Lo sai: ti sta osservando mentre durante un ricevimento stai innocentemente quanto furtivamente cercando di afferrare un biscotto all’olio di palma. Mentre la tua mano si avvicina alla preda, stringe le palpebre, tanto che le sue pupille assottigliandosi sfavillano, le narici si dilatano, un rossore tutt’altro che pudico e sottomesso invade le gote. Afferri l’alimento e… sbotta! Un fiume di rimproveri, di demonizzazioni verso un piccolo dolciume, imputato per la sua natura cancerogena, di fattore scatenante obesità, malattie cardiovascolari, neurodegenerative e altri innumerevoli orrori. È lui, il bacchettone salutista. Ma, vigendo anche in questo spaventevole campo la parità di genere, può essere anche la bacchettona, come anzi vuole lo stereotipo. È un atteggiamento troppo evidente e opprimente per essere tollerato. E ora, con la seguente recensione, si vorrebbe riproporre l’incubo delle invettive puritane, con la differenza che a perseguitare ora sarebbero scritti, supportati addirittura da evidenze scientifiche?! Pazzia, masochismo interessarsi di capire e trasmettere concetti che sembrano minare i piaceri più semplici. Oppure no? Oppure, il libro non è stato pensato da e per fanatici. In fondo, le evidenze scientifiche conferiscono valore agli ammonimenti, mai del tutto proibizionisti. Il cibo è una necessità, un piacere, un simbolo di accettazione e premura verso di sé e chi ci sta accanto, anche di appartenenza culturale, ma se poco conosciuto può diventare un rifugio malsano dalla solitudine, un’arma a doppio taglio per il benessere umano e dell’ambiente.

Si  mira alla meta ambiziosa quanto necessaria di guidare il più eterogeneo e vasto pubblico di lettori a uno stile di vita sano per sé, la società e il pianeta, dato che il nostro impatto sull’ambiente risente anche delle nostre abitudini alimentari – si pensi ad esempio che il consumo in Italia di 80 kg annui a testa di carne è quadruplo rispetto a quello della prima metà del Novecento, e la sua produzione mondiale si stima responsabile del 20% circa delle emissioni di anidride carbonica, del 40% del consumo del raccolto agricolo, altrimenti utile a sfamare circa 4 miliardi di indigenti; questi dati non vogliono costringere  a diventare vegani, ma promuovere l’uso (dimenticato) di legumi e cereali, che richiedono minor dispendio dal punto di vista economico e ambientale; nutrizionalmente, se combinati, possono sostituire un abuso di carne. Inoltre si sfatano miti come quello dell’”olio di palma (completamente) malefico”, dei superfood da venerare – e mangiare – come unico alimento, per orientare a una dieta varia e bilanciata dalla colazione alla cena, cruciale per la salute. Inoltre, come e perché l’integrale che sembra tanto scioccamente osannato apporta tanti benefici? Perché la Dieta Mediterranea è conclamata dalla scienza come modello ottimale? Come si crea un pasto e una dieta equilibrati per tutti – salvo chi deve attenersi per malattia a regimi alimentari specifici? I grassi e i carboidrati sono davvero la radice di ogni male? Integratori a volontà ci aiutano davvero?

A queste e altre domande diffuse e confuse rispondono in contrasto alla disinformazione scientifica gli autori del libro, l’immunologa e docente universitaria Antonella Viola, voce riconosciuta nella divulgazione scientifica, e Daniele Nucci, dietista membro della Società Italiana di Nutrizione Umana e ricercatore in ambito nutrizionale, nonché ex-cuoco professionista.

Quindi, se i presunti lettori si sono persuasi della non assoluta malvagità di siffatta lettura e di una certa sua affidabilità, si cerca di riassumere, senza troppe anticipazioni, i macro-temi de Il cibo buono (Gribaudo, 2022). Si premette che le sue indicazioni sono comunemente realizzabili senza che la dieta diventi un’ossessione, vogliono rendere più sicura la nostra quotidianità, senza affatto sacrificare la gustosità di ciò che mangiamo. Ibrido tra saggio e, grazie alla creatività del dottor Nucci, ricettario, presuppone il ruolo basilare che l’alimentazione ha nella salvaguardia della salute umana e dell’ambiente. Si ribadisce come ciò che apporta benefici al nostro corpo è benefico anche per l’ambiente – e in ultimo anche al nostro portafoglio, dato l’invito all’oculatezza nella spesa, i consigli culinari per evitare lo spreco.

Viene infatti sottolineata la forte connessione tra sistema immunitario e alimentazione, attraverso il microbiota intestinale, il complesso di microbi nel nostro intestino che con un sufficiente apporto di fibre – e uno moderato degli zuccheri semplici dei dolciumi – contribuirà alla condizione di eubiosi. Questa è lo stato di equilibrio che protegge dalle malattie, perso per il ritmo frenetico che la vita media ha assunto, sedentaria, fatta di consumo smodato e orari che non coincidono con quello del nostro orologio biologico. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che 11 milioni di decessi annuali e il 30% dei tumori sarebbero evitabili con una corretta alimentazione.

Viene spiegato come i macro- (grassi, carboidrati, fibra, proteine) e micro-nutrienti (minerali e vitamine) supportino il benessere, in che proporzioni vadano assunti attraverso gli alimenti, quando il “senza” diventa una moda e quando, per allergie o intolleranze, una necessità.

In modo sintetico ma tale da cogliere le problematiche principali viene illustrato come l’eccessiva produzione e consumo di carni, ma anche lo spreco alimentare, fomentino il cambiamento climatico e l’impoverimento delle risorse globali. Il 17% di cibo prodotto in scala mondiale intasa annualmente i cassonetti, e di questo siamo responsabili per uso casalingo del 61%, cause errata conservazione di frutta e verdura, dimenticanza della scadenza di prodotti acquistati senza reale bisogno, magari nascosti in uno spazio disorganizzato e traboccante.

Tabelle e grafici contribuiscono alla spiegazione. Di estremo interesse è ad esempio la “doppia piramide”, la quale mostra come ciò che dovrebbe essere la base della nostra alimentazione (acqua, frutta, verdura, legumi, cereali integrali) è anche la chiave per un minor impatto ambientale; essa, se accompagnata da un’adeguata attività fisica (almeno 150 minuti a settimana) renderà sano lo stile di vita.

Il “piatto del mangiar sano” è un altro schema che aiuta nella composizione di un piatto completo e bilanciato, dalla scelta degli ingredienti alle modalità di preparazione; tra esse la cottura al vapore è la più consigliata per la preservazione delle proprietà benefiche alimentari che garantisce.

Ma non si esaurisce qui la portata del libro, che tratta altri temi importanti quanto spesso affrontati inadeguatamente, come allergie e intolleranze, i segreti per comporre la lista della spesa “sana” e raggirare i trucchi del marketing, complici di una spesa impulsiva e ricca di calorie “vuote”, povera cioè di nutrienti.

Il rigore scientifico testimoniato dalle 164 pagine di consigli e spiegazioni e dall’accurata bibliografia è però “edulcorato” da una prosa molto scorrevole, talvolta colloquiale e giocosa, da pagine colorate in cui si rivelano falsi miti, come quello dei carboidrati da eliminare, di una dose di alcolici raccomandabile – pari a zero, dato che la scienza non riesce ancora a prevedere chi sia immune dal loro effetto cancerogeno, alla stregua del “meni bevi, meno rischi”. I come e perché di queste e tante altre curiosità sono illustrati con chiarezza. Gli strumenti forniti sono insomma utili a non lasciarsi ingannare da campagne di promozione più o meno scientificamente fondate e a muoversi con più sicurezza in cucina e nei punti di acquisto. Immergendosi in questa lettura si incontra del resto un mondo controverso, in continua evoluzione, che può sembrarci confusionario e malfermo, ma rimane necessario al miglioramento: quello della ricerca scientifica.

Lo stile talvolta ridondante è giustificato dal pubblico non specialistico per cui è pensato e per il quale sottolineare i concetti principali può essere d’aiuto, specie in caso di lettura saltuaria. La presenza di numerosi termini scientifici di nutrienti, componenti del nostro sistema immunitario  è infatti accompagnata da definizioni semplici che, insieme con schemi accessibili, rendono il saggio tutt’altro che astruso. Infine abbiamo il ricettario: miniera di spunti per mettersi alla prova ai fornelli; la cucina casalinga è incoraggiata perché implica una maggiore consapevolezza nella scelta di ingredienti e proporzioni, contrariamente ai processi industriali di lavorazione eccessiva degli alimenti. Non con questo si vuole però condannare l’industria alimentare, che d’altro lato ha contribuito a una distribuzione più ampia dei beni di consumo e a un controllo igienico migliore.

Le 50 ricette proposte sono originali e svariate, con diverse tempistiche di realizzazione: da spuntini dolci e salati presto pronti, a primi e secondi piatti più elaborati, tutti accomunati dalla coerenza ai criteri illustrati in precedenza per una cucina equilibrata e tutt’altro che monotona. Si scoprono ingredienti magari poco conosciuti, in genere reperibili nei supermercati ben forniti. È probabile che siano più difficili da reperire quotidianamente il tempo e la volontà di cimentarsi in questo compito! Gli autori accennano anche a questa problematica, rispondendo con piatti unici pronti da portarsi a lavoro.

Infine, sebbene l’aggiornamento e l’accuratezza delle informazioni siano scrupolosamente perseguiti, si ricorda che le dosi, i consigli forniti riguardano un soggetto medio, perciò bisogna rivolgersi ai medici per consigli personalizzati, specie in presenza di patologie.

La lettura è quindi consigliabile: grazie alla sua praticità entra nella cucina delle persone e permette loro di fare la differenza a partire dalla spesa, dai consumi, o comunque di scegliere libere da luoghi comuni in questo ambito attuale e rilevante, consapevoli che è in gioco anche il futuro dei loro figli. Non fermandosi alla teoria, procura strumenti contro tendenze erronee e contro chi con incompetenza e secondi fini suggerisce diete troppo “simpaticamente” permissive o promettenti, insomma nocive.

Il fine è informare al meglio i lettori, compito che richiede e affida grandi responsabilità. Va ben oltre la ricerca della forma omologata e da ostentare, in una prospettiva comunitaria e attenta al futuro. Così viene ribadito il valore di responsabilità individuale e sociale della salute, come solo conoscendone le nozioni principali si possa parlare di democrazia; altrimenti si entra in un controproducente cicaleccio di opinionisti che si meravigliano e “sperano”, comodi in poltrona, in una soluzione calata dall’alto.

Nel mentre, sebbene la speranza di vita in Italia sia di 82 anni per gli uomini, 86 per le donne, si stima che, spesso a causa di uno stile di vita malsano, dopo i settant’anni ognuno abbia tre patologie e viva gli ultimi anni in condizioni invalidanti e avvilenti, ostruendo i pronto soccorso. Ed ecco anche perché la prevenzione di cui il libro è promotore è così importante.

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