Tutti noi conosciamo la stazione di Santa Maria Novella a Firenze, edificio progettato e costruito negli anni trenta del Novecento da un gruppo di architetti, il Gruppo Toscano, guidati da Giovanni Michelucci. Pochi però sono a conoscenza dei numerosi edifici annessi al corpo principale della stazione stessa, fra i quali vi sono la Centrale Termica e la Cabina Apparati Centrali. Questi due edifici, progettati e costruiti dall’architetto Angiolo Mazzoni negli anni Trenta del Novecento, formano un unico complesso e si trovano nei pressi di viale Fratelli Rosselli, ad angolo fra le poco frequentate e tranquille via delle Ghiacciaie e via della Cittadella.
Per chi arriva a Firenze in treno o per chi sta passeggiando nei vicini giardini della Fortezza da Basso è impossibile non notare questo edificio che svetta fra gli altri e si fa riconoscere con il suo caratteristico colore rosso mattone. Colore molto raro nel panorama architettonico fiorentino che vuol proprio esprimere la funzione tecnologica di questo edificio, costruito secondo i canoni del futurismo, di cui Angiolo Mazzoni era un grande sostenitore e seguace, e in particolare del costruttivismo, movimento culturale russo che rifiutava il culto dell’“arte per l’arte”, quindi di un’arte fine a sé stessa, a favore invece di un’arte rivolta a scopi sociali. Questi i maggiori aspetti che la critica, che da poco tempo si è interessata a questo complesso, ha evidenziato e che hanno fatto sì che questa centrale fosse messa sotto vincolo architettonico nel 1992. L’inizio della costruzione viene datato 1932, con l’approvazione del progetto da parte del Ministero delle Comunicazioni, il quale aveva chiesto al Mazzoni un’efficiente centrale termica con il fine di provvedere al riscaldamento dei locali della stazione e dei vagoni passeggeri (scopo per cui è in funzione ancora oggi). L’architetto, pur avendo in quegli anni anche altre opere da portare a termine a Firenze — quali il palazzo della “squadra rialzo” tra viale Redi e viale Belfiore (attraverso il quale oggi passa la linea della tramvia T2 fra le fermate Belfiore e Redi) e lo stesso cavalcavia su viale Rosselli, una struttura mai vista prima poiché negli anni ’30 era un’idea modernissima far passare la ferrovia sopra la strada su cui transitavano le automobili — riuscì a inaugurare questo complesso solamente due anni dopo l’inizio dei lavori, nel 1934, e un anno prima dell’inaugurazione della vera e propria stazione di Santa Maria Novella, per la cui realizzazione il progetto del Mazzoni era arrivato secondo dietro a quello del Gruppo Toscano. Il complesso visto da fuori pare essere un’unica struttura, ma in realtà è composto da due distinti edifici che svolgono due diverse funzioni: il primo, un grande parallelepipedo, è la vera e propria Centrale Termica, in cui il carbone, trasportato tramite dei treni, veniva rovesciato e, grazie alla differenza di altezza di circa cinque metri che vi è fra il piano dei binari e il piano della strada, si frantumava in pezzi per poter essere utilizzato in seguito per alimentare le caldaie; il secondo edificio, la Cabina Apparati Centrali, è invece costituito da una grande torre cilindrica che culmina con un’ampia vetrata ed era destinato a cabina per il comando dei segnali e degli scambi.
Angiolo Mazzoni non si limita a progettare e realizzare un complesso funzionale, ma troviamo anche degli accorgimenti estetici che rendono questo edificio un vero e proprio monumento da ricordare. Fra questi, in particolare nella Centrale Termica, troviamo le vetrate, che si affacciano direttamente sul tracciato dei binari retrostante alla struttura, realizzate in Termolux, materiale opaco e innovativo per quel tempo composto da grandi tessere ottenute interponendo lana di vetro tra due lastre di vetro, e le porte interne in ferro, queste provviste di un “occhio di spia” che rendeva più agevole la sorveglianza dei vari ambienti di lavoro all’interno della centrale. Eppure l’elemento, anzi gli elementi, che più identificano questo complesso sono quei cilindri in ferro affusolati che si ergono dal corpo principale della Centrale Termica, quei quattro camini (di cui uno è ancora originale perché mai entrato in funzione) collegati da una passerella accessibile attraverso una scala a chiocciola. Su questa passerella Filippo Tommaso Marinetti, il fondatore del movimento futurista, nel 1933 si soffermerà definendola “un elegante passaggio metallico nel vuoto, che agilizza tutto l’edificio a richiamare per la sua vaporosità atmosferica certe volubili ed elastiche musiche di Debussy. Praticità fusa con bellezza”. Nonostante ciò, nulla di tutto questo è stato riconosciuto ad Angiolo Mazzoni il quale nel 1947, finita la seconda guerra mondiale, vista la sua posizione di architetto legato al fascismo, decise di andare all’estero, più precisamente in Colombia, dove gli venne offerta una cattedra presso l’Università Nazionale de Colombia a Bogotà per l’insegnamento della Storia dell’Architettura ed Urbanistica. Lì rimase fino al 1963, anno in cui decise di ritornare a Roma, dove morì nel 1979. Il suo più grande rimpianto fu proprio quello di essere stato dimenticato in patria, ricordato nel dopoguerra più come fascista che come architetto che ha progettato e costruito edifici che sono in funzione ancora ai giorni nostri e che testimoniano proprio la qualità del suo operato.
Uscito indenne dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale e sfuggito alla damnatio memoriae nei confronti degli edifici costruiti durante il regime fascista, questo complesso è un vero e proprio reperto di archeologia industriale che, speriamo in un futuro non troppo lontano, sia meta di “archeologhi” che lo riportino alla luce e lo rendano agibile e visitabile a un maggior numero di persone. Mantenere viva la memoria di ciò che è accaduto e di ciò che rimane è una questione molto importante che non possiamo permetterci, come esseri umani, di ignorare.
Fonti: https://fondoambiente.it/luoghi/centrale-termica-della-stazione-di-santa-maria-novella?gfa