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Frammento del Fregio del Partenone da Palermo ad Atene

<<Un piccolo ma significativo frammento del fregio del Partenone va in Grecia, e in cambio arriva in Sicilia un’importante scultura della Dea Atena. Non è soltanto il riconoscimento di una storia comune ma è anche la volontà di scrivere una storia nuova. >>
Queste le parole di Alberto Samonà– Assessore Regionale Ai Beni Culturali della Sicilia.

Torna ad Atene un frammento del fregio del Partenone, fino ad ora costudito al museo Salinas di Palermo, ed è l’unico frammento del Partenone che si trovava in Italia. Un fregio preziosissimo, proveniente da un monumento simbolo della civiltà non solo ateniese, non solo greca ma bensì occidentale.
Rappresenta un piede di dea, probabilmente Artemide – dea della caccia – o forse  Peitho – dea della persuasione.

Un gesto – voluto dall’assessore Samonà  in accordo con la Ministra greca della Cultura e dello Sport Lina Mendoni – che per la cultura ellenica ha un valore fortemente simbolico: la Sicilia, in questo modo fa, infatti, da apripista sul tema del ritorno in Grecia dei reperti del Partenone, dando il proprio contributo determinante al dibattito in corso da tempo a livello mondiale.

Lo scambio di opere d’arte ai fini espositivi per mostre temporanee tra musei e sovraintendenze è un’abitudine consolidata, ma altra cosa sono i numerosi contenziosi per la restituzione delle stesse tra gli Stati che, per ragioni diverse (spesso bottini di guerra o acquisti più o meno oscuri), ne sono in possesso e quelli che invece ne rivendicano la proprietà. Anche l‘Italia, come si può immaginare, avrebbe tanto da rivendicare…

Sono, infatti, diverse le opere che sono uscite dai confini nazionali in varie epoche, e che l’Italia vorrebbe far rientrare: in alcuni casi la diplomazia culturale è già al lavoro da tempo e non si esclude che le opere possano far ritorno, in altri casi si tratta di riconsegne molto meno probabili, ma sono sempre opere che facevano parte di collezioni italiane e che per svariati motivi sono finite all’estero (furti, bottini di guerra, scavi illeciti… ).

Come per l’Italia anche per gli altri Paesi – in particolar modo per quelli che hanno origini nelle civiltà del Mediterraneo – la questione si ripete. Per questo Samonà parla della volontà di scrivere una storia nuova. Infatti, il reperto in partenza dal museo di Palermo per il museo dell’acropoli di Atene per un lungo periodo( ben quattro anni rinnovabili) , con molta probabilità si trasformerà in un ritorno a  tempo indeterminato sul suolo ellenico. E senza che vi sia un contezioso che lo riguarda, a differenza dei celebri fregi del British Museum – oggetto, ormai, di ultra secolari polemiche.
È stato giustamente definito un gesto di amicizia italo- greca e di fratellanza mediterranea fortemente voluto dalla regione Sicilia.

In cambio, da Atene arriveranno a Palermo due importantissimi reperti delle collezioni del Museo dell’Acropoli, ciascuno per un periodo di quattro anni: si tratta di un’importante statua acefala di Atena, databile alla fine del V secolo a.C., e di un’anfora geometrica della prima metà dell’VIII secolo a.C. Un’intesa che prevede anche l’organizzazione di iniziative in comune che saranno realizzate in partnership dai due musei su temi d’interesse culturale di respiro internazionale.

Anche il Ministro della Cultura Franceschini ha espresso il suo plauso per un’iniziativa che potrebbe invece prendere in contropiede gli inglesi che detengono i cosiddetti marmi Elgin dal nome dell’ottocentesco diplomatico inglese che li asportò per passione e per metterli in salvo (come sostengono i britannici ) ma anche per spirito di spoliazione e saccheggio (come ribattono i greci).

L’Unesco nel settembre scorso ha invitato gli inglesi a restituirli. Loro tentennano in quanto sono tra le maggiori attrazioni del British Museum.

L’Italia compie oggi liberamente e generosamente il primo passo: la cultura in generale non  può essere un bene di proprietà ma una condizione che va ben oltre il valore del bene stesso.

Già nel 1996 il sociologo ed economista marocchino Mahdi Elmandjra riteneva che la decolonizzazione culturale sarebbe diventata la “principale sfida del XXI secolo”: oggi possiamo dire che è cominciata.

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