Sebastiano Lo Monaco e Yannis Kokkos, dopo il loro successo nell’opera Edipo a Colono di Sofocle nel 2018 al Teatro Greco di Siracusa, da Martedì 15 a Domenica 20 Marzo, ospiti del Teatro della Pergola, decidono di tornare a duettare cimentandosi in un capolavoro pirandelliano: Enrico IV. L’opera è una tragedia e appartiene a quella che viene definita Terza Fase del teatro di Pirandello, “teatro nel teatro”. Fu rappresentata per la prima volta il 24 febbraio al Teatro Manzoni di Milano e fu scritta per uno dei più noti attori, Ruggero Ruggeri.
La tragedia, divisa in tre atti, inizia con il racconto dell’antefatto. Un nobile del primo ‘900, partecipa ad una festa in maschera travestito da Enrico IV. Egli ha scelto di vestire i panni di quel sovrano per poter stare vicino alla donna amata, Matilde di Spina, mascherata da Matilde di Canossa. All’evento partecipa anche il barone Belcredi, suo rivale in amore, che disarciona da cavallo Enrico IV, il quale cade battendo violentemente la testa. A seguito del trauma subìto, Enrico IV si convince di essere davvero il personaggio storico di cui portava le vesti. Credendolo pazzo, tutti lo assecondano cercando di aiutarlo. Col passare del tempo, Enrico guarisce e si accorge che era stato Belcredi a farlo cadere intenzionalmente per toglierlo di mezzo e poter sposare la donna contesa da entrambi. Infatti, dopo l’incidente, Matilde era scappata con il barone, si erano sposati ed avevano avuto una figlia. Enrico decide di continuare a fingersi pazzo per riuscire a sopportare in qualche modo il dolore che gli procura la presa di coscienza della realtà. Dopo venti anni dall’incidente, si ritorna al presente, come all’inizio. Matilde con Belcredi, la loro figlia, Frida, e uno psichiatra fanno visita ad Enrico. Lo psichiatra è molto incuriosito dal suo caso, e , per farlo guarire, consiglia di ricostruire l’ambientazione di venti anni prima e di ripetere la caduta da cavallo. Durante la messa in scena, Enrico si trova davanti la figlia della donna che ama da sempre e per la quale è costretto a fingersi pazzo. La giovane Frida è identica alla madre, quando aveva la sua età, ed Enrico non può fare a meno di abbracciarla. Belcredi non tollera che Enrico si avvicini alla figlia, ma, quando tenta di opporsi, Enrico sguaina la spada e lo ferisce a morte. Per sfuggire alla realtà di dolore, che per di più lo costringerebbe anche ad un processo e alla prigione, Enrico si rassegna a vivere per sempre fingendosi pazzo.
«Preferii restare pazzo e vivere con la più lucida coscienza la mia pazzia […] questo che è per me la caricatura, evidente e volontaria, di quest’altra mascherata, continua, d’ogni minuto, di cui siamo i pagliacci involontarii quando senza saperlo ci mascheriamo di ciò che ci par d’essere […] Sono guarito, signori: perché so perfettamente di fare il pazzo, qua; e lo faccio, quieto! – Il guajo è per voi che la vivete agitatamente, senza saperla e senza vederla la vostra pazzia. […] La mia vita è questa! Non è la vostra! – La vostra, in cui siete invecchiati, io non l’ho vissuta! (Enrico IV, atto terzo)»
Questa tragedia mette in evidenza il relativismo psicologico in cui credeva Pirandello. Tutti gli uomini nascono liberi, ma il Caso interviene impedendo loro di esprimere le proprie volontà, imprigionati come sono dalle convenzioni di società precostituite, in cui ciascuno ha un ruolo prefissato. L’io non riesce a venire fuori, e così non c’è comunicazione tra esseri umani, perché ciascuno è costretto ad indossare una maschera, dietro la quale si nascondono infiniti io. Il relativismo a cui abbiamo accennato in precedenza viene affrontato da ciascun individuo, secondo Pirandello, con tre possibili modalità diverse: una passiva, in cui si accetta la maschera e l’infelicità che ne consegue, senza opporre resistenza, come nel caso de Il fu Mattia Pascal; oppure una reazione ironico-umoristica, come ne La patente, in cui si accetta la maschera con un atteggiamento ironico e aggressivo, cercando almeno di trarne vantaggio. Infine secondo una modalità che potremmo definire drammatica e che emerge, per l’appunto, nell’Enrico IV; il protagonista si rende conto che l’immagine che ha sempre avuto di sé non corrisponde a quella che gli altri hanno di lui, e cerca di comprendere questo lato sconosciuto del suo io. Vuole togliersi la maschera che gli hanno imposto, ma non riesce a strapparsela di dosso, ed egli sarà sempre come gli altri lo vogliono, anche se continuerà a lottare per impedirlo, arrivando fino alle tragiche conseguenze delle pazzia, del dramma e del suicidio. L’unico modo per vivere e trovare il proprio io è accettare il fatto di non avere un’identità ed essere consapevoli di essere completamente alieni da se stessi. Il tema della follia è quindi il tema principale dell’intera opera intesa come fuga illusoria e mentale nella quale rifugiarsi scappando dal “male di vivere”. Questo è un tema, tipico del decadentismo, ma centrale ancora oggi perché chi non vorrebbe scappare quando la realtà non ci piace?
15 – 20 marzo | Teatro della Pergola
(martedì – sabato, ore 20.45; giovedì, ore 18.45; domenica ore 15.45)
Associazione Sicilia Teatro, Teatro Stabile del Veneto, Teatro Stabile di Palermo, Teatro Stabile di Catania
Sebastiano Lo Monaco
ENRICO IV
di Luigi Pirandello
con Mariàngeles Torres, Claudio Mazzenga, Rosario Petix, Luca Iacono
e con Sergio Mancinelli, Francesco Iaia, Giulia Tomaselli, Marcello Montalto, Gaetano Tizzano, Tommaso Garrè
costumi Paola Mariani
musiche Dario Arcidiacono
luci Jacopo Pantani
foto di scena Tommaso Le Pera
video di scena GAP movie s.r.l.
scene, regia Yannis Kokkos
Durata: 2 ore, con intervallo