CINA, PECHINO Si è da pochi giorni concluso il ventesimo congresso quinquennale del partito comunista cinese, noto ai locali come Ershi Da (二十大, “il ventesimo”), nel quale il sessantanovenne segretario del partito comunista cinese Xi Jinping ha reso il suo potere più saldo che mai con la terza elezione, infrangendo un record storico (nonché una legge) di due mandati consecutivi. Durante il congresso, tenutosi a porte chiuse nella Grande Sala del Popolo, Xi è stato incaricato per la terza volta del mandato di segretario generale del partito (ruolo che comporta di conseguenza la presidenza della Repubblica Popolare Cinese, che deteneva dal 2013) tramite una votazione all’unanimità. Ma oltre al non molto sorprendente risultato dell’elezione, sono stati altri eventi ad attirare l’attenzione della stampa internazionale.
L’INFLUENZA DI XI Il congresso ha visto operare diversi emendamenti alla costituzione del partito, che includono maggiore opposizione al movimento separatista di Taiwan, l’affermazione del PCC come lo scalino più alto nella gerarchia del potere e altri ammodernamenti miscellanei. Nel discorso d’apertura dalla durata di 104 minuti Xi ha rimarcato la crescente importanza a livello internazionale della Cina, come si legge nella trascrizione ufficiale disponibile online: “Compagni, il Partito ha raggiunto traguardi spettacolari attraverso grandi sforzi durante lo scorso secolo, e nuovi sforzi condurranno certamente ad altri traguardi spettacolari […] Teniamo a mente che discorsi futili non faranno niente per il nostro Paese; solo il duro lavoro può renderlo rigoglioso”.
HU JINTAO ESPULSO La notizia che ha fatto più scalpore circa il congresso è stata certamente l’allontanamento del predecessore di Xi Jinping, Hu Jintao, dalla sede della votazione. Le enti televisive responsabili della copertura hanno trasmesso in tutto il mondo le immagini dell’ex presidente cinese trasportato (apparentemente contro la sua volontà) fuori dall’assemblea del partito, poco dopo il termine del voto. La questione non è così semplice come può sembrare: l’allontanamento di Hu Jintao ha infatti destato la curiosità di esperti e opinionisti a livello internazionale.
Impressioni e speculazioni a parte, è opportuno considerare quali siano i dati disponibili:
- Stando all’agenzia di notizie ufficiale cinese Xinhua, Hu avrebbe “insistito a partecipare” al congresso nazionale nonostante nonostante il suo stato di salute cagionevole: l’ex segretario sarebbe quindi stato scortato fuori dalla Sala in seguito ad un malore. A spezzare una lancia a favore di Xinhua è il deterioramento della salute fisica e mentale di Hu, dalla parvenza fragile dopo il suo ritiro nel 2013.
- Le immagini dell’uscita di Hu, avvenuta durante la cerimonia conclusiva del Congresso, non sono state trasmesse sulle né sulle reti televisive né sui social media cinesi: su Sina Weibo (su cui il governo opera una rinomata censura) la ricerca di alcune parole chiave (ex. “portato via”, “lasciare il meeting”) è stata ristretta onde evitare anche velati riferimenti all’incidente.
- Poco prima della vicenda si è verificato uno scambio di battute fra Hu e un altro big della politica cinese, Li Zhanshu, stretto alleato di Xi Jinping: a Hu sembrerebbe essere stato impedito l’accesso ad alcuni documenti, posizionati da Li sotto una cartella rossa, allontanata da questi dopo un tentativo dell’ex presidente cinese di prenderne visione.
Ad oggi, ancora è ben poco chiaro cosa sia davvero accaduto a Pechino. Steve Tsang, direttore dell’istituto cinese del SOAS di Londra, sostiene che l’uscita di scena di Hu non fosse affatto programmata, e che questi avesse assunto atteggiamenti non graditi al neoeletto numero uno del partito: “Xi ha ridotto la Lega della Gioventù Comunista Cinese (di cui Hu Jintao fu leader, ndr) ad una fazione insignificante”.
Altri, invece, pensano che si sia trattato di un gioco di potere di Xi, che intendeva umiliare il suo predecessore escludendolo da un momento cruciale per la politica cinese come il Congresso: Wen-Ti Sung, docente di scienze politiche all’Università Nazionale Australiana (ANU), sostiene che se Xi avesse voluto sbarazzarsi di Hu discretamente, lo avrebbe fatto prima dell’ingresso della stampa estera.
Qualunque sia la realtà, è certo che questo avvenimento segni una svolta decisiva nella politica cinese, che vede il potere ancora più accentrato nella figura di Xi Jinping, ormai circondato solo da fedelissimi lealisti nel Politburo (organo collegiale che include i pesi massimi del governo cinese). Ciononostante, l’evento in sé potrebbe ancora trattarsi di una circostanza contingente senza importanti ripercussioni sull’apparato politico. D’altronde, non è certo la prima volta che il pubblico internazionale assiste all’espulsione di un funzionario dello Stato da un’assemblea: suole (e duole) ricordare l’indecoroso incidente di Montecitorio verificatosi nel giugno 2020, quando il deputato Vittorio Sgarbi è stato espulso forzatamente dall’Emiciclo. Nonostante nel caso citato non ci sia stato niente di cui preoccuparsi, è impossibile al momento escludere alcuna ipotesi circa la sorte di Hu Jintao.