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Arte: il ”Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo in mostra a Palazzo Vecchio

Una delle più celebri opere pittoriche realizzate a cavallo tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento sarà visibile nel Salone dei Cinquecento fino al prossimo 30 giugno

Lo scorso 30 aprile il Comune di Firenze, grazie alla collaborazione con il Comune di Milano, ha presentato nel cuore di Palazzo Vecchio la grande tela di Pellizza da Volpedo “Il Quarto Stato”, eccezionalmente concessa in prestito dal Museo del Novecento di Milano.

Il progetto nasce dalla relazione tra le due città, già avviata in occasione della mostra dedicata alle “Tre Pietà” michelangiolesche in corso al Museo dell’Opera del Duomo di Firenze.

Il Primo Maggio, prima giornata di esposizione, il monumentale dipinto è stato ammirato da ben 2.198 visitatori.

L’opera. Acquisito dal Comune di Milano nel 1920, “Il Quarto Stato” è stato esposto inizialmente a Palazzo Marino, successivamente alla Galleria di Arte Moderna e dal 2010 è custodito al Museo del Novecento di Milano. Frutto di un processo creativo durato dieci anni, il dipinto rappresenta un archetipo figurativo conosciuto universalmente che esprime con potenza realistica ed espressiva il mondo del lavoro, richiamando tematiche legate alle lotte per i diritti e ai principi costituzionali. 

Il primo bozzetto dell’opera sul tema dello sciopero (Ambasciatori della fame) risale al 1891 ed era già ambientato nella piazza della natia Volpedo. In seguito, attraverso numerosi studi e variazioni, l’artista giunse tra il 1895 e il 1896 a una tormentata versione intermedia (Fiumana), oggi custodita presso la Pinacoteca di Brera. Pellizza, insoddisfatto di “Fiumana” e in cerca di una maggiore oggettività pittorica, ripartì, nel 1898, pensando una nuova tela, “Il cammino dei lavoratori”, che riduceva il numero delle figure sullo sfondo, e aumentando le dimensioni del supporto avvicinava i personaggi in primo piano allo spettatore rendendoli più monumentali e realistici.
La stesura de “Il cammino dei lavoratori” richiese tre anni. Pellizza poté posare il pennello solo nel 1901 quando, a opera completa, decise di darle un nuovo titolo: “Il Quarto Stato”.

“Il Quarto Stato” raffigura un gruppo di braccianti che marcia in segno di protesta in una piazza, presumibilmente quella Malaspina di Volpedo. L’avanzare del corteo non è violento, ma lento e sicuro, a suggerire una chiara sensazione di vittoria. Il significato del dipinto si discosta da quello dei precedenti “Ambasciatori della fame” e “Fiumana”: mentre prima Pellizza voleva solo disegnare una manifestazione di strada, ora intende celebrare l’imporsi della classe operaia, il «quarto stato» per l’appunto, a fianco del ceto borghese.

In primo piano, davanti alla folla in protesta, sono definiti tre soggetti, due uomini e una donna con un bambino in braccio. La donna, che Pellizza plasmò sulle fattezze della moglie Teresa Bidone, è a piedi nudi, e invita con un eloquente gesto i manifestanti a seguirla: la sensazione di movimento trova espressione nelle numerose pieghe della sua veste. Alla sua destra procede quello che probabilmente è il protagonista della scena: un uomo che, con una mano nella cintola dei pantaloni e l’altra che regge la giacca appoggiata sulla spalla, procede con disinvoltura. Alla sua destra vi è un altro uomo che avanza muto, pensoso, con la giacca fatta cadere sulla spalla sinistra.

La quinta costituita dal resto dei manifestanti si dispone sul piano frontale: quest’ultimi rivolgono lo sguardo in più direzioni e compiono gesti molto naturali.

“Il Quarto Stato” viene presentato al pubblico per la prima volta nel 1902 all’Esposizione internazionale di arte decorativa moderna di Torino, insieme con un’altra importante tela pellizziana, “Il tramonto”. Inizialmente l’opera non verrà compresa, ma anzi interpretata come una scena di rivolta o sciopero e quindi ripugnata dai benpensanti e dalle autorità politiche del tempo. ​

Il dipinto rappresenta una risposta ai sanguinosi eventi milanesi del 1898 (quando, durante i moti popolari, il generale Bava Beccaris fece sparare sulla folla provocando una strage) e risente profondamente del socialismo umanitario ed evoluzionistico maturato nel tempo dall’artista.
La folla non è più ritratta in un momento di pacifica protesta ma avanza sicura verso un futuro più sereno. Il “quarto stato”, cui fa riferimento il titolo, è la classe lavoratrice che viene rappresentata attraverso lo scenografico realismo. 

Con “Il Quarto Stato” l’opera non ricerca più l’accoglienza del gusto borghese, ma si prefigge la comunicazione dell’urgenza politica e sociale del soggetto, ricorrendo a una tecnica esecutiva moderna, che reinterpreta i modi del puntinismo francese.

Successivamente al debutto sconfortante del 1902, l’opera torna a far parlare di sé in varie occasioni ma è divenuta iconica solo in seguito all’associazione del grande dipinto a una rinnovata utopia sociale, spesso celebrata nel corso delle manifestazioni per il Primo Maggio. Il critico Corrado Maltese consacrò il dipinto quale «monumento più alto che il movimento operaio abbia mai potuto vantare in Italia». Tra gli omaggi resi a questa tela fortemente rappresentativa, si può ricordare anche lo splendido lunghissimo piano-sequenza posto a sfondo dei titoli di testa del film Novecento di Bernardo Bertolucci.

L’autore. Giuseppe Pellizza (Volpedo 1868 – ivi 1907) espose per la prima volta a Brera nel 1885. Terminati gli studi milanesi, decise di proseguire il tirocinio formativo recandosi a Roma, dapprima all’Accademia di San Luca, poi alla scuola libera di nudo all’Accademia di Francia a Villa Medici. Deluso da Roma, abbandonò la città prima del previsto per recarsi nel 1893 a Firenze, dove frequentò l’Accademia di Belle Arti come allievo di Giovanni Fattori e dove rimarrà fino al 1895. 

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