Nonostante il progressivo rallentamento della pandemia Covid-19 dovuto alla crescente copertura vaccinale della popolazione, la diffusione del SARS-CoV-2 in tutto il globo si sta evolvendo, con il passare del tempo, attraverso delle mutazioni e, conseguentemente, con lo sviluppo di alcune varianti del virus. Esistono diverse varianti di SARS-CoV-2: quella più preoccupante e più diffusa ad oggi è la variante Delta.
La variante Delta rappresenta uno dei circa venti ceppi mutanti del Sars-CoV-2, considerati oggetto di preoccupazione; è comparsa a dicembre 2020 in uno Stato nel nord dell’India e pochi mesi dopo è stata la causa di oltre 30 mila casi al giorno a Nuova Delhi anche tra soggetti già guariti e vaccinati.
La chiave della variante Delta è l’insieme di mutazioni che la variante ha accumulato nella proteina spike che ricopre il SARS-CoV-2 conferendogli il suo caratteristico aspetto “a corona”. Queste mutazioni hanno modificato la spike e, di conseguenza, alcuni degli anticorpi esistenti possono non legarsi bene oppure possono legarsi con minore frequenza ed efficacia.
La variante Delta presenta mutazioni sulla proteina spike che alterano il modo in cui questa interagisce con la proteina recettore ACE2 che si trova sulla superficie dei polmoni e in altre cellule umane ed è il punto di accesso che il coronavirus usa per invadere la cellula.
La diffusione della variante Delta del Covid 19, prima conosciuta come indiana, spaventa sempre più il mondo e preoccupa anche l’Italia. La sua rapida diffusione sta portando alcuni Paesi ad adottare misure più restrittive nel tentativo di arginare i contagi, mentre si spinge nell’accelerare la copertura della popolazione con la seconda dose di vaccino anti Covid. Cresce anche la preoccupazione per gli effetti di una mutazione con una contagiosità doppia rispetto al tradizionale Covid-19 e destinata a diventare dominante.
Il devastante impatto della variante Delta lo si osserva soprattutto in Gran Bretagna (i contagi nelle scuole aumentano del 70% in una sola settimana e sono 16 mila gli alunni a casa) e in Russia dove Mosca ha registrato il maggior numero di decessi giornalieri dall’inizio della pandemia. Anche la Germania ha preso la decisione di vietare l’ingresso di persone provenienti da altri Paesi dove la variante Delta del coronavirus Sars-CoV-2 è dominante. La comparsa della variante Delta e la possibile evoluzione di varianti più trasmissibili o resistenti ai vaccini implica che, nonostante la vaccinazione, potrebbero seguire nuove ondate di contagi, ricoveri e decessi.
I vaccini mantengono la loro efficacia contro le forme gravi e la necessità di ospedalizzazione causate dalle varianti Alpha e Beta ma forniscono una protezione minore nei confronti della Delta. I soggetti che sono stati vaccinati con una o due dosi di vaccino Pfizer hanno prodotto livelli inferiori di anticorpi in grado di neutralizzare la variante Delta rispetto ai livelli di protezione generati nei confronti di Alpha e Beta.
Uno studio in fase di revisione ha rivelato che dopo entrambe le dosi, il vaccino Pfizer ha mostrato un’efficacia dell’88% contro la malattia sintomatica causata dalla variante Delta rispetto al 93% contro la variante Alpha. Le due dosi del vaccino AstraZeneca si sono dimostrate efficaci al 66% contro la variante Alpha e al 60% contro la Delta.
L’Agenzia americana regolatoria FDA ha stabilito la soglia del 50% come livello minimo di efficacia per un vaccino anti COVID-19, prevedendo che il vaccino stesso prevenga, in almeno la metà dei vaccinati, la manifestazione dei sintomi di COVID-19.
Ci sono molti vaccini, sia in uso che in sperimentazione, in tutto il mondo e non essendo ancora previsti standard di efficacia concordati a livello internazionale, ogni vaccino potrebbe offrire un diverso livello di protezione contro le nuove varianti.
Solo i vaccini sono in grado di rallentare la diffusione della malattia infettiva contribuendo progressivamente a raggiungere l’immunità di gregge. Fino a quel punto, l’unica strategia efficace per frenare la diffusione del virus è la prevenzione che comprende misure come il distanziamento sociale e l’uso della mascherina.
La variante Delta del Covid-19 però non spaventa il vaccino Moderna. La casa farmaceutica produttrice ha annunciato che il vaccino produce gli anticorpi sufficienti, utili a combattere questa mutazione del Sars-Cov-2.
Sulla base delle prove scientifiche disponibili, sappiamo inoltre che la variante Delta è più trasmissibile rispetto ad altre varianti ed è per questo che si diffonde così rapidamente. È più contagiosa del 40-60% rispetto alla variante inglese e può essere associata a maggior rischio di ricovero in ospedale. Tuttavia, il rischio complessivo di infezione da SARS-CoV-2 correlato al previsto aumento della circolazione della variante Delta per la popolazione generale è considerato basso per le persone completamente vaccinate e invece da alto a molto alto per quelle parzialmente o non vaccinate. Ci sono prove, infatti, che coloro che hanno ricevuto solo la prima dose di un ciclo di vaccinazione a due dosi sono meno protetti contro l’infezione provocata dalla variante Delta rispetto alle altre varianti, indipendentemente dal tipo di vaccino. Tuttavia, la buona notizia c’è ed è che la vaccinazione completa fornisce una protezione considerata soddisfacente contro la variante Delta.
È molto probabile che la variante Delta circolerà ampiamente durante l’estate, in particolare tra gli individui più giovani che non sono oggetto di vaccinazione; questo fenomeno è tuttavia imputabile anche al fatto che la famiglia della varianti si allarga sempre di più: oltre alla versione più nota, chiamata B.1.617.2 (la cosiddetta Delta), ne esistono infatti altre due in progressiva circolazione, la B.1.617.1, B.1.617.2 e B.1.617.3, meno preoccupanti della Delta e ormai distinte anche per nome, visto che sono chiamate entrambe Kappa.
Alla luce di tutto ciò c’è grande timore per una nuova esplosione di contagi: il rischio è che ci sia un forte rallentamento nel raggiungere l’immunità di gregge. Oltre alle varie tipologie di vaccino, i sistemi sanitari hanno a disposizione altre armi per cercare di superare la pandemia. Una di queste sono gli anticorpi monoclonali che, a differenza dei vaccini, rappresentano una soluzione terapeutica, anzi che preventiva, per la gestione del Covid. Ad oggi, questi farmaci risultano ancora sottoutilizzati a causa di una non completa loro conoscenza da parte del mondo clinico e di un’organizzazione non ancora adeguata al loro utilizzo da parte di sistemi sanitari. L’auspicio è che, nei prossimi mesi l’utilizzo combinato di vaccini e anticorpi monoclonali possa fornire la soluzione definitiva alla lotta contro il Covid- 19.