Dopo un investimento di ben 280 milioni di euro e quasi un anno di attesa, la Sala Grande del Teatro del Maggio Fiorentino, con la sua nuovissima e moderna macchina scenica, torna ad ospitare le grandi voci del panorama lirico mondiale con la prossima grande produzione, degna conclusione di questo festival d’autunno: il Don Carlo di Giuseppe Verdi.
L’opera verrà messa in scena dal 27 dicembre per un totale di cinque recite; altre date in programma sono il 30 dicembre 2022 ed il 3,5 e 8 gennaio 2023. Con la conclusione dei lavori il teatro fiorentino può ora vantare ben due sale ed una cavea, tutte quante operative e pronte per essere utilizzate per rappresentare ogni tipo di grande spettacolo.“Non sarà più un teatro comunale, ha affermato il sovrintendente del Maggio Alexander Pereira, ma un’istituzione culturale”. Il Don Carlo di Verdi, il terzo e ultimo componimento di questo Festival d’Autunno del Maggio Fiorentino, vedrà la direzione del Maestro Daniele Gatti e la regia di Roberto Andò. Tra i membri della compagnia di canto spiccano sicuramente diversi nomi: uno tra questi l’italiano Francesco Meli – tenore di fama internazionale già presente nella scorsa produzione al Maggio Musicale dell’Ernani – che interpreterà Don Carlo; Eleonora Buratto vestirà invece i panni di Elisabetta di Valois; Mikhail Petrenko reciterà Filippo II; mentre il ruolo di Rodrigo sarà di Roman Burdenko, il quale verrà sostituito da Massimo Cavalletti per la recita dell’otto gennaio 2023; Ekaterina Semenchuck si calerà nei panni della regale principessa Eboli ed infine vedremo Alexander Vinogradov come “Il Grande Inquisitore”. Sei protagonisti: è questo elemento che rende l’opera unica e così complessa nella sua esecuzione. “Se sbaglia anche solo un cantate si rischia un calo della qualità”, ha commentato il sovrintendente Pereira, che sottolinea l’importanza di avere come in questa produzione un grandioso cast, che permetterà al Don Carlo di superare ogni difficoltà e di raggiungere un meritato successo.
Daniele Gatti, direttore principale del teatro fiorentino, torna a dirigere quest’opera dopo 14 anni, tentando però di valorizzarne l’aspetto drammaturgico. Egli evidenzia lo scontro tra il dovere dei personaggi, imposto loro da regole ferree fortemente presenti nelle corti reali, ed il loro aspetto più intimo e umano all’interno delle relazioni tra i protagonisti. Questo conflitto interessa particolarmente il direttore che guarda alla parte tipica del dramma per far risaltare le personalità di ogni personaggio, attraverso i vari colori delle loro voci. Filippo II è il personaggio del quale il Maestro Gatti ha descritto più nel dettaglio e questo è dovuto alla “Metamorfosi radicale” alla quale viene sottoposto, che fa emergere il re spagnolo con una profondità inaudita; quest’immagine è stata costruita insieme al regista Roberto Andò con cui il direttore d’orchestra, nonostante fosse la prima loro collaborazione, ha trovato un’ottima intesa consentendo a questa neo-squadra di far evolvere il progetto dell’opera nel migliore dei modi. Gatti incentrerà la reinterpretazione dell’opera su ciò che Verdi ci ha lasciato scritto sui suoi spartiti molto puntuali, lasciando quindi immacolato lo splendido originale profilo psicologico dei protagonisti dell’opera. Andò ribadisce la complessità del Don Carlo. L’ascoltatore può comprenderla solo partecipando al viaggio preparatorio per la sua esecuzione. Il regista discorre anche sul “pessimismo tragico” che circonda quest’opera, in particolare nelle relazioni interpersonali come quelle tra Filippo e sua moglie, un matrimonio drammatico. La parola passa a Francesco Meli che, tornando una seconda volta a cantare il Don Carlo dopo cinque anni, si dichiara contento di avere questa occasione che gli permette di esibirsi e lavorare “in famiglia” insieme ad un cast magnifico e in parte già conosciuto. Il fulcro del suo discorso risiede tuttavia nell’importanza della reinterpretazione ed immersione dell’opera da parte della platea e dei cantanti sul palco, per far sì che ogni opera sia bella anche e soprattutto nella sua unicità. Dopo il suo debutto con il Don Carlo, nel mese di novembre col medesimo ruolo di Elisabetta, Eleonora Buratto è stata inserita in questo cast a causa di una “chiamata SOS”. Quello che interpreterà sarà un ruolo di una regina vittima di imposizioni politiche, un’Elisabetta che ha dato tutto ciò di cui disponeva al suo amore, Filippo II, che nel terzo atto si scoprirà essere traditore della sua consorte. Mikhail Petrenko, impegnato nel ruolo di Filippo II re di spagna, apre parlando del suo personaggio e lo fa in modo conciso conducendo un discorso sulla lezione che Verdi, attraverso il re spagnolo, passa ai leader di ogni livello. La lezione che impartisce è il consiglio di fare proprio l’opposto del monarca e cioè fondare la pace non attraverso sacrifici e violenza ma sull’amore. L’amore è proprio il contrario di ciò che prova Filippo: paura e dubbio, due emozioni che lo accompagnano lungo tutta l’opera consumandolo. Il lirico russo conclude dichiarandosi contento della sua presenza in questo formidabile cast, ringraziando il sovrintendente Pereira per la fiducia nei suoi confronti. Ekaterina Semenchuk ha espresso la serenità che prova lavorando nuovamente sull’opera italiana, in particolare sul Don Carlo, insieme ad un collaboratore ormai di vecchia data come Daniele Gatti, con il quale ha già lavorato molte volte. La cantante percepisce ancora quelle forti emozioni del suo debutto che rinvigoriscono la sua passione migliorando così le prestazioni canore. Chiude condividendoci la speranza dell’intero teatro: “Siamo qui per provare a fare un perfetto Verdi “