La storia di Alitalia inizia il 16 settembre 1946 con la nascita della società Alitalia-Aerolinee Italiane Internazionali. La compagnia era già legata indissolubilmente allo Stato: il 60% delle quote appartenevano infatti all’IRI (Istituto per la ricostruzione industriale). In minoranza c’era la Biritish European Airways, antenata dell’attuale British Airways.
Il primo volo avvenne il 5 maggio 1947 sulla rotta Torino-Roma-Catania, due mesi dopo il primo volo internazionale da Roma a Oslo. Nel 1948 la prima tratta intercontinentale con direzione Buenos Aires. La nuova compagnia rappresentava il rinnovato orgoglio italiano del secondo dopo guerra, un’Italia che cercava di rialzarsi con la forza della pianificazione e delle idee.
Nel 1957 ci fu il primo cambio di amministrazione. Il 31 ottobre la società si fonde con LAI (Linee Aeree Italiane), la principale concorrente nei cieli della penisola. Nacque così una nuova compagnia: Alitalia-Linee Aeree Italiane, con lo Stato italiano socio di maggioranza. La notorietà mondiale arrivò con le Olimpiadi di Roma del 1960, la nuova società venne eletta mezzo di trasporto ufficiale della manifestazione.
A partire dagli anni ’60 Alitalia inizia un grande processo di crescita diventando l’orgoglio del paese. Nel 1969 era l’unica a usare motori a reazione e nel 1982 superò i dieci milioni di passeggeri. Gli aerei Alitalia erano il mezzo preferito di milioni di italiani per spostarsi sia per lavoro che per svago. Nel 1970, con la consegna del primo Boeing 747-100, la compagnia impiega per la prima volto lo storico marchio “A” che contribuirà a rendere riconoscibile Alitalia nel mondo.
L’inizio della crisi
L’episodio che ha segnato l’inizio della decadenza di Alitalia è stata la liberalizzazione del trasporto aereo avvenuta negli anni ’90. Le nuove compagnie low cost iniziano a fare concorrenza ad Alitalia rubandole grandi fette di mercato nelle tratte a breve percorrenza. I vertici di Alitalia si mostrano impreparati e non attuano serie strategie per il miglioramento delle rotte a lungo raggio e delle tratte intercontinentali. Nel 1997 arriva una grande occasione: la possibilità di fusione con la compagnia aerea olandese KLM, società ben attrezzata per le rotte lunghe ma meno per le tratte a breve percorrenza. L’alleanza italo-olandese sembrava essere la soluzione perfetta per tornare ai vecchi splendori; tuttavia, alcune divergenze di vedute e le esitazioni della burocrazia italiana portano a un fallimento delle trattative. Gli olandesi furono addirittura disposti al pagamento di una penale di 150 milioni pur di terminare i rapporti.
La situazione di Alitalia si aggrava con gli avvenimenti dell’Undici Settembre e la politica pensa a una privatizzazione. Nel 2006, durante il governo Prodi, la compagnia aerea francese Air France si dichiara disponibile a rilevare il 49,9% di Alitalia. Negli anni precedenti c’era già stato un tentativo di fusione, sfumato a causa delle proteste sindacali in Francia. Il nuovo accordo sembrava in dirittura di arrivo, tuttavia, Silvio Berlusconi, durante la campagna elettorale, aveva promesso che in caso di successo avrebbe salvaguardato “l’italianità di Alitalia”. Berlusconi diventa Presidente del Consiglio e la compagnia francese è costretta a interrompere i rapporti. Il presidente e ad di Alitalia Maurizio Prato dà le dimissioni.
In seguito al cambio di governo, i cosiddetti “capitani coraggiosi”, cordata di imprenditori italiani promossi da Berlusconi, si candidano a rilevare Alitalia. Leader dell’operazione è Corrado Passera, ex ministro dello sviluppo economico. Viene ridotto il numero di velivoli e vengono tagliate trenta destinazioni internazionali, era prevista inoltre la riassunzione di circa 12.000 dipendenti licenziati a causa della crisi. Il piano di competere sulle tratte brevi si rivela un fallimento: le compagnie aeree low cost avevano orami preso il monopolio.
Diversi imprenditori si ritirano dal progetto e il governo italiano è costretto a chiedere un prestito di 300 milioni di euro a Bruxelles. Il prestito non venne mai restituito nonostante le “buone” intenzioni; per provare a risarcire la quota vengono prese decisioni drastiche: il licenziamento di circa 7000 persone e limitazione delle tratte intercontinentali in favore di quelle a breve percorrenza. Le scelte di Alitalia si dimostrarono completamente sbagliate, la presenza di compagnie che dominavano il mercato delle tratte brevi come Ryanair ostacolano i progetti della società italiana.
Nel 2012 Alitalia perde 280 milioni, nel 2013 oltre 500 milioni. La compagnia era ancora una volta alla ricerca di un acquirente. Si fece avanti Etihad, compagnia aerea degli Emirati Arabi che spese 565 milioni di euro. Nasce così una nuova società: la joint venture Alitalia Sai, con il 49% in mano ai medio orientali. Si opta per una riduzione delle tratte brevi (dato il monopolio di altre compagnie). Il primo anno non è positivo e Alitalia chiude con 580 milioni di perdita. Grazie alle nuove strategie, il 2014 si chiude con meno di 200 milioni di perdita, un risultato “positivo” considerati gli anni precedenti.
L’anno successivo la situazione torna drammatica e viene approvata l’amministrazione straordinaria della compagnia con l’opzione di un investimento di 2 miliardi di soldi pubblici. Un referendum dei dipendenti di Alitalia boccia l’opzione facendo entrare la società in amministrazione straordinaria e viene tagliato fuori Etihad. Una soluzione provvisoria in cerca di partner industriali che non arrivano.
La nascita di ITA
Nel 2020, a causa della pandemia, la situazione cambia nuovamente. Il trasporto aereo è gravemente colpito dalla crisi e i governi di tutto il mondo si muovono in sostegno delle proprie compagnie. Il premier Giuseppe Conte costituisce una nuova società a capitale pubblico, Ita. Fabio Lezzerini viene scelto come amministratore delegato e Alfredo Altavilla viene nominato dal governo Draghi come presidente esecutivo. La compagnia riceve una prima spinta di 700 milioni di euro di fondi pubblici.
Ita Airways compra il marchio di Alitalia pagandolo 90 milioni. Tuttavia i vertici della società hanno deciso di non utilizzare né il logo né il nome. La domanda sorge spontanea, perché pagare un marchio per poi non usarlo? Durante la video conferenza di presentazione della società, Altavilla ha risposto: “Il marchio non poteva appartenere a nessun altro che non fosse la nuova compagnia di bandiera di questo paese. Ma quando fai un’operazione di sistema come quella gestita dalle istituzioni nel passare dall’amministrazione straordinaria a Ita devi capire che devi dare i soldi per consentire di pagare gli stipendi alle persone che non vengono a lavorare in Ita”. In parole povere, hanno comprato il marchio per evitare che lo usasse qualche altra compagnia per presentarsi con un nome più storico rispetto a Ita.
Gli aerei Ita Airways saranno azzurri, con il logo Ita Airways in oro bianco e rosso e il tricolore sulla coda. La nuova società si impegnerà a lavorare solo con aziende italiane per portare l’immagine del “made in Italy” nel mondo.