Sòcrates Brasilero de Souza Vierade Oliveria, conosciuto semplicemente come Sócrates, è nato il 9 febbraio 1954 a Belém, capitale dello Stato brasiliano del Parà. Un “personaggio unico e multidimensionale” secondo Andrew Downie, autore di “Sócrates: Calciatore, Filosofo, Leggenda”. Era un centrocampista offensivo, uno dei più forti della sua epoca, ma non è stato solo questo, Sócrates era anche editorialista e medico, ma è stato soprattutto uno dei principali attivisti politici di un Brasile colpito da una repressiva dittatura militare.
La vita di Sócrates è stata dunque segnata dall’oppressione dittatoriale. Nel 1964, i membri delle forze armate brasiliane, sostenuti dagli Stati Uniti, organizzarono un colpo di stato. Questo fu l’inizio di una dittatura militare che durò fino al 1985.
Il padre Raimundo, sebbene avesse studiato poco, era un autodidatta e appassionato di lettura e filosofia. Ha sempre incoraggiato i suoi figli a studiare sodo arrivando persino a costruire una biblioteca nella casa di famiglia. Il regime brasiliano disapprovava l’istruzione di massa ed erano purtroppo conosciuti i trattamenti riservati agli intellettuali. Per questo motivo il padre fu costretto a distruggere i suoi libri, un comportamento che il giovane Sócrates non capiva, perché distruggere una cosa che si ama così tanto? “Avevo 10 anni e ricordo mio padre che bruciava libri sui bolscevichi. Questo ha fatto nascere il mio interesse per la politica. Il pallone è arrivato per caso“, avrebbe detto in futuro. Quando il giovane brasiliano entrò all’università riuscì finalmente a comprendere che le opere filosofiche nella biblioteca del padre erano una minaccia per il regime, e quindi una minaccia per il suo potere. Suo padre ha dovuto fare questo sacrificio per mantenere la sua famiglia al sicuro.
Nonostante il suo talento calcistico, Sócrates sognava di diventare un medico, pensava di poter aiutare a combattere la povertà e la disuguaglianza in Brasile studiando medicina. Sarà il padre a convincerlo sulla possibilità di studiare medicina e giocare a calcio in contemporanea, convincerlo che avrebbe potuto usare la sua voce e la fama di calciatore professionista per creare un cambiamento significativo in Brasile.
All’inizio della sua carriera, tuttavia, Sócrates fu influenzato dal controllo del regime e dalla cultura conservatrice di Ribeiro Preto, comune brasiliano nello Stato di San Paolo. Ciò nonostante, mentre imparava di più sulla politica e sulle ingiustizie sociali in Brasile, Sócrates iniziò a formare la propria ideologia politica, che avrebbe coraggiosamente sostenuto più tardi nei suoi anni da calciatore.
Sócrates divenne un calciatore professionista a vent’anni mentre conseguiva una laurea in medicina presso la “Faculdade de Medicina” di Ribeirao Preto, da quel momento per tutti diventa “O Doutor”, “Il Dottore”. Si considerava un artista, e il calcio era il campo dove esprimeva la sua forma d’arte. Il magistrale centrocampista era l’incarnazione della filosofia brasiliana del “joga bonito” (“gioca magnificamente”). Nel 2010 il campione brasiliano ha detto: “Vedo il calcio come arte, oggi la maggior parte delle persone vede il calcio come una competizione, uno scontro, una guerra tra due poli opposti… ma prima di tutto, è una grande forma d’arte”.
Nel 1974 firma con il Botafogo, con il quale mette a segno 24 gol in 57 partite, ma la squadra nella quale ha avuto il maggiore impatto dentro e fuori dal campo è senza dubbio il Corinthians. Sócrates ha collezionato anche 60 presenze con il Brasile segnando segnato 22 gol e partecipando a due Mondiali, nel 1982 e nel 1986, capitanando i verdeoro nell’82. La squadra guidata da Sócrates e dal leggendario Zico è considerata la più grande squadra a non avere mai vinto la Coppa del Mondo: nell’82 il sogno mondiale si è interrotto davanti all’Italia di Paolo Rossi.
Al Corinthians, Sócrates segna 172 gol in 297 presenze totali. Diventa anche il capitano della squadra ed è considerato tutt’oggi il più grande giocatore di sempre della squadra. Il Corinthias è un club fondato da ferrovieri, in netto contrasto con la maggior parte delle squadre brasiliane fondate dall’élite politica ed economica. Un altro club in contrasto rispetto all’élite brasiliana e che si opponeva alla discriminazione razziale e culturale era il Vasco da Gama. Durante questi anni il profondo pensiero di Sócrates sboccia, il campione brasiliano inizia a prestare maggiore attenzione a ciò che stava accadendo politicamente in Brasile. Una delle persone che ebbe più influenza su di lui fu Adilson Monterio Alves, direttore tecnico del Corinthians e socialista autoproclamato; divenne il mentore politico di Sócrates, colui che lo preparò a diventare il volto della Democracia Corinthiana, una delle misure sportive e non solo più efficaci nella lotta contro il regime.
Le squadre di calcio brasiliane dovevano agire come giunte militari. Operavano secondo un sistema chiamato “concentracao” che non dava ai giocatori alcuna voce in capitolo nelle decisioni sportive, venivano trattati quasi come schiavi. Tutto questo cambiò con la Democracia Corinthiana di Sócrates e Adilson. Il campione brasiliano riconobbe che il regime faceva affidamento sul calcio per migliorare la sua reputazione internazionale contando soprattutto sulle squadre vincitrici della Coppa del Mondo negli anni precedenti. Ciò ha fornito ai calciatori un’opportunità unica di essere più espliciti dei politici. I politici che criticavano il potere venivano torturati e assassinati; tuttavia il popolo brasiliano amava troppo il proprio calcio e il regime sapeva che se avesse punito i calciatori avrebbe causato disordini. Ciò ha concesso a Sócrates la libertà di sostenere il cambiamento politico.
Il club divenne una piccola democrazia che trattava tutti i suoi membri allo stesso modo. Sócrates credeva che i magazzinieri fossero importanti quanto i giocatori e, dunque, con una semplice alzata di mano, tutti i membri del club prendevano insieme tutte le decisioni: da come usare i fondi della squadra a l’orario a cui mangiare, da quali calciatori acquistare agli accordi commerciali. La Democracia Corinthiana divenne un microcosmo di dissenso contro il modo in cui il paese veniva gestito e Sócrates venne considerato la chiave nella transizione del Brasile verso la democrazia in quanto era una figura così importante che era in grado di parlare di politica con un linguaggio semplice, un linguaggio che l’intera popolazione brasiliana poteva capire.
Sócrates e il Corinthians portarono in campo la lotta per la democrazia. La squadra iniziò a indossare i kit con la scritta “Democracia” sul retro e nel 1982 scrissero sulle maglie “Dia 15 Vote” (“Il giorno 15 vai a votare”). Era istruttivo e diretto, ma non indicava un partito politico. Era inimmaginabile affermare anche sottilmente qualcosa di politico sotto il regime oppressivo di una dittatura militare, eppure queste dichiarazioni hanno chiaramente influenzato una generazione a combattere il sistema. Durante il Campionato Paulista (Campionato statale di San Paolo), il Corinthians scese in campo con uno striscione enfatico che recitava “Vinci o perdi ma sempre con la democrazia“. Quello fu l’anno in cui vinsero il campionato di San Paolo.
Nel 1984, Lula da Silva, membro fondatore del Partito dei Lavoratori e futuro presidente, e Sócrates organizzarono una manifestazione davanti a 2 milioni di persone sostenendo le Diretas Ja (Elezioni libere ora). Durante la manifestazione Sócrates disse che se il Brasile non avesse avuto elezioni presidenziali dirette, sarebbe andato a giocare in Italia. Sócrates era un uomo di parola. Quando il regime non concesse le elezioni libere, andò a giocare nella Fiorentina per un anno pur sentendosi devastato dal dover lasciare il Brasile. “Credo che la Fiorentina abbia realizzato un acquisto straordinario. – dichiara il presidente della Fiorentina Ranieri Pontello a ‘La Repubblica’ – Socrates è uno dei più forti giocatori del mondo, è fra i primi 4-5 fuoriclasse. Non voglio parlare di cifre, ma posso dire che il brasiliano è costato quanto un giocatore italiano di alto livello e sicuramente meno di Rummenigge. Comunque, è una cifra non spropositata“. In Italia non fu però mai in grado di mostrare il suo miglior calcio. Sócrates odiava allenarsi, la sera, poi, fumava e beveva regolarmente, “Sono arrivato in Italia e mi sono subito infortunato. – dice – Per il vostro mondo capitalista è incomprensibile. Impossibile fermare una macchina che tira calci a un pallone. Che fa comodo soprattutto se non pensa. È lo specchio di tutto il resto. Il calcio qui è come la religione, come la Chiesa. Immobile, tutto fermo. Guai a chiedersi il perché delle cose. In questo il Brasile è uguale”.
Dopo la breve e sfortunata paretesi italiana Sócrates tornò in Brasile a giocare per il Flamengo e il Santos prima di chiudere la carriera nel 1988 e di dedicarsi alla carriera di medico.
Nonostante fosse un medico ha sempre trattato la sua salute con terribile indifferenza ed è stato spesso ricoverato in ospedale per malattie legate al fegato, le stesse malattie che lo porteranno alla morte il 4 dicembre 2011.
Ci sono tante ragioni per cui Sócrates sarà ricordato in tutto il mondo. La più importante ovviamente è legata alla sua resistenza politica contro la dittatura, all’avere utilizzato il calcio come mezzo per parlare di politica al popolo e legata all’aver portato una nuova consapevolezza politica in Brasile.
“Vincere non è la cosa più importante. Il calcio è un’arte e dovrebbe mostrare creatività. Se Vincent van Gogh e Edgar Degas avessero saputo il livello di riconoscimento che avrebbero avuto, non avrebbero fatto lo stesso. Devi divertirti a fare arte e non pensare: ‘Vincerò?’”