Natalia, la quarantenne Russa che da quattro anni abita a Genova, è stata arrestata l’11 ottobre per frode. La donna infatti, che sembrava condurre una vita tranquilla fra le figlie, verso le quali si mostrava molto premurosa, e il lavoro, in realtà oltre a fare l’ingegnere informatico faceva l’hacker professionista. Insospettabile all’apparenza, infatti sempre tranquilla, elegante e sorridente, pare che di notte si trasformasse e fosse capace di guadagnare velocemente 600 mila euro dal dark web. Negli ultimi mesi è riuscita addirittura a rubare mezzo milione di euro.
Dopo due anni di denunce in tutta Italia, ma soprattutto a Genova e in Liguria, la Polizia Postale e le Comunicazioni di Genova sono riuscite, dopo aver messo insieme le varie segnalazioni con la stessa matrice, a prendere colei che, con grande abilità e talento, era riuscita a ingannare, fra gli altri, gioiellieri, proprietari di famosi negozi e pensionati. L’operazione di indagine della polizia, la Cyber Moscow Mules, dopo molte ricerche tecnico informatiche, ha individuato i reati di frode informatica della donna. Il giudice del Tribunale di Genova, su volere della Procura locale della Repubblica, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per la criminale. Sul mandato della Procura compaiono reati per ricettazione, riciclaggio e frode informatica, e tempo fa l’ingegnera era già stata oggetto di indagine, per poi essere riuscita a farla franca.
A quanto sappiamo, il metodo criminale usato da Natalia consisteva in varie operazioni, in primis nel phishing, cioè nell’invio di messaggi di posta elettronica ingannevoli che rubano dati bancari. Molto usato dalla donna era anche il furto di identità attraverso la clonazione di carte: rivolgendosi a banche svizzere online, riusciva a ottenere carte di credito che intestava a persone di spettacolo come Malika Ayane, Nina Zilli e Roberto Bolle a loro insaputa. Il denaro ricavato veniva speso immediatamente mediante l’acquisto, con i fondi dei derubati, di un’enormità di oggetti, da costosi capi d’abbigliamento a champagne, sui portali di e-commerce. Natalia si faceva inviare telefoni di ultima generazione e apparecchi elettronici sofisticati dai complici russi per le sue truffe. Per non essere scoperta ogni volta si faceva spedire gli oggetti non pagati in posti diversi e al ritiro la truffatrice era sempre provvista di documenti falsificati, anche se talvolta delegava altri, su compenso, per ritararle i pacchi.
Per la polizia Natalia non poteva svolgere tutto questo lavoro da sola, infatti molto probabilmente era uno dei terminali italiani di un’organizzazione transnazionale volta a delinquere con base in Russia, che si occupa di frodi informatiche su vasta scala. Stanno pertanto procedendo le ricerche grazie al materiale informatico e le carte di credito confiscate dalla casa della donna, ora attivate per recuperare il profitto derivato dai furti.
Le figlie di Natalia sono ora in un centro protetto perché si temono le reazioni dell’organizzazione criminale.