Alcol, droga, donne stuprate, morte: tutto questo manifesto di inciviltà e degrado, che ha preso il nome di rave party, si è verificato a partire dallo scorso 13 agosto al confine tra Lazio e Toscana intorno al lago di Mezzano, presso il comune di Valentano (Viterbo).

Il mega rave illegale si è tenuto in un’area enorme, di circa 30 ettari, dove si sono riversate più di 10.000 persone provenienti da tutta Europa; sono infatti francesi gli organizzatori e molti dei ragazzi presenti. Un ventiquattrenne, Gianluca Santiago, è stato ritrovato morto nelle acque del lago; due ragazze hanno denunciato di essere state stuprate; 4 ragazzi sono finiti in coma etilico; una donna avrebbe addirittura partorito all’interno della “festa”. Dopo la notizia della morte del ragazzo, una buona parte dei partecipanti ha deciso di abbandonare il luogo, ma il rave sarebbe comunque dovuto continuare fino al 23 agosto. A mettere fine a tutto ciò è arrivato, se pur decisamente in ritardo, l’intervento dello Stato: la mattina del 19 agosto, dopo più di 5 giorni di sballo incontrollato, circa venti blindati del Reparto mobile della polizia di Stato si sono diretti verso il lago di Mezzano per identificare e allontanare le persone ancora presenti. Il sindaco di Valentano Stefano Bigiotti ha dichiarato che l’area è stata completamente liberata, dopo aver richiesto a gran voce l’intervento del Ministro degli Interni Luciana Lamorgese. Prima di allontanarsi 2.000 persone e 700 mezzi sono stati identificati; la Questura di Viterbo fa sapere che non si sono verificate particolari criticità inerenti alla sicurezza pubblica e questa storia è stata chiusa nel modo più indolore possibile.

Ma quale è la storia di questi ritrovi all’insegna dello sballo?

I rave party nacquero alla fine degli anni Ottanta in Inghilterra. Quando i locali chiudevano, la festa continuava altrove, in una fabbrica dismessa o in un’area aperta, con musica acid e techno. Come primo free party gli storici del settore segnalano il Revolution in Progress, nell’area dei capannoni dismessi di Clink Street, a Londra. In Italia il primo rave è considerato quello tenuto vicino al Lago di Bolsena,  nel 1999. L’accesso a questi party è libero, non ci sono biglietti da pagare. All’interno del luogo di ritrovo sono presenti punti vendita di cibo e bevande, oltre che di droghe come marijuana, Lsd e chetamina. Per organizzare queste feste non ci sono ovviamente annunci pubblici, prima la comunicazione avveniva tramite passaparola, oggi soprattutto tramite gruppi su social come whatsapp, facebook e telegram. Dunque, è difficile credere che le forze dell’ordine (polizia postale o intelligence – che dovrebbero rintracciare eventuali attacchi terroristici tra le altre cose) non fossero al corrente di ciò che si sarebbe verificato nel viterbese. Il rave di Valentano è il più grande degli ultimi 10 anni in Italia e il più grande evento di questo genere organizzato quest’anno in Europa. Ma non è un caso isolato: lo scorso 4 luglio infatti c’è stato un altro rave party presso Tavolaia, piccola frazione di Santa Maria  a Monte in provincia di Pisa, dove 4-5 mila persone  si sono riunite dopo il tam tam sui social senza rispettare ovviamente nessuna misura anti-covid. Gli inquirenti potrebbero incrociare i nomi delle persone identificate a Viterbo con quelli dei circa mille denunciati a Pisa, tra cui un dj e i promotori francesi.

Tuttavia, i rave party non sarebbero necessariamente illegali, perché la Costituzione italiana prevede la libertà di riunione come uno dei diritti inviolabili della persona. Ma in tempo di pandemia ci sono delle regole che tutti devono rispettare; a quanto pare tutti tranne queste migliaia di giovani… Così, mentre a noi comuni mortali viene chiesto il green pass per bere un caffè in un bar, a 10.000 “fortunati” è concesso tutto per 6 giorni interi.

Come è possibile che migliaia di ragazzi possano ritrovarsi senza alcun tipo di controllo – e che questo vada avanti per più di cinque giorni senza alcun intervento da parte delle forze dell’ordine – e per tutti gli altri è obbligatorio avere il green pass per andare a mangiare al ristorante, indossare la mascherina e mantenere il distanziamento in luoghi come scuole, università, cinema, teatri o stadi, dove sarebbe molto più semplice effettuare controlli in totale sicurezza?

Fonti:

Il Post

https://tg24.sky.it

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