La grandezza letteraria è la capacità di un autore di rendere immortale una propria idea utilizzando la parola come veicolo. Ci sono poi alcuni scrittori, poeti, autori che sono molto più di questo, che sono in grado non solo di fermare nel tempo un loro pensiero, ma anche la realtà in cui vivevano, facendo respirare al lettore l’aria del loro tempo. Il più illustre esempio di questa grandezza letteraria è sicuramente messer Durante degli Alighieri, molto più conosciuto con il nome di Dante.

Il 14 settembre è l’anniversario della morte del Sommo Poeta, e le cause della sua morte, avvenuta nel 1321 a Ravenna, sono tremendamente oscure e prive di certezze; la tesi più probabile è quella della malaria, contratta al ritorno da un’ambasceria presso Venezia, per ordine del signore di Ravenna.

In questo giorno però non è tanto importante disquisire sugli ultimi attimi di vita di Dante, rischiando di precipitare in un buco che la storia ci ha lasciato, ma bensì ricordare perché Dante è stato così importante per il mondo e del perché continui ad esserlo ancora ai giorni nostri.

Se parliamo di Dante, e parliamo di importanza, è impossibile non citare la sua opera più famosa, un best seller intramontabile che vanta milioni di copie vendute in tutto il mondo, e la traduzione in circa 100 lingue: la Divina Commedia.

Di che cosa parli “l’iter mentis ad deum” (viaggio della mente verso Dio) è noto a tutti, anche ai non amanti della letteratura; chi è infatti che non conosce le famosissime tre cantiche di Inferno, Purgatorio e Paradiso che Dante attraversa nel suo viaggio ultraterreno? Ciò che però potrebbe essere sconosciuto ai non lettori è lo scopo che ha portato alla creazione di questo capolavoro.

Fin dalla premessa dell’opera si capisce il suo intento, cioè non quello di creare un’avventura “immaginaria” piena di creature fantastiche, come potrebbe essere l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto ad esempio (opera comunque degna di rispetto), ma bensì quella di creare un monito per la società corrotta del suo tempo, una società dove la Lupa (allegoria dell’avarizia) avvelenava le anime delle città d’Italia divise per l’assenza di una vera autorità “nave senza nocchiero in gran tempesta”, e che non risparmiava nemmeno lo Stato della Chiesa. Un tempo in cui l’Istituzione ecclesiastica, soprattutto con la figura di Bonifacio VIII, acerrimo nemico di Dante, si era allontanata  da quella che era la sua missione originaria, cioè quella di guida delle anime.

E’ da questo caos che prende vita l‘opra di Dante, in cui è egli stesso, tramite il suo viaggio, a mostrare ai suoi contemporanei quali siano le conseguenze ultraterrene del proprio comportamento mortale. Da allora sono passati più di 700 anni, ma il concetto alla base della Commedia è ancora attualissimo. Guardiamoci intorno, non viviamo anche noi in un mondo dove la spiritualità e i sentimenti sono passati in secondo piano rispetto alla cupidigia, dove l’amore per il prossimo o per le sue idee non esiste più, dove l’assenza di una guida ci lascia nel baratro dell’oblio? Pensiamo ad esempio nel nostro piccolo alla “guerra civile” che si sta creando in questi ultimi mesi per il green pass, le fazioni dei pro green pass e dei no green pass si scannano tra di loro cercando l’uno la pelle dell’altro, in modo non tanto diverso dalla battaglia di Campaldino tra Guelfi e Ghibellini a cui ha partecipato anche lo stesso Dante. Al posto delle spade le persone sono armate di profili social con i quali infliggere vigliaccamente potenti ferite ai membri dello schieramento opposto, preoccupandosi non tanto di difendere le proprie idee, ma di distruggere a suon di insulti gli altri. Pensate che se oggi Dante camminasse tra di noi non sarebbe schifato dal vedere come in tutti questi secoli certe tendenze dell’uomo non siano minimamente cambiate, o che non si dispiacerebbe nel notare come ogni uomo sia mosso solo dalla sete di denaro e da quella della propria potenza, che nella maggior parte dei casi si risolve come un sonoro fallimento, come ci insegna l’episodio del folle volo di Ulisse? L’ammonimento di Dante e della sua Commedia dovrebbe risuonare ancora per le nostre strade e nelle nostre vite: “smettetela di dilaniarvi l’un l’altro, tirate i remi in barca finché siete in tempo”.

Dante nel corso della sua vita ha dovuto sopportare molte pene, prima tra tutte quella dell’ingiusto esilio che ha tenuto il “ghibellin fuggiasco” (come erroneamente, anche se in modo affascinante, lo definì Foscolo) lontano dalla sua amata Firenze, il suo “bello ovile”, fino al giorno della sua morte. Ma anche l’eternità non gli è stata sempre lieve, il Sommo Poeta è stato infatti chiamato in causa dalla sua tomba moltissime volte nel corso della storia: basti pensare a quel giogo culturale che è stato il petrarchismo di Pietro Bembo del 1500, nato con le “Prose della volgar lingua” che svalutava il capolavoro di Dante perché di uno stile “non aulico” e quindi non adatto alla poesia. Tale riforma linguistica, divenuta negli anni successivi un vero e proprio canone da cui non si poteva trasgredire (almeno fino al romanticismo), non ha solamente quasi confinato nel dimenticatoio la Commedia, ma ha anche ostacolato la creazione di veri capolavori per molto tempo.

Passando poi per i discutibili pareri di critici contemporanei, come Benedetto Croce, che sosteneva addirittura che una buona parte delle cantiche della Divina Commedia non fossero poesia per la mancanza di effusione lirica; ognuno ha diritto ad avere le proprie idee, per carità, ma chiunque abbia solo anche sfogliato il poema si dovrebbe facilmente rendere conto dell’inesattezza di tali opinioni, che nascono anche dal voler leggere il passato con gli “occhiali” della propria contemporaneità.

E per concludere, in un’epoca dove il politically correct è sempre in agguato dietro l’angolo, dove neanche le fiabe come Biancaneve possono sentirsi al sicuro, poteva essere esente da critiche distruttive anche il Padre Dante? Ovviamente no. Nel 2012 Gherush92-Comitato per i diritti umani ha perfino dichiarato che Dante dovrebbe essere rimosso dai programmi scolastici perché omofobo, islamofobo e antisemita.

Se la visione di Croce era discutibile, questa è solamente ridicola, ridicola come la tendenza dei nostri tempi a rispolverare classici della letteratura e farli a pezzi perché non rispettosi dei diritti umani.

Dante è un uomo del medioevo, occidentale e cattolico, e ovviamente parla e pensa come tale, è quindi perfettamente normale che la visione del mondo che lui ha sia diversa da quella odierna. La censura di un tale capolavoro solo per il fatto che raffigura in pieno la mentalità del periodo in cui è stato scritto è totalmente priva di senso. Come se un domani qualcuno volesse distruggere il Colosseo perché è stato teatro di scontri sanguinari tra gladiatori, e quindi totalmente immorali ed irrispettosi dei diritti umani: follia totale!

Che poi anche la stessa definizione di Dante come islamofobo sarebbe molto discutibile, visto che lui mette si Maometto all’Inferno, ma in qualità di seminatore di discordia. E, se questo esempio non dovesse bastare, molto più persuasivo dovrebbe essere quello di Averroé, che viene collocato dal Padre Dante tra gli spiriti magni del LImbo alla stregua di Virgilio.

La verità è che il vero modo per leggere Dante non è quello inquisitorio con gli occhiali degli anni 2000, cercando di mettergli in bocca parole e concetti tipicamente moderni, ma nel godersi i temi immortali e sempre attuali di Dante, come la potenza della fede, o la forza dell’amore, capace di nobilitare l’uomo e di elevarlo verso il cielo. Per non parlare poi, sempre per gli amanti delle battaglie dei diritti, delle splendide figure femminili presentate da Dante, che non avevano mai trovato prima uno spazio del genere in un’opera letteraria, delle donne con la D maiuscola, come Francesca, Pia de’Tolomei, Beatrice e Piccarda; figure dotate di un carisma tale da evocare un fascino ed un’eleganza assolutamente superbi.

In questo giorno non possiamo non ricordare la grandezza di Dante e quello che significa per il mondo, e di come, seppur dal Paradiso che ha finalmente raggiunto in modo permanente, riesca  ancora oggi ad insegnarci qualcosa.  

4.8 4 votes
Article Rating