É stato infranto il record di energia prodotta attraverso la fusione dell’idrogeno. Realizzati 59 megajoule in circa 5 secondi, il doppio rispetto al test precedente. “Abbiamo dimostrato che é possibile tenere accesa una mini-stella”
Sono bastati 5 secondi per produrre 59 megajoule di energia, l’equivalente di 11 megawatt di potenza, quasi il doppio rispetto a quella ottenuta dallo stesso reattore sperimentale di 25 anni fa. Il risultato dell’esperimento avvenuto nel reattore europeo Jet-Joint European Torus il 9 Febbraio. Il programma che punta ad ottenere l’energia del nucleo del Sole, e quindi arrivare alla fusione nucleare e disporre di una quantità di energia potenzialmente illimitata e ad un costo economico e ambientale molto basso, sta riscuotendo sempre maggiori successi di fronte alla crisi energetica che stiamo affrontando. In conferenza stampa Joe Milnes, che si trova a capo del progetto, ha affermato: «Abbiamo dimostrato che possiamo creare una mini-stella dentro la nostra macchina e tenerla accesa per 5 secondi ad alto livello. Entriamo in una nuova dimensione».
Inoltre nel comunicato diffuso dal Cnr si legge: «La fusione promette, nel lungo termine, di essere una fonte di elettricità quasi illimitata, utilizzando piccole quantità di combustibile reperibili ovunque sulla terra, da materie prime poco costose. Il processo di fusione unisce, fino a fondersi ad altissima temperatura, nuclei di elementi leggeri come l’idrogeno, che si trasformano in elio, rilasciando una quantità enorme di energia sotto forma di calore. La fusione è intrinsecamente sicura perché per sua natura non può innescare processi incontrollati»
Il vantaggio della fusione nucleare è quello di produrre enormi quantità di energia con bassissime emissioni di carbonio e radiazioni. Per fondere gli atomi occorre riscaldare pochi grammi di idrogeno a temperature estreme, «dieci volte più elevate che nel Sole», spiega il Cnr. Per comprendere l’impatto che potrebbe avere la produzione di energia da fusione termonucleare sull’approvvigionamento di elettricità, basti pensare che a parità di quantità di combustibile utilizzato, la fusione potrà generare «circa 4 milioni di volte più energia rispetto a quella prodotta bruciando carbone, petrolio o gas». Maria Chiara Carrozza, presidente del Cnr, dichiara: «I risultati che oggi vengono annunciati attestano il raggiungimento di un obiettivo estremamente importante, la conferma sperimentale su Jet che in una configurazione tokamak è possibile ottenere elettricità da fusione, e sono un passo cruciale verso la produzione in futuro di energia abbondante ed eco-sostenibile».
«Siamo particolarmente orgogliosi dei nostri ricercatori che hanno lavorato alla preparazione e all’esecuzione degli esperimenti e all’analisi dei dati coordinando anche il team europeo che ha studiato gli aspetti tecnologici delle operazioni in deuterio-trizio, fondamentali in vista del progetto Iter, in via di realizzazione in Francia», ha commentato Gilberto Dialuce, presidente Enea. «Questo contributo si colloca nel solco di una lunga tradizione che ha visto Enea tra i maggiori e più qualificati contributori di JET sin dall’inizio, con propri scienziati che hanno ricoperto ruoli di leadership scientifica e di direzione dell’intero progetto». «È un passo cruciale verso la produzione in futuro di energia abbondante ed eco-sostenibile», ha aggiunto Maria Chiara Carrozza, presidente del Consiglio nazionale delle ricerche.
Comunque questo esperimento è solo un piccolo passo avanti che rende merito per le scelte progettuali fatte per il reattore Jet e che aiuteranno e non poco la realizzazione del reattore sperimentale Iter, ancora più grande e performante, che si trova in fase di costruzione in Francia. Difatti la quantità di energia prodotta è tutt’altro che smisurata: «59 megajoule di energia sono sufficienti a far funzionare appena 60 bollitori d’acqua», scrive Jonathan Amos, corrispondente scientifico della Bcc. «Gli esperimenti Jet ci hanno avvicinato di più all’energia da fusione», conclude invece Joe Milnes, coordinatore dei test avvenuti nel laboratorio britannico.