Da quando l’Ucraina è stata attaccata dalla Russia, a quest’ultima sono state imposte ingenti sanzioni che hanno portato Mosca a parlare di possibili ripercussioni anche sul piano della ricerca scientifica.
È stato Dmitry Rogozin, il responsabile dell’agenzia spaziale russa Roscomos, a dire che le sanzioni potrebbero interrompere l’azione delle navicelle russe che stabilizzano l’orbita della Stazione Spaziale internazionale Iss e la riforniscono, causando l’atterraggio del satellite sulla superficie terrestre. Rogozin tuttavia non è uno scienziato e si trova alla guida della Roscomos solo per la sua amicizia con Vladimir Putin, quindi per ragioni politiche. Egli, con le sue minacce e il suo unico obiettivo di propaganda, è arrivato addirittura a chiamare “pazzi” i paesi che stanno ostacolando la Russia. È stato pertanto chiesto alla Nasa, all’Agenzia spaziale europea e all’Agenzia spaziale canadese di eliminare le ingiuste sanzioni. Dmitry ha elaborato una mappa che determinerebbe dove atterrerà l’Iss, ovviamente cosa del tutto infondata, poiché non si tratta di un aereo che si può pilotare e la sua graduale caduta si può solo rallentare. Il capo dell’agenzia spaziale russa ha anche erroneamente ribadito che l’Iss non potrebbe mai colpire il suo paese cadendo, poiché non lo sorvola, mentre in realtà una parte dell’orbita del satellite si svolge proprio sopra la Russia.
In ogni caso la vita della Stazione, in orbita dal 1998, dovrebbe finire nel 2024 con una caduta nella zona più remota dell’Oceano Pacifico, detta Nemo o “cimitero dei satelliti”, dove sono già finiti molti veicoli spaziali che avevano completato il loro ciclo vitale. Questa Stazione Spaziale sarebbe però senza dubbio l’oggetto con massa maggiore (400 tonnellate), e il suo rientro non è affatto facile da controllare, infatti la Nasa lo sta studiando molto attentamente.
La Iss si trova a 400 km di altezza, dove l’atmosfera, sebbene sia debole, ha un effetto frenante, anche se talvolta è necessario rialzare l’orbita a causa dell’inevitabile, sebbene lenta, caduta della Stazione. La Russia ha il ruolo principale in questa operazione, infatti per compierla si ricorre alle navette russe Progress e ai motori di manovra russi Zvezda. Proprio l’11 marzo il Progress MS-18, su ordine del Centro di Controllo Missione russo, ha attivato i propri motori, ma non è stato il solo: anche il veicolo statunitense Nasa Cygnus è stato utilizzato per rifornire la Stazione Spaziale.
Per questo recente riposizionamento, come ha detto anche l’esperto di meccanica celeste Jonathan Mc Dowell, l’Iss non è per noi un pericolo attualmente, e non ci sarebbe il rischio di una caduta improvvisa nemmeno se l’agenzia russa smettesse di fare questi “aggiustamenti” periodici. Si tratta solo di fake news che sta diffondendo Mosca per allarmarci. Oltretutto, grazie a SpaceX di Elon Musk, Nasa e Esa stanno sviluppando un nuovo sistema che possa permettere anche a altre navette, come Cargo Dragon, di svolgere questi cosiddetti reboot. Occorrerebbe però a tale fine cambiare le rotte di Cygnus e Dragon e rendere capaci le due navicelle di contenere più carburante. Queste operazioni sono molto complesse da realizzare, dato che comunque si tratterebbe di farle a molti km di distanza dalla Terra. Per quanto riguarda invece i motori che evitano il tamponamento tra la Iss e i detriti spaziali, non ci sono alternative a quelli russi al momento.
La Stazione Spaziale internazionale, per la sua importanza nella ricerca scientifica, è stata finanziata molto anche da Europa, Canada, Usa e Giappone. Ad oggi è abitata da cinque astronauti e due cosmonauti, cioè i russi Pyotr Dubrov e Anton Shkaplerov, gli statunitensi Keyla Barron, Mark Vande Hei, Thomas Marshburn e Raja Chari e infine il tedesco Matthias Maurer. Loro ci hanno comunicato che, nonostante lo sconvolgimento internazionale, nello spazio continuano a lavorare uniti come sempre. Il 15 aprile è prevista inoltre anche la partenza della nostra Samantha Cristoforetti, che per cinque mesi sarà comandante proprio del modulo occidentale dell’Iss.