turbolenze a scuola per il suo contrasto alle leggi razziali, in uno scenario assurdo e doloroso di impiegati e studenti allontanati perché ebrei, inizia la facoltà di Fisica per seguire un’amica e per l’interesse nella materia, che si traduce in entusiasmo. Si laurea quindi nel 1945 con una tesi sulle cefeidi, stelle che variano costantemente condizioni. Comincia così, quasi per caso, ma anche per attitudine all’indagine, la sua ricerca in ambito astronomico.
Nel frattempo sposa il letterato Aldo De Rosa; nonostante le loro divergenze (lui cattolico tradizionalista, lei atea progressista) passano la vita insieme. Comincia anche la sua frenetica attività lavorativa, cui l’Italia è debitrice; insegna Fisica prima a Firenze, dopo a Milano e all’Osservatorio Astronomico di Merate, per poi trasferirsi definitivamente a Trieste nel 1964, dove sarà docente universitaria di astronomia e la prima donna a dirigere l’Osservatorio Astronomico di Trieste. Lo equipaggia più adeguatamente e lo porta al prestigio internazionale. Collabora con vari gruppi di ricerca, anche esteri, è prolifica autrice di libri universitari, divulgativi (come Il nuovo sistema solare), riviste come L’Astronomia e Le Stelle con il divulgatore Corrado Lamberti. Si interessa di vita extraterrestre, secondo lei probabile (tra i 3500 pianeti scoperti, gli innumerevoli da scoprire, i 55 ritenuti abitabili, pensare che solo sulla Terra si sia sviluppata la vita le sembra riduttivo, ma anche illusorio sperare in un contatto: è la distanza da tali pianeti che ci frega, dichiara scanzonata). Studia anche i buchi neri, regioni di spazio così attrattive da non lasciarsi scappare nemmeno la luce, nonostante la sua grandissima velocità; si occupa insomma di temi affascinanti quanto sfuggenti e complessi.
Ma l’astronomia non fu totalizzante: si ricorda la Hack come prolifica autrice di testi anche autobiografici, sulla sua visione del mondo, e come cittadina attivissima, fervente comunista e promotrice della libertà della scienza, del rispetto reciproco, del senso critico nei confronti di superstizione, fallaci pseudoscienze; era favorevole alla ricerca sul nucleare e alla diffusione dell’energia rinnovabile, si batté per il riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali e i diritti degli animali; questi sono calpestati nel momento in cui vengono confinate, lasciate ammattire e ingrassare in spazi strettissimi creature con un proprio sentire e, più banalmente, con una salute compromessa da tali condizioni, tra l’altro inquinanti.
Si spense il 29 giugno 2013 una donna intelligentissima, che individuò nelle questioni ambientali, geopolitiche e sociali la necessità di impegno e innovazione, della quale perciò sentiamo la mancanza.
Si riporta l’intervista che Massimo Mazzoni ci ha gentilmente concesso riguardo a lei e alla sua amata scienza, ma non prima di averlo presentato.
Laureato in Fisica nell’indirizzo astronomico, è insegnante e ricercatore presso il Dipartimento di Astronomia e Scienza dello Spazio dell’ateneo fiorentino, membro dell’ente fiorentino di ricerca e divulgazione Osservatorio Ximeniano. La sua opera comprende la pubblicazione di una novantina di articoli specialistici e alcuni libri sulla Fisica e la sua Storia in Italia.
Come ha conosciuto Margherita Hack e che impressione le ha fatto, dal punto di vista umano oltre che scientifico?
«Anni ’80, Osservatorio Astronomico di Capodimonte a Napoli. Diversi astronomi osservativi (ossia non teorici) si ritrovano per esaminare un nuovo strumento acquistato dai napoletani, che loro mettono a disposizione della comunità scientifica nazionale: serviva a misurare le lastre fotografiche di spettri stellari. Con un gruppetto di miei coetanei di fresca laurea, ma da altre città, arrivo all’Osservatorio contemporaneamente alla Hack, già famosa. Siamo gomito a gomito e credo che sembrassimo una chioccia (absit iniuria verbis) con un codazzo di pulcini: sorpresa, emozione, leggero imbarazzo. Che le dico? Come ci si deve relazionare con una Direttrice di Osservatorio? Dovrei inventarmi qualche spiritosaggine per rompere il ghiaccio? Ma non ci fu proprio nessun ghiaccio da rompere con una persona così spontanea. Si incrociarono subito i sorrisi e i Ciao, i Da dove vieni? e i Come ti chiami? e tempo pochi minuti eravamo tutti a nostro agio con lei, come se l’avessimo conosciuta da lungo tempo. Fu una piccola-grande soddisfazione, e lo ricordo bene ancora oggi, perché grazie alla Hack mi sembrò di aver fatto un primo passo dentro la comunità degli astronomi, anche se ero ancora precario (e lo sarei rimasto a lungo!). Poi passammo tutti la giornata insieme a valutare lo strumento, come ‘colleghi’. E fu tutto molto facile.».
Cosa apprezza dei suoi studi e carriera?
«Dopo il diploma presso il Liceo Scientifico Leonardo Da Vinci di Firenze (risultando tra i migliori maturati di quell’anno), dove ero stato anche rappresentante di classe, l’ho fatto frequentare a due miei figli, ricoprendo nell’occasione l’incarico di rappresentante dei genitori; infine è stato presso questo Liceo che ho avuto le mie prime supplenze di Fisica e Matematica, prima di vincere una borsa di studio all’Università. Insomma, per me il Liceo Leonardo Da Vinci è stata una parte di vita importante, legata a bellissimi ricordi, sia dei compagni (molti, non tutti) che dei professori (molti, non tutti)».
Quale pensa sia l’importanza dell’astronomia per la comunità?
«Se intendiamo per astronomia non solo lo studio dei corpi celesti, ma anche quello delle tecnologie aerospaziali, della climatologia spaziale, delle condizioni per la sopravvivenza dell’uomo nello spazio, o per la generazione ed eventualmente diffusione della vita in ambienti alieni, ci rendiamo conto che è una disciplina fondamentale perché da lì si sono avute tante ricadute pratiche, oltre all’avanzamento della scienza stessa.
È noto, ad esempio, che in conseguenza dello sbarco sulla Luna, molta tecnologia sviluppata ai fini di questa missione è divenuta ora di uso comune: dai nuovi materiali per le tute degli astronauti ai microsistemi meccanici ed elettronici progettati più leggeri, più affidabili e più miniaturizzati per soddisfare i requisiti di quel volo. Questa scienza ha insomma tantissime conseguenze sulla quotidianità».
Quali sono le scoperte, gli studi della Hack di maggiore interesse?
«Margherita Hack si è occupata principalmente di spettroscopia stellare, campo ai suoi tempi di grande rilevanza perché si dovevano ancora capire composizione chimica e natura, differenza e somiglianza tra le varie stelle, e soprattutto determinare il valore di certi parametri fisici come pressione e temperatura nei loro strati più esterni, cioè nelle loro atmosfere. Oggi però è un campo in buona parte conosciuto e gli ambiti di maggiore interesse riguardano altre problematiche come la scoperta di pianeti extrasolari, o come l’indagine dell’Energia Oscura o della Materia Oscura».
Nel contesto odierno di individualismo, isolamento, tecnologia imperante … Quali messaggi lascia la Hack alla società scientifica?
«Oggi è necessario rinunciare alla pur comprensibile ambizione individuale, perché tutta la ricerca scientifica sta divenendo sempre più complessa e richiede un lavoro coordinato tra più soggetti, soprattutto se si tratta di ricerca sperimentale. C’è sempre meno spazio per il genio individuale. Quindi occorre un maggiore impegno personale, oltretutto preceduto da uno studio che aumenta negli anni. I miei professori, da studenti, imparavano su libri che avevano molti meno argomenti, e meno pagine, di quelli sui quali ho studiato io, ed i testi di oggi a volte sono ancora più impegnativi.
Aggiungiamo inoltre che attualmente, almeno in Italia, l’attesa per l’inserimento in ruolo dopo la laurea è più lunga, prevede anni. Ai tempi della Hack era mediamente facile trovare un impiego omogeneo con i propri studi, cominciava a essere difficile quando mi sono laureato io, è diventato molto difficile oggi. Sottolineiamo infine che le imprese importanti sono spesso collettive a livello internazionale, nate dalla collaborazione tra varie Nazioni. Quindi non solo il merito va diviso con tali collaboratori, ma occorre anche essere disposti a spostarsi all’estero. Dalla fine del XIX secolo scienziati di nazionalità diverse si sono ritrovati per condurre osservazioni in un luogo comune, davanti a uno stesso fenomeno astronomico come un’eclissi o una congiunzione, mentre altre scienze conservano ancora un carattere nazionalista se non addirittura concorrenziale. Per la natura stessa degli oggetti dei suoi studi, l’Astronomia è, e resterà, sovranazionale».
Quindi potremmo intendere l’astronomia, anche secondo la Hack, utile pure a creare fratellanza e collaborazione, soprattutto in questa atmosfera di tensione geopolitica?
«Come si è visto, il rapido sviluppo della scienza contemporanea ha bisogno dello scambio di informazioni e di dati tra vari gruppi di ricerca, che non necessariamente operano nello stesso Paese. Quindi sì, la scienza per sua natura è internazionalista. Per fortuna. Ma in fondo questo è vero per tutta la conoscenza in generale».
Riguardo alla figura poliedrica della Hack, interessata di sport, etica, politica … Quali delle sue posizioni parlano maggiormente alla società?
«Dobbiamo aver presente che il suo contributo, la sua testimonianza, risalgono circa a un trentennio fa, quando parlare di ambiente, di animalismo, di diffusione di mezzi alternativi per la mobilità, come la bicicletta, o porsi il problema di nuove fonti energetiche non fossili, non era ovvio.
Abbiamo capito solo negli ultimi anni che i temi che allora le stavano a cuore sono problemi attuali di assoluto rilievo e che vanno affrontati e, speriamo, risolti urgentemente».