“L’arte contemporanea non è arte”. Quante volte è capitato di sentire questa frase, almeno una volta nella vita da un amico, da un conoscente o semplicemente da una persona che passeggiava per strada. Beh, per cambiare idea a palazzo Strozzi a Firenze è stata allestita da alcuni giorni la mostra d’arte contemporanea “Shine” di Jeff Koons, uno degli esponenti più importanti a livello internazionale di questo genere artistico. L’esposizione, articolata su otto sale, durerà fino al 30 gennaio e ospita alcune fra le maggiori e più note opere dell’artista statunitense provenienti dalle più importanti collezioni e musei al mondo.
Koons, a partire dalla seconda metà degli anni ’70, diviene celebre per una peculiarità comune a tutte le sue opere: il concetto di shine, la lucentezza, quindi il bagliore e la luce emessi da un qualsiasi oggetto; come la luce di un minerale esposto al sole, che cattura subito l’occhio. Per comprendere appieno la visione dell’artista, non dobbiamo non prendere in considerazione anche il termine tedesco shein, da cui deriva l’inglese shine e del quale ha lo stesso significato, ma ha dentro di sé anche il valore di apparenza. Le opere vengono quindi presentate seguendo il filo rosso della lucentezza intesa come ambivalenza di luce e bagliore, essere e apparire, poiché una cosa che sembra non è. E su questo tema dell’apparenza si basano il Tim Beam – J.B. Turner Train e il famoso Rabbit. Entrambi realizzati in acciaio inossidabile, un materiale industriale e non un metallo prezioso, come ha detto lo stesso Koons “è il materiale del proletario, è ciò di cui sono fatte le pentole e le padelle…”, il primo rappresenta un luccicante treno con sette carrozze, le quali contengono del comune bourbon, realizzato in acciaio inossidabile e non, per esempio, in bronzo o argento a testimonianza del fatto che l’apparenza inganna: il treno nel suo insieme appare scintillante, e quindi lussuoso, vedendolo dall’esterno, mentre il contenuto di quei brillanti vagoni è del comune whiskey che possiamo trovare in un qualunque negozio di liquori. Rabbit è invece la rappresentazione di un’antitesi: pesante per il materiale con cui è stato creato ma allo stesso tempo leggero per la forma simile a quella di un palloncino, innocuo e minaccioso, infantile e erotico.
“Sto cercando di catturare nell’oggetto il desiderio dell’individuo e di fissare le sue aspirazioni in superficie, in una condizione di immortalità”. Così Koons si pronuncia su uno dei temi più importanti della sua arte: il rapporto fra l’uomo e la sua condizione di essere caduco. Questo lo troviamo nell’opera Nelson Automatic Cooker / Deep Fryer, raffigurante una friggitrice mai usata, fissata su due tubi di neon fluorescenti: con la sua superficie immacolata, questa friggitrice appare allo spettatore come un’entità minacciosa poiché è nuova e rimarrà così in eterno, mentre chi guarda quest’opera no, destinato a invecchiare e a morire.
Non mancano neppure opere, come Dolphin o Lobster, che si ispirano al ready-made di Duchamp. Realizzate in alluminio, sono costituite da degli oggetti comuni, in questo caso un delfino e un’aragosta gonfiabili, come quelli che portiamo con noi quando andiamo al mare, estrapolati dal proprio contesto originario e resi opera d’arte semplicemente dalla selezione di essi da parte dell’artista. Una sala della mostra è inoltre dedicata alle gazing ball, sfere altamente riflettenti poste davanti ad alcune delle maggiori opere dell’arte occidentale, scelte da Koons, che permettono ai visitatori di partecipare alle opere direttamente, vedendosi riflessi sulla superficie delle sfere. Citando lo stesso Koons: “La gazing ball riflette il qui e ora, riflette te, lo spettatore. Quindi afferma la tua presenza mentre rispecchia anche le opere d’arte, e in qualche modo questo ti permette di viaggiare nel tempo”.
Jeff Koons a Firenze: la città rinascimentale abbraccia così la modernità in uno dei suoi palazzi più importanti, che si erge su gli altri forte del suo bugnato in pietra forte, e al cui interno accoglie delle opere che al contrario infondono insicurezza, che ci ricordano della fragilità umana, ma che allo stesso tempo ci danno, per così dire, uno slancio e mostrano il grande potenziale del futuro dell’essere umano, che ha la forza per fare la differenza nella propria vita e in quella degli altri.