Su un palco in formato 16:9, quasi a ricordare lo schermo di un cinema, si stanno svolgendo in questi giorni al Maggio Musicale Fiorentino le rappresentazioni di The Rake’s progress – in italiano La carriera di un libertino – di Igor Stravinskij, una gemma del compositore russo del XX secolo che vide la sua prima assoluta proprio in Italia, al Teatro la Fenice di Venezia. Quest’anno, a 72 anni di distanza dalla storica primissima, il teatro fiorentino l’ha sapientemente inserito all’interno del Festival di Carnevale dedicato al Faust. A legare questo titolo al festival contribuisce sicuramente la figura di Shadow, il diavolo il cui nome allude all’ombra: lui stesso si definisce infatti l’ombra di Tom, il protagonista, che corrisponde invece al “Faust” della situazione.
Una produzione caratterizzata sicuramente dal marcatissimo uso di effetti video, a cura di Ergo Phizmiz, che ancor prima dall’apertura del sipario hanno dominato la scena, incorniciando i cantanti ed i pochi oggetti di scena (soprattutto all’inizio dell’opera) dando vita ad uno spettacolo di colori e dinamicità visiva molto piacevole per il pubblico ma talvolta forse eccessivo. Molto belle le luci a cura di Charlotte Burton, che hanno saputo sottolineare le personalità e gli stati d’animo dei personaggi, a partire dai colori brillati e stravaganti del bordello di Mother Goose fino ai solenni riflettori puntati sul povero Tom ormai morto a causa del cuore spezzato alla fine dell’opera. In sinergia con le luci hanno dato spettacolo anche i costumi di Anne Jones – a cui sono state affidate anche le scene – che con i loro tessuti argentei e le loro forme stravaganti hanno saputo inserirsi bene nel contesto generale; si distacca forse troppo dalla versione tradizionale il costume di Baba la Turca, pelata invece di barbuta.
Una regia che ci tiene nel mondo contemporaneo, calando la storia in una Londra dominata dalla tecnologia e dai social. Una metropoli di cemento e acciaio che si oppone alla campagna dominata dal verde, una società dipendente dal piacere sfrenato e dai soldi in contrapposizione alla purezza della natura e del vero amore. La lettura di Frederick Wake-Walker si incentra quindi su questo dualismo centrale, sviluppando una riflessione sull’utilizzo della tecnologia e sulla condizione del cittadino nella grande metropoli. Il lavoro di Wake-Walker si è dovuto inoltre rapportare alla Sala Mehta, più adatta ai concerti sinfonici; il regista ha ovviato al problema dello spazio e della difficoltà di cambiare velocemente sceneggiatura facendo largo utilizzo di teli di varie opacità su cui venivano proiettati i vari effetti video. Molto suggestiva la scena della partita a carte tra Nick Shadow e Tom, con quella tomba al centro del palco unica fonte luminosa.
Grandissima ed applauditissima direzione da parte del maestro Daniele Gatti, che ha saputo guidare perfettamente le varie parti in scena dando vita ad un’interpretazione molto “colorata”; tra tutti gli artisti che hanno partecipato a questa produzione lui è sicuramente stato quello giustamente più applaudito. Come al solito anche l’Orchestra ed il Coro del Maggio Musicale Fiorentino si dimostrano di altissima qualità, rendendo questa produzione degna di nota.
Lo spettacolo ci presenta una Anne in abiti settecenteschi, unico personaggio che insieme al padre non si adatterà alla modernità, interpretata da Sara Blanch. Il soprano, seppur con una piccolissima incertezza appena aperto il sipario, ha dato vita ad una Anne applauditissima dal pubblico in sala, mostrando una grande padronanza dello strumento vocale e risultando la migliore cantante sul palco. Bravo nel complesso anche Matthew Swensen con il suo Tom, che si fa però coprire dall’orchestra in qualche occasione. Applausi anche per Vito Priante, un Nick Shadow impeccabile, sia nel canto che nell’impersonare perfettamente il diavolo truffaldino con le sue movenze ambigue e maligne. Priante si distingue anche per una buona potenza sonora ed una dizione molto chiara. Buona anche la performance di Adriana di Paola, che con una buona coloritura ed una stravagante recitazione riesce a delineare una minuziosa silhouette del personaggio di Baba la turca, letta in chiave moderna impugnando smartphone ed esibendosi in un circo tutto particolare: i social. Gradevoli prove anche da parte degli altri membri del cast: James Platt è un Father Trulove sicuro e solenne, Christian Collia è un Sellem divertente ed irriverente ed infine Marie-Claude Chappuis è una Mother Goose senza freni e vestita con una gonna luminosa perfettamente in tema.
Le prossime recite in programma si svolgeranno il 19 ed il 26 marzo alle 15:30, nella Sala Zubin Mehta del Teatro fiorentino.