Per il 130° anniversario di compleanno del padre del fantasy, ricordiamone la personalità attraverso il retaggio che ci ha lasciato.
Riconosciuto insieme con l’intimo amico Clive Staples Lewis e George MacDonald padre del fantasy, J.R.R Tolkien (all’anagrafe John Ronald Reuel Tolkien) fu filologo, glottoteta (ossia creatore di lingue), linguista, scrittore e accademico.
Anche se la sua scrittura venne definita nel 1961 come “prosa di seconda categoria” dalla giuria del Premio Nobel per la letteratura, e non si risparmiarono critiche al suo stile troppo semplice e ai personaggi fiabeschi e quasi infantili, oggi è universalmente considerato il maggior scrittore di fantasy del XX secolo.
Vita e opere principali
Tolkien nacque il 3 gennaio 1892 a Bloemfontein, nell’attuale Sudafrica dagli inglesi Mabel e Arthur Tolkien, in cerca di opportunità lavorative migliori all’estero.
A tre anni si trasferì con la madre e il fratello minore Hilary in Inghilterra, principalmente per la cattiva salute di John e la pericolosità degli animali esotici che si trovavano vicino alla residenza di allora. Proprio all’infanzia risale uno spiacevole incontro con un ragno peloso, spesso dipinto nei suoi libri come orrore degli orrori.
Il padre morì poco dopo il trasferimento di moglie e figli di febbri reumatiche, quando il nostro Tolkien aveva quattro anni. Fin da piccolo si era dimostrato interessato a fiabe e leggende e ferratissimo in lingue (passioni ereditate dalla madre): eccelleva in latino, in greco e studiò molte altre lingue, tra cui gotico e antico finnico! Sempre alla prima giovinezza risalgono i primi tentativi di creare lingue. Significativa nell’infanzia di Tolkien è anche la conversione della madre al cattolicesimo: la cosa scandalizzò quasi tutti i parenti della donna per contrasti ideologici e come risultato, essi non le diedero più aiuti economici, gettandola nella povertà. Proprio la vita di stenti e sacrifici che si ritrovò a condurre portarono la donna alla morte precoce. Su richiesta della madre i fratelli Tolkien ebbero una formazione cattolica a cura del tutore Padre Morgan.
All’età di 16 anni Tolkien incontrò nella pensione in cui alloggiava Edith Bratt, di tre anni più grande, dotata pianista e orfana. I due si innamorano ma Padre Morgan cercò di ostacolare la relazione, perché distrazione dagli studi per il giovane. Avrebbe potuto fidanzarsi con lei una volta compiuta la maggiore età, allora fissata per i ventuno anni. Egli obbedì alla volontà del tutore, dedicandosi allo studio dei classici per cui era molto portato, senza però scordarsi dell’amata. Il primo atto da maggiorenne che fece fu infatti quello di scriverle. Nonostante fosse allora fidanzata con un altro, Ronald riuscì a dissuaderla da quel matrimonio con cui non poteva trovare la felicità che sarebbe nata dal loro amore! All’età di ventitré anni dunque sposò la sua dolce metà. A questo periodo risale l’ideazione del Legendarium, ossia il complesso di storie riguardanti la Terra di Mezzo -un mondo inventato dall’autore in cui si svolgono le vicende de “Il Signore degli Anelli”.
Lo scoppio della Grande Guerra separò i coniugi perché Tolkien si arruolò come sottotenente; grazie però alla sua cagionevole salute, fu rimandato a casa indenne; anche questa esperienza e le perdite subite lo segnarono profondamente, come si nota dalla ricorrenza di guerre nei suoi libri. Dal matrimonio di Ronald e Edith nacquero quattro figli, tra cui Christopher fu colui che portò a termine l’opera del padre e ne pubblicò testi postumi. Dopo il ritorno a casa, Tolkien riprese gli studi, cominciò la composizione de “I Racconti perduti”, che costituiscono lo scheletro del Silmarillion (raccolta pubblicata postuma di miti che sono una sorta di antefatto a “Il Signore degli Anelli”) e contribuì alla stesura dell’Oxford English Dictionary.
Nel 1925 fu assunto come professore di lingua e letteratura inglese all’università di Oxford, dove conobbe CS Lewis, il quale divenne suo intimo amico. La loro amicizia fu però caratterizzata da contrasti, in parte dovuti alla concorrenza che si creò tra i due autori, contemporaneamente in attività. Per esempio, Lewis disprezzava la poesia dell’amico e l’altro lo accusava di prendere molto dalle sue idee per i suoi scritti, il che era piuttosto vero.
In questo periodo Tolkien diede vita al circolo degli “Inklings”(“Inchiostratori”, coloro cioè che maneggiano e si divertono con l’inchiostro, quindi scrivendo), un gruppo di giovani- tra cui anche Lewis – che si ritrovavano nel pub “The Eagle and Child” a svagarsi (bevendo birra, fumando la pipa- per cui il nostro scrittore aveva una grande passione, come trapela dai suoi scritti!- e raccontando storie).
Dai suoi libri possiamo ricavare quanto grande fosse il valore dell’amicizia per l’autore; anche padre attento e premuroso, si divertiva a comporre racconti per i suoi figli- si pensi alla raccolta “Lettere di Babbo Natale”. Il primo libro,“Lo Hobbit”, uscì nel 1936 ed era infatti pensato per un pubblico di giovanissimi.
Nel 1949 concluse la sua opera più celebre, “Il Signore degli Anelli”, pubblicata integralmente nel 1955; essa è infatti suddivisa in tre lunghi volumi.
L’autore fu senz’altro molto prolifico e la maggior parte delle sue opere- tra cui saggi, racconti brevi e poesie-furono pubblicate dopo la sua morte.
I riconoscimenti arrivarono in particolare negli anni ‘60 dagli hippies di oltreoceano, che vedevano nella spiritualità e contatto con la natura dei suoi libri una vicinanza ideologica al loro pensiero. Dall’altra parte, anche l’ultradestra italiana di impostazione neo-pagana apprezzò i temi del coraggio e della lealtà un decennio dopo.
Nel 1968 il musicista Donald Swann compose un ciclo di canzoni ispirate alla raccolta di poesie “La avventure di Bombadil”,1962. Negli stessi anni, ci fu la rottura dell’amicizia con Lewis e si sciolse anche il gruppo degli Inklings.
Tolkien portò avanti la composizione del Silmarilion e sempre allora Edith si ammalò, morendo nel 1971. Il 2 settembre del 1973 morì anche lo scrittore, che venne sepolto nei sobborghi di Oxford nel cimitero di Wolvercote, insieme con la moglie. In simbolo della devozione verso la moglie e la propria opera, egli fece incidere sulla lapide della moglie il nome “Lùthien” e sulla propria “Beren”, protagonisti della storia d’amore “Beren e Lùthien” da lui scritta.
Su vita e opere di Tolkien troviamo una vasta bibliografia e ricostruzioni cinematografiche . Grande è la fama della serie di film ispirata a “Il Signore degli Anelli” del regista Peter Jackson e biografo principale di Tolkien fu Humphrey Carpenter, suo contemporaneo.
Pensiero e personalità
Le fonti più affidabili che abbiamo sono senz’altro le Lettere, epistolario che raccoglie le lettere spedite da Tolkien nel corso della sua vita. In base a queste e diversi studi si può ribadire che fosse profondamente cattolico e che ciò influenzò molto il suo pensiero: era convinto che esistesse un solo Creatore, ma che tuttavia gli uomini potessero attingere a questa capacità divina plasmando un’opera di “sub-creazione artstica”, come l’autore stesso la definì. Questo tipo di modellamento della realtà si trova anche in Shakespeare, con cui, secondo studi di psicologia, Tolkien sembra avere affinità : come Shakespeare, egli sarebbe stato un “mediatore”, cioè una persona integerrima e idealista, evidentemente creativa oltre che introversa e astratta. Questa tesi deriva dall’indicatore di personalità Myers-Briggs, basato sugli studi dei tipi psicologici dello psichiatra svizzero Carl Gustav Jung (1921).
La fantasia è fondamentale nella vita di Tolkien, che vide in essa una lettura della realtà con occhi diversi piuttosto che un’evasione da essa. L’autore si paragonò in più occasioni a uno “hobbit”, quindi interessato alle piccole cose, alle chiacchiere di paese e ai nomi, alle loro etimologie. Lo studioso Thomas Shippey sostiene infatti che le opere di Tolkien non derivino da un’idea di insieme, ma da una raccolta di tanti dettagli per la creazione di lingue, mappe e personaggi. Lo scrittore era però contrario all’avanzamento della tecnologia e all’industrializzazione, in quanto l’uomo stava creando e maneggiando con troppa disinvoltura e arroganza marchingegni, mentre il potere di vera creazione era per lui riservata a Dio. Emerge infatti dalle sue opere una certa preferenza per paesaggi bucolici piuttosto che quelli urbani, per la tradizione piuttosto che il progresso.
Le lingue di cui fu grande amante e creatore sono importanti anche nei suoi libri; da esperto linguista sapeva che una lingua rappresenta non solo l’identità e la storia di un popolo, ma anche la sua essenza; perciò rese una corrispondenza tra parlanti e lingua: per esempio, la lingua degli elfi è dolce e affascinante proprio come loro. Nonostante poi molti provino a attribuire una posizione politica a Tolkien, non è corretto definirlo uno scrittore impegnato in questo senso. Quando gli si chiedeva se fosse di destra o di sinistra, ironicamente rispondeva di essere fautore semmai dell’anarchia– nel senso di “mancanza di controlli” e non di “rivoluzione”- o della monarchia assoluta : possiamo interpretare dicendo che fonte di ispirazione per lui risiedeva nella letteratura medievale, nella mitologia nordica e nel cattolicesimo, slegata dalla contemporanea distinzione destra-sinistra. Anche questo – insieme con la scelta del genere- entrava in contrasto con il Neorealismo italiano che allora impregnava gli ambienti intellettuali, i quali dunque sottovalutarono in un primo momento l’opera tolkieniana – pubblicata nel Bel Paese piuttosto tardi.
Possiamo però dire che fosse contro il nazismo. Provava raccapriccio per le ideologie del Führer e per il razzismo in generale. Sebbene in difficoltà economiche, si oppose all’edizione tedesca di “Lo Hobbit” e ebbe il coraggio di schernire pubblicamente il culto della razza ariana, affermando di rimpiangere la mancanza di avi ebrei. Non lo si può nemmeno definire sostenitore del regime comunista staliniano : descrisse infatti Stalin come “vecchio assassino assetato di sangue”.
Come tutti i grandi autori, subisce spesso la distorsione dei lettori e della stessa critica; c’è chi ha visto ad esempio ne “Il signore degli anelli” un manifesto anticomunista, cosa che l’autore negò fermamente; la sua opera è molto complessa, densa di allegorie, il che non aiuta nell’interpretazione del vero senso dell’opera e del suo pensiero – e Tolkien ne era consapevole; questo non ha però ostruito il successo dei suoi libri in un grande eterogeneo pubblico di lettori.
L’importanza della sua opera
In risposta alla domanda “perché Tolkien è così importante?” si potrebbero citare due motivi: si riconosce in lui il massimo esponente e padre del fantasy del XX sec.; inoltre non è corretto ridurre la sua opera “semplicemente” al genere fantastico. Tolkien si ispirò alla letteratura medievale, di cui era molto appassionato, nella ripresa dei temi della queste (“ricerca”) e del viaggio come metafora della vita umana, densa di peripezie e pericoli, in particolare ne “Il Signore degli Anelli”. Ispirandosi invece a miti e lingue nordiche, lo scrittore desiderava dare a quella che considerò sua unica patria- l’Inghilterra – una mitologia forte e maestosa. Molto significativa è la ricorrenza della lotta tra Bene e Male, due schieramenti opposti e inconciliabili. Nel mondo di Tolkien, cattivi si diventa scegliendo la strada del male o giungendo a compromessi con esso, perché il Dio Eru Ilùvatar ha plasmato solo creature buone. Tornare buoni è invece più difficile e richiede una profonda redenzione e la liberazione dalla prigionia del male. Ecco che entra in gioco l’influenza del cattolicesimo sull’opera – Tolkien in persona definisce la sua opera più celebre “fondamentalmente cattolica”, pur senza volerlo: il cattolicesimo lo formò talmente che ogni sua produzione ne è intrisa; anche il sacrificio per esempio riveste un ruolo molto significativo: sacrificio che non ha niente a che fare col masochismo perché non è fine a sé stesso e neanche mirato a un piacere (malsano). Sacrificarsi significa essere pronti a rinunciare a tutto, anche la vita, per un bene maggiore. Le opere tolkeniane sono imbevute del tema del potere, come movente dei personaggi e causa di illusione. Lo stesso autore sottolinea che le questioni di morte e immortalità sono il vero centro della sua opera. Se non l’esistenza- con i suoi misteri- cosa riguarda più da vicino la condizione umana? Tutti questi valori, insieme con quello di amicizia, coraggio e lealtà sono indiscutibilmente una rilevante e ispirante eredità lasciataci dallo scrittore!
Per concludere, in tutto il mondo oggi si fa culto della persona di Tolkien, anche qui in Italia, nonostante l’iniziale riluttanza dovuta al fatto che si era ancorati a storie più brevi e realistiche. Tuttavia, Tolkien si rimproverò proprio la brevità delle sue opere: ciò potrebbe sembrare un’asserzione paradossale, ma non certo per i suoi lettori appassionati!