Quando Madama Butterfly debuttò al Teatro della Scala di Milano il 17 febbraio 1904, ottenendo un insuccesso clamoroso, nessuno poteva immaginarsi che quest’opera di Giacomo Puccini sarebbe diventato uno dei titoli più amati e rappresentati in assoluto. Puccini decise di rappresentare la sua prima opera esotica, la storia di una giovane geisha giapponese, sedotta e abbandonata da un ufficiale della marina americana, dopo aver assistito a Londra a un dramma analogo di David Belasco, basato su una novella di John Luther Long.
Lo spettacolo andato in scena al Maggio Musicale Fiorentino a partire dallo scorso 9 dicembre è addirittura l’ottava Madama Butterfly rappresentata a Firenze negli ultimi 18 anni. Quest’edizione della Butterfly, con direzione di Francesco Ivan Ciampa e regia di Chiara Muti, era prevista in cartellone nel novembre 2020 e sospesa a causa delle restrizioni dovute alla pandemia; è comunque rientrata in questa stagione lirica con ben 5 recite: il 9 dicembre la prima, 12, 14, 17 e 27 alle ore 20 le repliche.
Francesco Ivan Ciampa è tornato sul podio del Teatro del Maggio dopo aver diretto nel 2019 l’ultima edizione di Butterfly, con la regia di Fabio Ceresa, e poi La bohéme, (regia di Bruno Ravella). L’orchestra è sicuramente uno dei punti di forza di questa rappresentazione, anche se spesso si è dovuta “trattenere” per non oscurare le voci dei protagonisti in scena. Ad ogni modo, il direttore è riuscito nell’intenzione di Puccini e della regia di portare in musica il concetto di sinestesia, raggiungendo un’esperienza in cui ogni sfera sensoriale è coinvolta. Così i suoni diventano profumi, colori, quadri meravigliosamente dipinti dall’orchestra. A dirigere il Coro del Maggio è stato Lorenzo Fratini.
La regia innovativa di Chiara Muti, al suo debutto registico al Teatro del Maggio, si basa sul dramma dell’attesa, sulla separazione e l’intreccio di due mondi completamente diversi: la terra, che simboleggia il Giappone, patria di Cio-Cio-San (termine giapponese che significa madama butterfly); e il mare, che simboleggia la lontananza di Pinkerton, l’uomo americano di cui ella si innamora. Tuttavia, il Giappone è solamente evocato dalla musica di Puccini, impalpabile e quasi mai percepito: i personaggi giapponesi non indossano veri kimono e non viene data troppa importanza al fatto di trovarsi in Giappone. Questo sembra sottolineare come la condizione di Butterfly – una grande passione amorosa che presto si trasforma in trepidante attesa ed enorme sofferenza – non sia relativa a una ragazza giapponese, ma a tutte le persone che possono provare questi sentimenti.
Inoltre, è stata abbastanza discutibile la scelta di fare un solo intervallo tra primo e secondo atto, che ha reso lunghissima la seconda parte – proprio la divisione in due atti ed in particolare la lunghezza del secondo fu la causa del fiasco che Puccini ottenne alla prima di Madama Butterfly (anche se per qualcuno le ragioni dell’iniziale insuccesso dell’opera erano dovute a un clima di ostilità, di “tifo” per i diversi editori musicali)…
Le scene, che possono essere definite sinestetiche, per l’intrecciarsi di sensazioni che provoca l’alternarsi tra mare e terra, sono affidate a Leila Fteita, gli splendidi costumi sono curati da Alessandro Lai e le luci da Vincent Longuemare.
Il cast è composto da Svetlana Aksenova, soprano di origine russe di fama internazionale che interpreta Cio-Cio-San (la Butterfly); la sua è stata una performance sicuramente in crescendo, fino al Tu Piccolo Iddio, che è stata la parte che più ha coinvolto il pubblico. Spesso però, la voce della protagonista, pur essendo dotata di un ottimo timbro, non era molto corposa e ha talvolta costretto l’orchestra ad assecondarla per non sovrastarla. .
L’opera si presenta come un monodramma: le scene, soprattutto del secondo atto, vedono la presenza della sola Butterfly, i cui rapporti con gli altri personaggi e la cui introspezione psicologica è molto curata dalla regia.
Pinkerton è interpretato dal tenore Sergei Skorokhodov, come Svetlana Aksenova originario di San Pietroburgo e al debutto al Maggio Fiorentino. Anche per lui, non si può parlare di una prova eccelsa, non di straordinario rilievo ma comunque decorosa.
Suzuki, la fedele servitrice di Cio-Cio-San, è interpretata dal mezzosoprano Laura Verrecchia, che ha fornito una prova di buon livello, calandosi egregiamente nel personaggio. Il baritono Alessandro Luongo, interpretando il console Sharpless, ha assolto lodelvolente suo ruolo, grazie al timbro e al colore della sua voce, riuscendo ad avere un’ ottima sintonia con l’orchestra.
Completano il cast Roman Lyulkin (Zio Bonzo), Paolo Antognetti (Goro), Francesca Cucuzza (Kate Pinkerton), André Courville (Il principe Yamadori), Francesco Samuele Venuti (Il Commissario imperiale), Alfonso Zambuto (L’Ufficiale del registro), Nicolò Ayroldi (Yakusidé), Natsuko Kita e Chiara Chisu (La cugina), Elena Cavini, Ramona e Gabriela Peter (La madre di Cio-Cio-San) e infine Nadia Pirazzini e Thalida Marina Fogarasi (La zia).
Certamente, dopo la straordinaria rappresentazione di Falstaff, andata in scena al Maggio solo due settimane prima, era difficile aspettarsi qualcosa di meglio; spesso quando il palato degli spettatori si abitua a certi standard, poi fa fatica a tornare su livelli “normali”. Tuttavia, il pubblico ha comunque apprezzato questa edizione dello straordinario capolavoro di Puccini, grazie soprattutto alle immagini profumate, fornite dalla regia di Chiara Muti e dalla direzione di Francesco Ivan Ciampa. Ancora una volta buona la presenza giovanile, il fattore Maggiocard funziona sempre!
Ultima replica : lunedì 27 dicembre ore 20.00. La recensione si riferisce allo spettacolo di venerdì 17dicembre,