“How do you live?” (君たちはどう生きるか/ Kimi-tachi wa dō ikiru ka in originale) “Voi come vivrete?”, questo è il titolo del nuovo film animato dello Studio Ghibli, con la sceneggiatura e la regia di Hayao Miyazaki e prodotto da Toshio Suzuki.
Nonostante lo studio di animazione abbia continuato la propria produzione cinematografica negli ultimi anni, l’ultima opera di Miyazaki risale al 2013, ben 10 anni fa, e si tratta di Si alza il vento; nello stesso anno inoltre, in occasione della mostra cinematografica di Venezia, il regista aveva annunciato il suo ritiro, scelta dovuta soprattutto alla sua età, nonostante avesse comunque espresso la volontà di continuare a lavorare alle esposizioni del museo dello Studio Ghibli. Fu infatti una sorpresa l’annuncio risalente al 2016 in cui il maestro affermava di star lavorando ad un nuovo lungometraggio, rivelandone anche il titolo; quest’ultimo è preso in prestito dall’omonimo libro scritto da Genzaburo Yoshino nel 1937 e ritenuto da Miyazaki il suo preferito durante il periodo dell’infanzia. La pellicola non è però la trasposizione sul grande schermo del romanzo, bensì una storia originale di Hayao Miyazaki; questo film porta con sé anche il desiderio di lasciare qualcosa al nipote, a cui vuole inviare il messaggio che il nonno lo ama ma che tra poco non ci sarà più. Questo significato racchiuso nel film, fa presumere che, nonostante in passato il regista abbia annunciato più volte il suo ritiro per poi ripresentarsi agli spettatori con un nuovo progetto, questa volta rappresenti veramente un addio definitivo al mondo dell’animazione.
Una delle particolarità di questa opera che l’ha portata a fare parlare di sé è paradossalmente la completa assenza di una campagna pubblicitaria e perciò le uniche immagini ufficiali del film disponibili sono il poster promozionale e la copertina della canzone Spinning Globe che raffigura uno storyboard del film, canzone realizzata da Yonezu Kenshi come accompagnamento dei titoli di coda.
L’assenza di trailer ha ovviamente impedito al pubblico di avere qualsiasi informazione riguardo la trama, e questa scelta fu voluta dal produttore Suzuki, il quale afferma che al giorno d’oggi uno spettatore quando va al cinema sa già tutto di cio che sta andando a vedere, rendendo la visione una semplice “conferma” di ciò che il pubblico sa già. Il desiderio del produttore era quello di riportare l’esperienza di vedere un film a quella di un tempo, caratterizzata dalla curiosità e dalla sorpresa. La decisione di preservare l’esperienza a scapito del guadagno non ha minimamente intaccato questi ultimi incassando al botteghino 3,6 miliardi di yen ( circa 23 milioni di euro al cambio attuale) posizionandosi al 2° posto nella classifica dei film più visti in Giappone subito sotto Mission:Impossible -Dead Reckoning- parte 1 Sinossi
Rispettando il volere dei creatori della trama scriveremo solo il necessario.
Mahito è un ragazzino di poco più di 12 anni che abita in una Tokyo nel mezzo della seconda guerra mondiale. Durante una notte scoppia un’incendio in una struttura dove si trova la madre del giovane e per fermare le fiamme un gruppo di uomini compreso il padre accorrono immediatamente sul luogo. Mahito stesso cerca di raggiungere la madre che vediamo purtroppo divorata dalle fiamma. Segue un salto temporale di 2 anni, la guerra è ancora in corso e per le strade si vedono solo soldati e miseria; Mahito si deve trasferire in una villa in campagna assieme al padre. Ad attenderli è la nuova compagna dell’uomo. Nei dintorni della nuova abitazione circondata dalla natura si aggira un airone cinerino. Quest’ultimo risulta in qualche modo estremamente strano.
Rispondiamo subito alla domanda principale: il film è bello? Si, però c’è da argomentare meglio.
Esteticamente e registicamente è clamoroso. La qualità dell’immagine è superba e rispetta, per non dire che in certe sequenze supera, gli standard a cui lo Studio Ghibli ci ha abituati negli anni; con un alternarsi di scene dinamiche e frenetiche, articolate e piene di elementi in movimento e campi totali estremamente dettagliati che creano dei momenti di tranquillità, i quali hanno lo scopo di calmare l’ansia e l’agitazione accumulatasi nelle sequenza precedenti, ma ricordano anche allo spettatore il mondo fantastico in cui tutto ciò sta accadendo, il film obbliga lo spettatore a tenere alta l’attenzione. I movimenti dei personaggi sono fluidi e naturali come ci si aspetterebbe da una pellicola di questo tipo, ma a valorizzarli sono soprattutto le scelte registiche impeccabili che rendono le scene decisamente più originali e interessanti. In particolare, parlando di movimenti è d’obbligo menzionare l’airone, il quale è la rappresentazione in questo film di uno dei grandi temi chiave di Miyazaki, ossia il volo. A guardare i suoi movimenti sembra di star osservando quelli di un vero animale, questo a dimostranza della cura che ha ricevuto questo film. La caratterizzazione estetica dei personaggi anche se ben realizzata ricorda molto quella di tanti altri presenti in differenti film dello Studio Ghibli e, se non per qualche eccezione, non riescono particolarmente a distinguersi. Per concludere il discorso dal punto di vista visivo rimane da discutere le ambientazioni le quali, come già accennato precedentemente, sono piene di dettagli e tranquillamente definibili un piacere per gli occhi, nonché differenti l’una dall’altra non risultando mai monotone. Una cosa da menzionare su questo aspetto è che, a differenza di altri lavori del maestro, questi luoghi fantastici sono tutti, alcuni più e altri meno, cupi e freddi, che di conseguenza aiutano a creare scene altrettanto cupe e inquietanti.
Dal punto di vista della trama invece c’è molto da discutere. Questo aspetto ha diviso particolarmente il pubblico poiché le storia e le tematiche che il film vuole trasmettere non sono né poche né semplici. Parlando semplicemente del rapporto tra il protagonista Mahito e la sua nuova madre, un tema molto profondo e interessante, ma che necessita sicuramente di un approfondimento e uno sviluppo dal ritmo adeguato, che purtroppo la pellicola non è stata in grado di comprimere all’interno dei suoi 124 minuti, risultando inevitabilmente forzato in alcune scelte e motivazioni. A risentirne purtroppo non è solo la tematica sopracitata ma si estende anche a tutte le varie storie di altri personaggi, misteri che rimangono irrisolti, domande senza risposta o semplicemente le spiegazioni delle varie regole che sostengono il mondo in cui la storia viene ambientata rimanendo su alcune cose vago e risultando quindi frustrante per alcuni spettatori. Tutte queste cose che sono poi intrecciate l’una con l’altra, al raggiungimento del climax si accumulano ed “esplodono” in faccia allo spettatore in modo abbastanza caotico. In sostanza quindi il problema che affligge questo film è la quantità di cose che vuole raccontare inserite a forza in un minutaggio non adeguato. Per cogliere poi anche i significati più profondi che sono effettivamente presenti, una seconda visione è decisamente consigliata. Tutto questo non toglie che la sostanza ci sia, infatti anche se con qualche problemino riesce nell’obbiettivo di sorprendere ed emozionare lo spettatore, facendolo immedesimare nei personaggi e lasciandolo con il fiato sospeso sin dai primi minuti; in ogni caso vale la pena la visione, contando soprattutto il valore dal punto di vista artistico, indipendente dall’apprezzamento che si ha per l’animazione.
Questa purtroppo non è stata la nascita di un nuovo capolavoro di Hayao Miyazaki, ma rappresenta comunque un più che degno addio da parte sua al mondo dell’animazione.
Ricordiamo che l’uscita in Italia del film non è ancora stata confermata ma prendendo in considerazione le dichiarazioni del distributore cinematografico Gkids secondo cui l’arrivo negli Stati Uniti sarebbe previsto per la fine dell’anno con un titolo differente cioò The boy and the heron, la conferma di una prima il 7 settembre a Toronto in occasione del Toronto International Film festival e infine i guadagni non trascurabili, l’arrivo nelle nostre sale è abbastanza sicuro