Una impressionante scena di “vita quotidiana” emerge dal passato, dando la parola agli ultimi del mondo antico.
I recenti scavi archeologici, presso la collina di Civita, alle porte della moderna città, hanno restituito nuovi resti dell’antica Pompei, seppellita sotto una coltre di ceneri e lapilli durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
I ritrovamenti a seguito degli scavi, iniziati nel Settecento per volere di Carlo III di Borbone, sono una delle migliori testimonianze della vita romana; proprio per questo motivo è la città meglio conservata di quell’epoca. La maggior parte dei reperti recuperati è conservata al museo archeologico di Napoli, e in piccola quantità, anche nell’Antiquarium di Pompei. La notevole quantità di reperti è stata utile per far comprendere gli usi, i costumi, le abitudini alimentari e l’arte della vita di oltre due millenni fa.
Presso la località di Civita Giuliana, all’interno della villa suburbana nota come Domus del Sauro Bardato, una lussuosa tenuta di epoca augustea collocata a poca distanza dalle mura dell’antica Pompei, gli archeologi hanno rinvenuto, nelle stalle, i resti di tre cavalli di razza, tra cui uno bardato con una raffinata sella in legno e bronzo ed eleganti finimenti, due vittime dell’eruzione e un carro cerimoniale ornato con scene erotiche.
La città sepolta di Pompei non smette mai di sorprendere: l’ultimo rinvenimento è quello di una stanza destinata agli schiavi che lavoravano nella villa: un ambiente che si presenta in stato di conservazione eccezionale. La scoperta offre una visione straordinaria del mondo antico, rivelando un aspetto che solitamente è marginale in ambito archeologico: la stanza offre infatti uno spaccato della realtà quotidiana degli schiavi. Tuttavia, anche in questo ambiente, una parte del patrimonio archeologico è andato perduto.
L’importanza di questo ritrovamento si deve soprattutto alla gran quantità di oggetti di uso quotidiano collocati nella stanza. Alcuni appartenevano agli schiavi, come i letti, recipienti per cibi e bevande, anfore, brocche in ceramica, alcuni effetti personali in bronzo e un vaso da notte. I letti sono gli oggetti che più di tutti hanno acceso l’interesse degli archeologi: ce ne sono tre in tutto, il che fa supporre appartenessero a una famiglia. I letti collocati in questo ambiente di sedici metri quadrati, sono composti da poche assi lignee sommariamente lavorate che potevano essere assemblate a seconda dell’altezza di chi doveva dormirci. Le reti sono formate da corde le cui impronte sono parzialmente leggibili nella roccia.
L’ambiente era illuminato da una piccola finestra in alto e non presentava decorazioni sulle pareti. I muri si presentano spogli, senza nessun colore a parte una macchia di vernice bianca in alto sotto alla piccola finestra, nel punto dove veniva appesa una lucerna la quale serviva probabilmente ad amplificare il chiarore prodotto dal fuoco.
Quello che colpisce è la precarietà che caratterizza questo ambiente, una via di mezzo tra dormitorio e ripostiglio, come dimostrano otto anfore situate negli angoli lasciati appositamente liberi per tal scopo. Lo spazio intorno era occupato da attrezzi di lavoro.
Dobbiamo ringraziare le particolari dinamiche dell’eruzione se la stanza è rimasta intatta; i fori lasciati nei muri sono la memoria delle ferite, provocate dalla lava, inferte alla storia. Anche i letti degli schiavi, ricostruiti con impressionante precisione dai calchi in gesso, portano purtroppo i segni di quel feroce passaggio.
Gli scavi proseguono: la villa apparteneva sicuramente ad una grande personalità, forse un generale dell’esercito o un alto magistrato. Dalla vicina stalla, di cui dovevano occuparsi gli schiavi, era anche emersa la mummia di una bambina, forse una figlia dei proprietari, e perfino i corpi di due persone che, fuggendo dall’eruzione, morirono sui gradini delle scale di casa. Impossibile ovviamente stabilire le singole identità, ma i lavori proseguono per far emergere tutto il possibile di quella che sembra una grande villa romana ancora tutta da scoprire.
Questa nuova incredibile scoperta a Pompei dimostra che oggi il sito archeologico è diventato non soltanto una meta tra le più ambite al mondo, ma anche un luogo dove si fa ricerca e si sperimentano nuove tecnologie. Grazie a questo nuovo importante ritrovamento si arricchisce la conoscenza sulla vita quotidiana degli antichi pompeiani e ci permetterà di acquisire nuovi interessanti dati sulle condizioni abitative di quella fascia della società ancora oggi poco conosciuta.