A seguito della presentazione del libro Contro tutti i muri. La vita e il pensiero di Franca Ongaro Basaglia (Editore Donzelli, pubblicato nel 2022) del 4 marzo presso la biblioteca delle Oblate di Firenze, la sua autrice Annacarla Valeriano ci ha gentilmente concesso un’intervista con cui spiega la sua scelta e da cui emerge una conoscenza di prima mano dell’argomento trattato nell’opera. Ma prima di passare la parola alla scrittrice, ci si sofferma sulla sua formazione e le tematiche fondamentali del suo ultimo libro.
Valeriano, dopo aver studiato Storia contemporanea presso l’Università di Teramo, ha lavorato presso l’Archivio della memoria abruzzese della Fondazione Università di Teramo, impegnato nella conservazione e divulgazione della storia locale, e si è dedicata alla scrittura. Tra i suoi scritti si annoverano Ammalò di testa. Storie dal manicomio di Teramo (1880-1931) (2014), Malacarne. Donne e manicomio nell‘Italia fascista (2017) (con cui ha ottenuto vari riconscimenti, rispettivamente il premio di saggistica Città delle Rose, miglior autore abruzzese, i premi Franco Enriquez e Francesco Alziator nel 2014 e il premio nazionale di cultura Benedetto Croce, sezione saggistica nel 2018) e infine Contro tutti i muri. La vita e il pensiero di Franca Ongaro Basaglia. Quest’ultimo, attraverso l’operato di Franca Ongaro, spesso dimenticata, ma di fondamentale importanza nella storia recente, tratta principalmente le vicende che concernono la legge 180 (1978); tale legge sancì la de-istituzionalizzazione dei manicomi, ossia la loro chiusura e la nascita di un nuovo sistema di centri adibiti all’assistenza di malati mentali, di una maggiore trasparenza nel rapporto tra personale e familiari dei pazienti. I manicomi infatti erano simili a lager, realtà di isolamento in cui veniva calpestata la dignità umana degli internati, sedati e disumanizzati da brutali metodi di contenzione, in genere all’insaputa di chi era fuori. La rivoluzione culturale e sociale che questo passaggio ha rappresentato e rappresenta tutt’ora è enorme, tuttavia non vi mancano controversie e problematiche. Il cambiamento è nato dai coniugi Franco e Franca Basaglia e dalla società di cui erano promotori Psichiatria Democratica ma, a seguito della morte di lui, psichiatra rivoluzionario, la moglie scrittrice e parlamentare per due legislature (1983-1992) cercò di preservarlo, scrivendo e agendo attenta alle problematiche sociali della sua epoca. Ongaro si dedicò, oltre che ai pazienti psichiatrici, anche alle esigenze dei loro familiari, ai tossicodipendenti, alla condizione della donna, insomma a coloro che giudicava oppressi da sistemi ingiusti ma migliorabili; lei credeva in e si impegnò per un miglioramento, non è rimasta a guardare come tanti, cosa che la rende ammirevole e memorabile.
Ora diamo la parola alla studiosa Valeriano, che si ringrazia per la disponibilità.
Qual è il suo rapporto con la scrittura e cosa riesce a esprimere attraverso essa in confronto a altri mezzi espressivi, come la pittura, la musica …?
«Per me sicuramente la scrittura è un modo per comunicare quello che ho capito e che voglio raccontare agli altri. Quindi, alla stregua di Franca Ongaro, la scrittura è un mio strumento di comprensione del mondo. È qualcosa che però vivo in modo controverso: per me la scrittura è fatica; per scrivere bene bisogna riuscire a trovare la giusta dimensione mentale di concentrazione, e quindi la scrittura è faticosa, ma nel momento in cui si riesce a concretizzare diventa qualcosa di molto gradevole, davvero chiarificatore dei propri pensieri circa e con il mondo.»
Come si possono collegare gli eventi trattati nel libro all’attualità, in questa società assuefatta a smaniosi “mi piace”, “non mi piace”, che troppo spesso semplificano e traggono in errore, come sottolineava il Dottor Serra?
«Le battaglie che sono state condotte in passato per distruggere i manicomi e più in generale per eliminare la cultura della segregazione sono ancora oggi attuali, per due ragioni: i diritti non sono mai conquistati definitivamente e quindi dobbiamo mantenerci vigili e attenti affinché non si torni indietro; nonostante ormai la legge 180 abbia vietato di costruire nuovi manicomi, c’è sempre la tentazione di tornarci, perché tornare al manicomio vuol dire silenziare le contraddizioni; contraddizioni vissute in tante realtà come qualcosa di scomodo. Bisogna insomma fare tesoro di tali battaglie perché i servizi per i ricoverati sono migliori rispetto a quelli degli inizi, tuttavia a volte non riescono a soddisfare tutti i bisogni delle persone. La contenzione è inoltre purtroppo ancora un mezzo usato per calmierare i pazienti.»
Come spiega la differenza tra la de-istituzionalizzazione e de-ospedalizzazione coatta?
«La de-istituzionalizzazione è stato un percorso di apertura del manicomio al mondo: significa distruggere il principio e la cultura della segregazione alla base della situazione, cosicché gli internati ritrovino la collocazione nel mondo come persone, invece di rifiuti da isolare. Ciò ha portato a distruggere l’istituzione e creare invece servizi capaci di rispondere alle esigenze dei più fragili e delle rispettive famiglie. La de-ospedalizzaione è un’altra cosa, perché significa smantellare luoghi fino ad allora adibiti all’assistenza sanitaria dei pazienti, così abbandonati a un destino ignoto.»
Ha pensato a un pubblico di lettori in particolare scrivendo il libro?
«Scrivendo libri ho sempre pensato a un pubblico non accademico, perché per me era fondamentale non la platea degli accademici, ma della gente comune: sono temi che ritengo intrecciare sensibilità e albergare nell’animo di ognuno di noi.»
Quali sono a suo parere controversie e problematiche da sottolineare, scaturite, nel passato e nell’odiernità, dalla legge Basaglia?
«Il percorso culturale che ha portato all’approvazione della legge 180 ha dimostrato che è possibile pensare alla cura dei più fragili e alla stessa malattia mentale in modo diverso rispetto al passato, eliminando la segregazione e restituendo diritti e voce ai bisogni delle persone. Tuttavia, questa restituzione di dignità alla fragilità in passato è stata molto faticosa perché per lungo tempo i territori hanno stentato a dare concreta attuazione alla legge 180 e di fatto tanti manicomi sono stati chiusi veramente solo alla fine degli anni ‘90. Nel presente credo che si debba lavorare ogni giorno per fare in modo che la rete dei servizi di salute mentale scaturita dalla 180 sia sempre capace di rispondere ai bisogni delle persone. Spesso, per mancanza di risorse e persone, non è così e le famiglie si sentono abbandonate.
Ha parlato di come si è avvicinata alla storia dei manicomi, tematica molto sentita. Ma la scelta di conciliare le testimonianze della vita dei ricoverati alla condizione femminile invece da dove nasce?
«Studiando le cartelle cliniche delle ricoverate in manicomio mi sono resa conto di quanto in passato tante donne siano state punite per il semplice fatto di voler essere autonome in una società che cuciva addosso ai loro corpi e alle loro identità dei ruoli predefiniti. Il collegamento al femminismo è stato quasi inevitabile perché le cartelle cliniche fanno emergere in controluce quanto sia stato tortuoso il percorso per giungere a cambiare le leggi che facevano delle donne delle mezze persone nella società»
Pensa di continuare a scrivere o comunque fare ricerca su queste tematiche, o pensa di indagare nuovi orizzonti?
«Al momento penso di aver detto tutto ciò che volevo dire con i libri che ho scritto, quindi non sto lavorando ad un nuovo libro. Ma non è detto che in futuro io non riprenda nuovamente in mano le parole per raccontare una nuova storia agli altri.»
La scelta di Franca Ongaro invece di Franco Basaglia come “protagonista” del suo libro rimanda a un voler completare la trattazione dei manicomi con il “tassello” della legge 180 attraverso Ongaro, personaggio femminile e attualmente un po’ dimenticato, oppure la sua scelta è dovuta anche a una sorta di vicinanza di pensiero che sente nei confronti di Ongaro?
«La motivazione che mi ha spinto a occuparmi di Franca Ongaro è legata al fatto che ritengo sia stata una donna intellettuale ampiamente trascurata dalla storiografia; nel rievocare la rivoluzione culturale che ha portato alla distruzione dei manicomi in Italia la narrazione è sempre stata sbilanciata sulla figura di Franco Basaglia e si è messo in secondo piano il ruolo fondamentale avuto da Franca Ongaro nella medesima impresa e poi nella successiva applicazione e difesa della legge 180.
Studiando Franca Ongaro mi sono accorta di quanto il suo pensiero fosse vicino al mio e mi corrispondesse; ciò non ha fatto altro che motivarmi ulteriormente nella riscoperta della sua figura.»