Pochi giorni fa la Nazionale di calcio ha affrontato la partita contro al Macedonia del Nord, semifinale dei playoff per accedere al Campionato del Mondo che si svolgerà in Qatar dal 21 novembre al 18 dicembre 2022. Il risultato lo sappiamo tutti, la notizia ha fatto il giro del mondo: l’Italia, campione d’Europa in carica, non giocherà il Mondiale per la seconda volta consecutiva, una tragedia sportiva e non solo. A otto anni dall’ultima partita giocata in un Mondiale (Brasile 2014) e sedici dall’ultima a eliminazione diretta (Germania 2006), siamo costretti a girare indietro lo sguardo e analizzare le cause di un fallimento senza precedenti.

Per la partita contro la Macedonia, Mancini, commissario tecnico della Nazionale, fa affidamento agli uomini che 256 giorni prima hanno trionfato nella notte di Wembley conquistando il secondo titolo europeo per l’Italia (il primo nel 1968). Pesanti alcune assenze come quella di Chiellini (che entrerà a fine gara), Bonucci e Chiesa, rimasto a casa per uno stiramento del legamento crociato. L’Italia domina il gioco ma non riesce a essere incisiva, ben 32 i tiri azzurri, appena 4 quelli dei macedoni: a fare la differenza, però, è stato l’unico verso la porta di Trajkovski al 92o.

Niente Qatar. Torniamo in quell’inferno già conosciuto tante volte negli ultimi 15 anni nonostante a luglio ci fossimo illusi di esserci ripresi il nostro posto nel panorama calcistico internazionale. Dopo la vittoria dell’Europeo la squadra non è stata più la stessa, dal pareggio casalingo contro la Bulgaria fino alle due partite contro la Svizzera che hanno decretato il secondo posto del girone e l’accesso ai playoff. Potremmo semplicemente incolpare Jorginho per aver sbagliato quei due rigori contro gli elvetici che ci avrebbero sicuramente mandato in Qatar, ma sarebbe sbagliato. Esclusa la gara con la Lituania, gli azzurri dopo Euro 2020 hanno segnato massimo un gol a partita, troppo poco per i campioni d’Europa. Se si confronta il reparto offensivo a disposizione di Mancini con quello di inizio secolo si nota un netto peggioramento: nel 2006 l’Italia aveva a disposizione Totti, Del Piero, Toni, Gilardino, Iaquinta e Inzaghi; per la partita con la Macedonia sono stati convocati Berardi, Immobile, Insigne, Joao Pedro, Politano e Raspadori. All’Europeo questo problema era mascherato dal gioco proposto e dalle giocate di un imprevedibile Chiesa, oggi manca più di qualcosa.

Si dice che la Nazionale sia lo specchio del livello delle squadre di club. Nel caso italiano questa relazione vale da diverso tempo. A livello europeo non vinciamo una Champions League dal Triplete di Mourinho del 2010, e una Coppa Uefa/ Europa League da 23 anni dopo che tra il 1989 e il 1999 ne avevamo vinte ben 8. In questa stagione sono rimaste solo Atalanta e Roma a rappresentare l’Italia rispettivamente ai quarti di finale di Europa League e Conference League. In mezzo ci sono finali perse e soprattutto tanti fallimenti che hanno portato il nostro calcio a diventare una sorta di Serie B europea. Tra i giocatori scesi in campo contro la Macedonia solo quattro hanno giocato un quarto di finale di Champions League, la scarsa esperienza europea degli italiani pesa quando si giocano partite di questa importanza. Inoltre, i club italiani non dispongono delle capacità finanziare delle più importanti squadre europee, non sono in grado di effettuare grandi operazioni di mercato e di conseguenza il livello del campionato si abbassa.

Durante l’anno la Nazionale è vista come un qualcosa di fastidioso sia dai club che dai tifosi. Si ferma il campionato, si ferma il fantacalcio, solo per giocare due o tre partite dal basso interesse mediatico. Però poi all’Europeo siamo tutti tifosi e guai se non andiamo ai Mondiali. Di questo si è lamentato Mancini, il quale parla di “una Nazionale abbandonata a sé stessa”. Probabilmente il CT avrebbe gradito più tempo per preparare la partita contro la Macedonia, ma l’ipotesi di spostare un turno di campionato non è mai stata realmente presa in considerazione da nessuno. C’è anche da dire che trovare una data libera per giocare sta diventando sempre più difficile, si gioca ogni tre giorni e i giocatori ne risentono sia mentalmente che fisicamente.

“Occorre discutere e riflettere sull’utilizzo dei giovani. Se continuiamo così, dovremo pescare dalla Serie C o trovare oriundi”. Si era espresso così nei giorni scorsi il CT della Nazionale Under 21 Paolo Nicolato. “Dobbiamo lavorare per tornare fra 4-5-6 anni ad avere una certa competitività – sottolinea Nicolato -Vanno modificate cose strutturali. È vero che ci sono pochi calciatori italiani che giocano ma è vero anche che c’è un livello dei giovani che è abbastanza basso, ed è basso perché c’è stato un grosso disinvestimento nei settori giovanili, e le società sono in difficoltà e fanno fatica a dare continuità dirigenziale ed anche tecnica. Ci sono una serie di componenti da sistemare”. Sicuramente investire sui giovani italiani ha un costo elevato, per questo motivo i club preferiscono acquistare dall’estero. Solamente il 40% dei calciatori in Serie A è italiano. Per quanto riguarda gli altri campionati europei, la Bundesliga (massimo campionato tedesco) ha il 43% di giocatori tedeschi. I giocatori francesi in Ligue 1 rappresentano il 52,3%, in Premier League gli inglesi sono il 38%. Storia a parte per la Liga, dove i calciatori spagnoli sono più del 60%. Mentre la Serie A si riempie di stranieri che tolgono il posto a italiani di simile capacità, la presenza degli italiani all’estero è altrettanto esigua.

Nel 2010 l’Italia campione del mondo in carica viene eliminata ai gironi dopo aver guadagnato appena due punti contro Nuova Zelanda, Slovacchia e Paraguay, pensavamo di aver toccato il fondo ma non era così: quattro anni dopo, al Mondiale brasiliano, ci attese lo stesso destino, nel 2018 mancammo l’accesso ai Mondiali in Russia, e si arriva così ad oggi, con un’altra mancata qualificazione al torneo sportivo più importante a livello planetario. Sono quattro le Nazionali che hanno vinto un Europeo, ma non si sono però qualificate al Mondiale precedente né a quello successivo. Prima della disfatta dell’Italia contro la Macedonia, era già successo a Cecoslovacchia, Danimarca e Grecia. I prossimi Mondiali saranno nel 2026 e le partecipanti si allargheranno a 48, nella migliore delle ipotesi l’Italia tornerà a giocare un Mondiale dopo 12 anni. 12 anni. Lo ripetiamo perché sembra un’assurdità: l’Italia, con 4 Mondiali e 2 Europei vinti non giocherà una partita di un Campionato del Mondo di calcio per 12 anni.

Il Mondiale è l’evento che un appassionato attende per quattro lunghi anni. Come per Paul Ashworth, protagonista del libro e film Febbre a 90, l’esistenza di milioni di persone è scandita da un pallone che rotola: dai campionati della squadra del cuore fino a Mondiali ed Europei. Non andare al Mondiale per due edizioni consecutive significa privare generazioni intere di vivere emozioni che rimarranno dentro di noi per tutta la vita indipendentemente dal risultato sportivo, perché riunirsi e tifare insieme è già bellissimo così.

Nel 2017 l’Italia guidata da Gianpiero Ventura falliva l’accesso al Mondiale dopo un deludente 0-0 contro la Svezia. Sembrava il giorno più basso per il nostro calcio, ma non era così, perché la partita contro la Macedonia ha riscritto la storia: sconfitti all’ultimo minuto, in casa al Renzo Barbera di Palermo, contro una nazionale che occupa il 67° posto nel ranking Fifa. Cinque anni fa il CT Ventura venne considerato maggiore responsabile della disfatta: zero gioco, zero idee e tanta confusione. Processare allo stesso modo Mancini, che ci ha portato sul tetto d’Europa quando nessuno (tranne lui) ci credeva, sarebbe sbagliato. Con questo non si intende che il CT non ha colpe, perché ne ha. Puntare sugli stessi giocatori dell’Europeo, nonostante la fase calante, si è dimostrato un errore. Un errore commesso anche da diversi suoi predecessori: al Mondiale del 2010 Marcello Lippi convocò molti degli uomini che quattro anni prima avevano trionfato a Berlino senza rendersi conto che buona parte di questi avevano già dato tutto quello che avevano. La permanenza di Mancini alla guida dell’Italia rappresenta la prima certezza che abbiamo per ripartire.

Ora il Sistema calcio deve aiutare Mancini, perché la situazione attuale non è d’aiuto. Gravina, presidente della FIGC, il 14 febbraio chiese di rinviare la giornata di campionato del 20 marzo per concedere più tempo a Mancini per preparare la partita contro la Macedonia. Tuttavia le società erano troppo impegnate a trovare un presidente, eletto l’11 marzo con 11 voti a favore su 20. Non andare a due Mondiali consecutivi rappresenta un danno enorme per un’industria che muove milioni di euro. Dobbiamo capire che senza una crescita costante dei ricavi complessivi, senza investimenti nei settori giovanili, senza coraggio nelle scelte tecniche, non si va da nessuna parte e tra quattro anni saremo ancora a questo punto. Un altro problema mai realmente affrontato riguarda le riforme dei campionati. La volontà di diminuire le squadre della Serie A da 20 a 18 viene spesso ribadita, tuttavia non viene mai fatto niente di concreto. La diminuzione delle squadre porterebbe a un alleggerimento dei calendari e alzare il livello del calcio italiano. Il sistema italiano ormai è obsoleto e va ridefinito ispirandosi a quello tedesco.

L’Italia tornerà in campo tra due mesi per giocare cinque partite nel giro di due settimane. Si inizia con la “Finalissima” contro l’Argentina per poi passare alle partite della terza edizione della Nations League contro Inghilterra, Germania e Ungheria. Scordarsi la partita con la Macedonia sarà impossibile, i rimorsi rimarranno almeno fino a novembre, quando la Serie A si interromperà causa Mondiale, un Mondiale al quale noi non parteciperemo.

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