La vita affronta sfide diverse in base all’ambiente in cui vive e alla propria dimensione, fattore spesso sottovalutato. Questa raggiunge il suo apice in creature come la balenottera azzurra pur partendo da piccoli organismi.
La cellula è la più piccola forma di vita dotata di metabolismo autonomo. Le sue dimensioni sono comprese tra 0.2 e 300 micron (millesima parte di un millimetro) e non sono osservabili a occhio nudo ma al microscopio ottico.
Il limite delle dimensioni dipende dall’utilizzo della diffusione, un fenomeno di trasporto passivo efficace a corto raggio indispensabile in molti processi cellulari e nell’interazione con l’ambiente esterno.
Immaginando di approssimare la cellula ad una sfera, il suo raggio deve essere di una lunghezza tale da consentire alle sostanze di arrivare al centro in breve tempo. Se superasse questa dimensione, servirebbe troppo tempo per raggiungere il centro dall’esterno e la cellula perderebbe di competitività.
Per aggirare questa limitazione la natura ha scelto di raggruppare più cellule assieme, creando organismi pluricellulari. L’accostarsi di due cellule impedisce però il contatto di parte della membrana cellulare con l’esterno ostacolando la dispersione di calore.
Nelle cellule eucariote gran parte del calore è prodotto nei mitocondri. Questi organuli derivano da cellule procariote inglobate da un eucariote molto tempo fa. Per ragioni non certe non furono digeriti ma conservati in simbiosi con la cellula.
I mitocondri sono responsabili della respirazione cellulare: un processo che produce adenosina trifosfato (ATP), un mezzo per trasportare energia, rilasciando calore. Ogni cellula contiene in media 2000 mitocondri ed ognuno di loro può sfiorare i 50 °C.
Tuttavia, le cellule vivono solo in un certo intervallo di temperatura: non troppo alta da rendere le proteine inefficienti, né troppo bassa da impedire lo svolgimento dei processi metabolici. Per innalzare la temperatura i mammiferi hanno sviluppato cellule endotermiche, ovvero capaci di eseguire processi ripetitivi, detti cicli futili, per trasformare l’energia in calore.
Altrimenti l’animale può stabilizzare la propria temperatura scambiando calore con l’ambiente: per il secondo principio della termodinamica, il calore si trasferisce sempre da un corpo caldo a uno più freddo. Il tempo per rilasciare il calore nell’ambiente è influenzato dalla quantità di calore da liberare e dal rapporto tra la superficie a contatto con l’ambiente e il volume dell’animale stesso.
Questo rapporto dipende non solo dalla forma del corpo ma anche dalle dimensioni. Infatti, secondo la legge del cubo quadrato di Galileo raddoppiando il lato di un cubo l’area quadruplicherà mentre il volume diverrà otto volte tanto.
Da questa legge consegue l’effetto scala: “Per qualunque oggetto di forma costante il rapporto tra superficie e volume è inversamente proporzionale alle dimensioni”.
Al crescere del volume cresce il numero di cellule e la produzione di calore, mentre una superficie maggiore disperde più rapidamente il calore nell’aria abbassando la temperatura. Ne consegue che maggiori dimensioni portano ad una dispersione più lenta. Per questo gli animali variano il metabolismo.
Prendiamo in esempio due mammiferi di dimensioni diverse che prediligono climi caldi: il mustiolo (Suncus etruscus) e l’elefante africano di savana (Loxodonta africana). Rispettivamente il mammifero terrestre più piccolo e più grande.
Il mustiolo con i suoi 4cm avrà un rapporto tra superficie e volume estremamente alto. Disperde il calore molto velocemente quindi, per non morire di freddo, manda il proprio metabolismo a velocità record. Può raggiungere i 1.200 battiti cardiaci al minuto e una frequenza respiratoria di 800 atti al minuto. Per mantenere questi ritmi il mustiolo consuma ogni giorno una quantità di cibo pari al 200% del proprio peso. Non disponendo di tali riserve, ha una resistenza alla fame effimera: senza cibo muore in quattro ore.
L’elefante africano di savana, viceversa, dall’alto dei suoi 4 metri ha un metabolismo lentissimo, per prevenire l’eccesso di calore. Consuma solo il 5% del proprio peso giornalmente, si fa aria con le sue grandi orecchie per raffreddare il sangue e imposta il proprio percorso per incrociare uno specchio d’acqua o una pozza di fango, dove non esita a immergersi.
Contrariamente, il mustiolo evita di toccare l’acqua. Sempre per l’effetto scala, troppa acqua in relazione alla sua massa rimarrebbe impigliata nella sua pelliccia, impedendogli il movimento. Se lo sfortunato fosse grande quanto una zanzara, l’acqua per via della tensione superficiale, lo ingloberebbe soffocandolo a morte.
Gli insetti riescono ad usare la tensione superficiale a loro vantaggio. Molti la sfruttano per camminare sull’acqua altri addirittura per respirare sott’acqua. Le Notonette hanno sviluppato un mantello di peli densi e idrorepellenti sul dorso (un milione di peli per millimetro quadrato) che quando immerso non viene attraversato. I peli sono troppo piccoli per rompere la tensione superficiale e lasciano una sacca d’aria incastrata tra la peluria. Il sottile strato d’aria è continuamente rifornito di ossigeno dall’acqua circostante e permette all’insetto di respirare.
Oltre all’apnea anche le grandi altezze smettono di essere un problema se sei un piccolo insetto. Infatti, se una formica si ritrovasse in caduta libera da un aereo di linea, atterrerebbe a terra senza riportare danni ingenti.
Analizzando la situazione appena dopo la caduta dall’aereo:
La formica accelererà per un certo periodo di tempo fino a raggiungere la velocità limite (2m/s) dove la resistenza dell’aria (che dipende dalla superficie su cui cade) è sufficiente a contrastare l’accelerazione di gravità. Dopo quel punto l’accelerazione e l’energia cinetica accumulata nel corpo smetteranno di aumentare, rimanendo costanti.
Al momento dell’impatto l’energia cinetica (proporzionale alla massa) si libererà distribuendosi su tutta la superficie di atterraggio. Questa in relazione alla superficie sarà in un rapporto minimo permettendo di scaricare l’energia sul terreno senza grandi danni. Inoltre, il resistente esoscheletro in chitina la proteggerà dall’impatto che causerà danni ancora minori alla malcapitata.
In conclusione, le dimensioni dei viventi li sottopongono differentemente all’effetto dei fenomeni fisici. Che procurano loro opportunità e vincoli differenti.
Fonti:
Organismo vivente – Wikipedia
Cellula
I mitocondri, fornaci dell’organismo – Focus.it
Caratteristiche del trasporto di membrana: attivo e passivo – WeSchool
Legge del cubo quadrato
Il rapporto superficie/volume nelle interazioni del vivente | Scienze della vita – Il Chiasmo | Treccani, il portale del sapere
Effetto scala
Mammalia
Secondo principio della termodinamica – Wikipedia
Suncus etruscus – Wikipedia
Loxodonta africana – Wikipedia
African Elephants diet
Life in a bubble
Perché le formiche sopravvivono cadendo da molti metri? – Spieghino.it