Martedì 27 giugno, presso il locale fiorentino Jazz Bistrot in Via Aretina 100, è stato organizzato dalla Fondazione Amalia Duprè in collaborazione con la docente di Pianoforte Maria Teresa Valastro il concerto del pianista Lorenzo Del Conte.
Questi ha ammirevolmente suonato un avvincente repertorio, dalle trascrizioni di Busoni e Petri di Svegliatevi, una voce chiama e Le pecore possono pascolare tranquillamente di Bach, alla Sonata n.3 K. 281 di Mozart , all’inquietantemente ironica Danse Macabre di Saint-Saëns/Liszt, fino alle sognanti Immagini dimenticate di Debussy. Ha inoltre introdotto ciascun brano con una contestualizzazione sintetica e preziosa a chi non ha un’altrettanto pregiata formazione in Storia della Musica. Pregio che, s’intenda, non mira affatto alla costruzione di loschi intellettualoidi, ma alla coltivazione di una benefica passione, a fornire strumenti di conoscenza di questo mondo complesso … Ma, dopo averlo presentato, si lascia la parola al pianista, che ci ha gentilmente concesso un’intervista.
Alla sua, per amore della pluralità, si sono altrettanto gentilmente aggiunte le voci di Filippo Gambassi, studente del Liceo musicale Alberti-Dante di Firenze, e della docente nello stesso liceo Maria Teresa Valastro, che ha accompagnato entrambi i giovani nei loro studi musicali.
Lorenzo Del Conte ha iniziato a suonare Pianoforte all’età di sei anni. Lo ha studiato seguito dalla professoressa Valastro sia nella Scuola Secondaria di Primo Grado con Indirizzo Musicale Antonio Gramsci che nel Liceo Musicale Dante di Firenze, oltre a Flauto Traverso e per il Coro del Liceo.
Ha poi brillantemente conseguito la laurea triennale nel corso AFAM (Alta Formazione Artistica Musicale) presso il Conservatorio I.S.S.M. Pietro Moscagni di Livorno, continuando a partecipare a vari corsi di formazione e masterclass.
Nel suo curriculum non mancano recital solistici, partecipazioni a rassegne concertistiche in luoghi prestigiosi come Palazzo Pitti, premiazioni in concorsi musicali nazionali e insegnamento privato.
Sta per conseguire la laurea magistrale in Pianoforte, per poi proseguire gli studi in Portogallo come tirocinante presso la classe del Maestro Costantin Sandu.
Come ti senti a suonare davanti a un pubblico rispetto a quando suoni da solo?
«In pubblico è sempre un’altra cosa: quando si suona individualmente si ha un ambiente familiare, quindi maggiore tranquillità. In pubblico si ha tanta ansia, all’inizio soprattutto, ma piano piano prendendo dimestichezza essa diminuisce, anche se quando capita l’errore aumenta un po’; come le onde, va su e giù».
C’è un genere di musica/dei brani che preferisci suonare? E in caso, perché?
«I brani che preferisco sono quelli di musica classica francese, perché rispecchiano di più la mia personalità e sensibilità, come quelli di Saint-Saëns e Debussy».
Cosa ti piace del pianoforte?
«Del pianoforte mi piacciono le possibilità che offre in quanto strumento polifonico (che può fare più suoni contemporaneamente): si ha modo di lavorare su una serie di scelte Personali, che vanno dalla scelta di come affrontare determinate melodie e passaggi tecnici, fino a quelle espressivo-interpretative (cosa che invece altri strumenti monodici come flauto traverso o violino possono comunque fare, però spesso e volentieri in compagnia di altri strumenti che suonano insieme a loro); amo soprattutto il timbro e le sonorità sognanti che possono emergere da un determinato tipo di pianismo».
I brani suonati oggi sono stati scelti da te? Che significato hanno per te?
«Sono pezzi che devo suonare per un esame in conservatorio, ma comunque li ho scelti sia come sfida dal punto di vista tecnico, sia perché rispecchiano i miei gusti».
Per quali ragioni ti piace la musica e suonarla, che senso le dai?
«Ho iniziato da bambino perché un’amica mi disse “vieni a fare pianoforte con me”. Non conoscevo la musica né mi interessava, poi piano piano è diventata una passione grazie ai professori che ho incontrato, e infine ho capito che è un modo di esprimermi tutto mio: con la musica posso esprimere cose che alle volte superano anche le parole».
A tuo avviso, come fanno arti diverse come la poesia, la pittura, la musica a comunicare, un po’ alla stregua di Debussy?
«La connessione tra esse è data dalle emozioni: se un quadro trasmette delle determinate emozioni o sensazioni, la musica con accordi e armonie e la poesia con parole emulano quelle esperienze. Come dice il mio maestro in conservatorio, la musica è un’emozione controllata, di conseguenza noi musicisti sappiamo cosa vogliamo trasmettere, e lo trasmettiamo attraverso il brano. Perciò Debussy collegava determinate immagini a determinate melodie».
Come si è evoluto il tuo rapporto con la musica da quando hai iniziato?
«Il mio rapporto con la musica non è sempre stato fermo e delineato. Negli anni si sono sempre alternati momenti di grandi crisi, dove ho perfino pensato di mollare lo studio, ad altri di grande passione e successo che ripagano di tutte le fatiche. L’importante è sempre trovare la bellezza delle cose che facciamo, e soprattutto il divertimento. Lo studio del pianoforte se rappresenta un obbligo invece che un piacere diventa una tortura».
Come pensi di sfruttare questo talento e passione per la musica in futuro?
«Mi piacerebbe insegnare Pianoforte, non sento di essere il pianista concertista nelle grandi sale. Non è mai stato un mio desiderio. Mi piace suonare in pubblico, ma in occasioni più intime, come quella di oggi».
Passiamo ora la parola a Filippo Gambassi, quindicenne che studia Pianoforte dall’età di undici anni. Ha superato con il livello di Eccellenza l’esame di certificazione di fine primo biennio, frequentata la classe di Pianoforte della Prof. Valastro del Liceo Musicale Alberti-Dante di Firenze. Si è esibito con successo in varie rassegne, ha conseguito numerosi premi in concorsi musicali nazionali, come nello Zuccotti di Firenze, e composto le musiche di scena dello spettacolo teatrale dello scorso 8 giugno Gli Uccelli di Aristofane, presso il Teatro Romano di Fiesole. Oltre al Pianoforte, suona Viola e canta nel Coro nella sezione dei Tenori del liceo.
Come ti senti a suonare davanti a un pubblico rispetto a quando suoni da solo?
«Mi piace molto suonare in pubblico: nonostante richieda molta concentrazione, è il miglior mezzo per esprimersi in musica perché ti dà la possibilità di “amplificare” ciò che vuoi trasmettere condividendolo con degli spettatori. Suonare da solo permette probabilmente un godimento maggiore di quei brani che possono mettere più in difficoltà davanti a un pubblico».
C’è un genere di musica/dei brani che preferisci suonare? E in caso perché?
«Nel caso di concerti mi piace molto suonare brani del repertorio romantico ottocentesco o di autori della fine del XIX secolo come Debussy, che mi danno un ampio margine di libertà espressiva. Per il resto mi piace molto variare».
Cosa ti piace del pianoforte?
«Mi piace perché è lo strumento con cui puoi spaziare maggiormente con la creatività: possiede l’intera gamma sonora di un’orchestra ed è presente nella maggior parte dei generi musicali. È uno strumento senza tempo che rimarrà insuperato da ogni tecnologia».
Per quali ragioni ti piace la musica e suonarla, che significato le dai?
«Trovo che sia la forma d’arte che può essere apprezzata in maniera più ampia, perché non sempre c’è bisogno di impegno per apprezzarla, né motivo di giudicarla, perciò è il mezzo di espressione più libero e inviolabile».
Come si è evoluto il tuo rapporto con la musica da quando hai iniziato?
«Ho sempre amato la musica allo stesso modo da quando ho iniziato, è cambiata soltanto la sua presenza nella mia vita. Se prima era una passione nei miei ritagli di tempo, ora è un qualcosa che porto avanti ogni giorno senza nemmeno pensarci, anche in quei momenti in cui la passione tende ad affievolirsi».
Come pensi di sfruttare questo talento e passione per la musica in futuro?
«Il mio obbiettivo ora è dedicarmici costantemente, non ho un unico grande traguardo per il futuro adesso, anche perché non penso sia necessario per migliorarmi nella pratica musicale e portare avanti la mia predisposizione per la musica».
Si ringraziano i giovani musicisti per la loro disponibilità, con tanto di auguri per il loro percorso di vita illuminato dalla presenza della musica, dal loro impegno e talento.
Seguirà l’intervista alla professoressa Valastro che, dal punto di vista di docente e musicista esperta, ha condiviso un’altra importante testimonianza.