È arrivata su Netflix, riscuotendo grande successo, la serie dedicata a Lidia Poët, la prima donna in Italia a iscriversi all’Ordine degli Avvocati, interpretata sul piccolo schermo da Matilda De Angelis.
Nata nel 1855 a Traverse di Perrero, in provincia di Torino, Lidia trascorre la sua adolescenza a Pinerolo. Dopo aver ottenuto il titolo di maestra di francese, inglese e tedesco, e la licenza liceale, nel 1881 si laurea in Giurisprudenza a Torino col massimo dei voti, con la tesi: “Studio sulla condizione della donna rispetto al diritto costituzionale ed al diritto amministrativo nelle elezioni”.
Dopo due anni da praticante, supera l’esame di abilitazione alla professione forense. Quindi, come i suoi colleghi maschi, chiede l’iscrizione all’Ordine degli Avvocati e Procuratori di Torino. La richiesta trova la ferma opposizione di alcuni consiglieri, due dei quali addirittura si dimettono per protesta, ma alla fine viene accolta. Una grande vittoria per la nostra Lidia, che nell’agosto del 1883 diviene la prima donna in Italia ammessa a esercitare la professione di avvocato.
E quindi, immaginerete, questo sarà l’inizio di una lunga e brillante carriera?
Ma neanche per sogno. Siamo a fine Ottocento, in una regione che ha fatto da apripista per tante conquiste del nuovo Regno d’Italia, ma evidentemente non ancora così moderna.
Perché soltanto dopo pochi mesi di attività, l’iscrizione viene impugnata dal Procuratore Generale del Regno, e già nel novembre 1883 la Corte d’Appello accoglie il ricorso e ordina la cancellazione dell’avvocatessa Lidia Poët dall’albo. Alcuni aspetti della sentenza, tuttavia, lasciano trasparire, oltre alle cosiddette argomentazioni giuridiche, tutti gli stereotipi di una cultura maschilista. Insomma, si afferma che l’avvocatura è un mestiere per uomini. In sintesi, esercitare esporrebbe le donne ad affrontare argomenti troppo impegnativi per le loro limitate forze intellettuali e morali, o inadatti alla loro natura, e che le distrarrebbero anche dai loro doveri familiari. Inoltre, la toga è un indumento troppo austero per essere indossato sopra gli abiti frivoli sovente usati dalle donne.
La nostra caparbia Lidia presenta subito ricorso in Cassazione, ma la suprema corte, nell’aprile del 1884, purtroppo conferma la decisione della Corte d’Appello, affermando che “la donna non può esercitare l’avvocatura”, in quanto ufficio pubblico non espressamente previsto dalla legge per il gentil sesso.
Le sentenze accendono un intenso dibattito nel Paese, con la maggioranza dei giornali schierati in favore della prima avvocatessa d’Italia. Questo, tuttavia, tristemente non cambierà il risultato: Lidia non potrà esercitare a pieno titolo la professione, e si dovrà limitare a collaborare col fratello, Giovanni Enrico, anch’esso avvocato.
Tutto questo viene narrato nella serie Netflix, in cui Lidia fa l’avvocatessa, diciamo così, in modo ‘non ufficiale’, e si trasforma anche in una brillante detective che riesce a trovare i colpevoli di alcuni delitti che avvengono a Torino. Ma le sue geniali intuizioni devono sempre realizzarsi all’ombra del fratello, e così il finale di stagione ci fa vedere una Lidia in bilico tra la decisione di emigrare in America, dove sarebbe libera di esercitare, e l’affetto per i suoi cari e la sua terra.
La vera Lidia, tuttavia, non cesserà mai di combattere. Continuerà a lavorare col fratello, ma dirigendo anche le sue energie nella difesa dei diritti non solo delle donne, ma anche dei minori e degli emarginati. Accesa sostenitrice del diritto di voto per le donne, e dei diritti dei detenuti, parteciperà come delegata a diversi congressi internazionali. Nel 1895 viene nominata Officier d’Académie dal governo francese, proprio per la sua attività a favore dei detenuti.
È solo nel 1919, con l’introduzione della Legge Sacchi, che le donne vengono autorizzate a ricoprire uffici pubblici, e così, l’anno successivo, quando ha ormai 65 anni, Lidia Poët può rientrare nell’Ordine degli Avvocati, mantenendo comunque il suo primato di prima donna d’Italia a esservi ammessa.
Lidia muore a 93 anni, il 25 febbraio 1949. Riposa nella sua Perrero. Il 28 luglio 2021, il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Torino le dedica un cippo commemorativo nei giardini del Palazzo di Giustizia. Su di esso troviamo scritto: “Lidia Poët, prima avvocata in Italia. Iscritta dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torino nel 1883″.
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