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Ricordo di Salvatore Veca, un saggio del nostro tempo recentemente scomparso.

La filosofia, secondo la sua definizione, è “l’attività spirituale autonoma che interpreta e definisce i modi del pensare, del conoscere e dell’agire umano nell’ambito assoluto ed esclusivo del divenire storico”; una forma nobile di pensiero insomma, una singolare visione del mondo e della realtà che varia a seconda del pensatore di riferimento, nobile si, ma pur sempre pensiero. Quando però un saggio, come avrebbero detto i sofisti, si impegna concretamente per lasciare una traccia tangibile del suo pensiero nel mondo, allora ci troviamo di fronte a un uomo estremamente singolare.

Uno di questi era Salvatore Veca, purtroppo scomparso all’età di 77 anni lo scorso 7 ottobre a Milano.

La filosofia fu solo uno degli ambiti in cui Veca si cimentò nel corso della sua lunga e brillante carriera, passando infatti anche per la politica,  per l’editoria e per molti altri ambienti culturali.  La sua nascita intellettuale comunque avviene nelle vesti di filosofo, con la sua laurea nel 1966 proprio all’università di Milano e le conseguenti cattedre a Firenze, Pavia, Cambridge e Sorbonne, solo per citarne alcune., arrivando anche ad essere preside della facoltà di scienze politiche a Pavia, dal 1999 al 2005.

Contemporaneamente all’attività accademica si occupò, fin dal 1974, della direzione scientifica della fondazione Giangiacomo Feltrinelli, di cui tra l’altro è rimasto presidente onorario fino alla sua scomparsa. Nella Fondazione ha incentivato un’ampia attività di ricerca, documentazione, dibattiti e pubblicazioni nell’ambito della teoria politica e sociale.

Nel 1982, dopo averne “imposto” la traduzione alla Feltrinelli, abbraccia la teoria del filosofo americano John Rawls, esplicitata nella sua opera ” Una teoria della giustizia.

Il pensiero di Rawls, prima di allora sconosciuto in Italia, afferma sostanzialmente che,in sintesi, la giustizia sia uno dei principi cardine della società, se non addirittura IL principio più importante; e questa società, per essere giusta, non deve tenere conto del benessere di nessuno, anche perché il benessere e gli agi di un individuo, sono scaturiti dai sacrifici degli altri, e questo è profondamente ingiusto. Per questo la giustizia deve essere super partes e partire da un postulato di assoluta eguaglianza di tutti gli esseri umani. Per renderla ancora più semplice, potremmo definirlo una sorta di sacrificio del singolo in nome della comunità superiore. Salvatore Veca non si impegnò nella diffusione di questo pensiero solo durante le sue lezioni, ma anche concretamente e socialmente con le sue attività extracurriculari, divenendo così uno dei più noti intellettuali progressisti del suo tempo.

Si impegnò anche nella promozione di mostre d’arte, anche contemporanea, e di musica, dove non può non essere citata la creazione  dell’ensemble cameristico “I solisti di Pavia”; mostrando così come la cultura possa estendersi per 360 gradi in tutte le sue sfaccettature, senza concentrarsi strettamente solo sul piano letterario.

Veca si impegnò quindi per diffondere il più possibile il suo sapere, senza tenerlo egoisticamente per sé, e forse questo è dovuto anche al suo già citato pensiero: una società in cui tutti possano avere ugualmente le stesse possibilità, prima precluse alla stragrande maggioranza.

E sono proprio gli ambienti della Sapienza quelli che piangono di più la sua scomparsa, non solo per ciò che concretamente Salvatore Veca ha fatto, ma anche e soprattutto per la sua eredità morale, la speranza cioè che la cultura si diffonda il più possibile in un modo accessibile a tutti.

Il pensiero di questo filosofo può essere o meno condiviso, ma il bello della filosofia forse è anche questo, partire dal pensiero altrui per formularne uno proprio, che possa essere o derivato da esso o diametralmente opposto e polemico; ciò che sicuramente però è esente da qualsiasi tipo di dibattito è l’impegno di Salvatore, l’impegno per la promozione concreta di quella cultura che tutti citano ma che nessuno afferra totalmente. Il miglior modo per ricordarlo sono le parole del sindaco di Milano Giuseppe Sala, riportate dal sito ANSA: “Milano perde una delle intelligenze più vivide e incisive della riflessione politica e civile della nostra città”. l’orgoglio di aver conosciuto e frequentato un uomo colto, democratico e soprattutto generoso. Molti diventano gelosi del loro sapere, Salvatore Veca no”. “Grazie. Salvatore”

(fonti: Corriere della sera, Ansa, skuola.net, etc.)

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