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Non vi si pensa quanto sangue costa: le tre Pietà di Michelangelo a confronto al Museo dell’Opera del Duomo in una mostra da non perdere.

“Fece à requisitione di questa signora un Christo ignudo, quando è tolto di croce, il quale come corpo morto abandonato, cascherebbe à piedi della sua santissima Madre, se da due Agnioletti non fusse sostenuto à braccia. Ma ella sotto la croce stando à sedere con volto lacrimoso et dolente, alza al cielo ambe le mani à braccia aperte. con un cotal detto, che nel troncon della croce scritto si legge, non vi si pensa, quanto sangue costa.” Così Ascanio Condivi, autore della Vita di Michelagnolo Buonarroti, descrive il disegno della Pietà per Vittoria Colonna realizzato da Michelangelo per la poetessa e oggi conservato a Boston. In questo disegno, nella parte superiore, sopra il volto della Vergine, appare la frase “non vi si pensa quanto sangue costa”. Questa è un’evidente citazione dantesca: la troviamo infatti al verso 91 del canto XXIX del Paradiso pronunciata da Beatrice, la quale è nel Primo Mobile con Dante. È una frase che si riferisce alla difficile e sanguinosa diffusione delle Sacre Scritture ed è proprio questo verso che fa da titolo alla mostra nel Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, che vede riunite tutte in un’unica sala le opere che hanno attraversato trasversalmente la vita di Michelangelo: le tre Pietà. Per la prima volta è possibile vedere, l’una vicina all’altra, la Pietà Bandini e i calchi della Pietà Vaticana e della milanese Pietà Rondanini, in una mostra che sarà possibile visitare fino al 1 di agosto.

Michelangelo è appena ventiquattrenne quando, dopo solo un anno, finisce di scolpire nel 1499 la Pietà Vaticana, commissionatagli dal cardinale francese Jean Bilhères. Questo tema della Pietà, che era al tempo molto diffuso nell’Europa settentrionale, mentre in Italia non lo era affatto, consiste nella rappresentazione del momento in cui Maria, disperata e piena di dolore, tiene tra le braccia il corpo del Figlio morto appena deposto dalla croce. Nella Pietà Vaticana ciò viene reso con estremo realismo: la Vergine, il cui volto esprime un velo di tristezza, sorregge sulle proprie ginocchia il liscio corpo del Cristo, il quale, senza vita, ha la testa reclinata all’indietro ed esprime dunque un forte senso di abbandono e morte. Maria è rappresentata come una giovane donna, una fanciulla che appare più giovane dello stesso suo figlio: questa giovinezza sta ad indicare la purezza di questa donna che Dante, nel XXXIII canto del Paradiso ai versi 1-3, definisce per bocca di San Bernardo […] figlia del tuo figlio / umile e alta più che creatura, / termine fisso d’etterno consiglio”. Sorprendente è il senso del peso che viene dato al corpo di Gesù tanto che Giorgio Vasari, nelle Vite de’ più eccellenti architetti, pittori et scultori, asserirà che “certo è un miracolo che un sasso, da principio senza forma nessuna, si sia mai ridotto a quella perfezione, che la natura a fatica suol formar nella carne”. Dunque, secondo il Vasari, è un prodigio che un singolo blocco di marmo sia potuto diventare tale scultura, anche perché per Michelangelo il blocco di marmo contiene già in potenza la scultura finita ed è compito dell’artista renderla atto “per via di levare”. Ciò viene espresso dallo stesso Michelangelo in un sonetto composto circa nel 1540: “Non ha l’ottimo artista alcun concetto / c’un marmo solo in sé non circonscriva [racchiuda] / col suo superchio [ciò che è di troppo], e solo a quello arriva / la man che ubbidisce all’intelletto”.

Il tema della Pietà è ripreso da Michelangelo solo più di cinquant’anni dopo la creazione della Pietà Vaticana e viene affrontato in maniera totalmente diversa. L’artista, infatti, fa largo uso del non-finito, tecnica che consiste nel lasciare incompiute le opere per dare loro una maggior suggestione e che testimonia allo stesso tempo la difficile e lunga attività creativa dello scultore. Ormai vecchio, Michelangelo non può non far trasparire dalle sue opere una riflessione sulla morte attraverso la contemplazione di essa, e la Pietà Bandini e la Pietà Rondanini ne sono l’esatta rappresentazione. La Pietà Bandini, che prende il nome dai suoi primi possessori, presenta, come la Pietà Vaticana, una struttura piramidale, al cui centro è rappresentato Cristo, morto, che è retto a sinistra da Maria Maddalena e a destra dalla Vergine. Dietro a queste tre figure vi è Nicodemo, il cui volto è un autoritratto di Michelangelo, che sta sorreggendo il busto di Gesù prendendolo da sotto le spalle. I gesti sono morbidi e amorevoli e il corpo del Cristo, non più cullato nelle braccia della madre, è quasi verticale e, crollato per il suo peso, si torce come se fosse ancora vivo verso la figura di Maria, che gli bacia il volto. Meno dinamica è l’ultima opera di Michelangelo, la Pietà Rondanini, che vede raffigurati solo le figure della Vergine e del Cristo, entrambe in piedi e rappresentate in un marmo grezzo, appena abbozzato. In quest’opera si evince all’ennesima potenza la tragica consumazione della materia, è quasi arte astratta poiché è più concetto che forma: Gesù presenta un corpo affusolato e privo di muscolarità, retto a fatica da Maria, che è legata al figlio in un abbraccio tenero, confortante e rassicurante, senza fine.

Attraverso queste tre opere è dunque possibile esplorare la vita di un artista, uno dei migliori mai esistiti nella storia dell’umanità, definito dal Vasari come “piuttosto celeste che terrena cosa”, e indagarne l’animo, partendo dalla forza della giovinezza nella Pietà Vaticana, passando poi per la Pietà Bandini e per sfociare infine nella fragilità e indeterminatezza della Pietà Rondanini, in un viaggio metafisico dal giovane al vecchio, dal forte al fragile, dal definito all’indeterminato che ha un’unica costante: l’amore.  

Mostra a cura di: Barbara Jatta, Sergio Risaliti, Claudio Salsi e Timothy Verdon.

Fonti: https://duomo.firenze.it/it/opera-magazine/post/6544/le-tre-pieta-di-michelangelo-non-vi-si-pensa-quanto-sangue-costa

Non vi si pensa quanto sangue costa

G. Cricco, F.P. Di Teodoro, Itinerario nell’arte vers. arancione – vol. 3, Bologna, Zanichelli editore, 2017, pp. 284,285, 304, 305.

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