L’Africa è tristemente famosa come il terzo mondo in quanto è il continente tecnologicamente più arretrato e più povero del pianeta, tanto che, per le tribù più isolate e abbandonate a se stesse, anche solo disporre di una fonte di acqua dolce potabile nei pressi del proprio villaggio è una manna dal cielo; ma non tutti i villaggi sono così fortunati…
Martedì 20 aprile 2021 l’Associazione Amici Liceo Scientifico Leonardo da Vinci di Firenze ha tenuto una conferenza sul tema delle risorse idriche e sostenibilità sulla piattaforma di teleconferenze “Zoom” e trasmessa in contemporanea in diretta sulla pagina Facebook della stessa Associazione dove il dottor Giancarlo Ceccanti, geologo, membro fondatore dell’onlus “Acquifera”, ex studente del Liceo scientifico Da Vinci e direttore del parco dei Renai, ha raccontato la sua esperienza come volontario in Africa per la costruzione di fonti di acqua potabile.
Per citare direttamente il geologo Giancarlo Ceccanti che parlava del tempo precedente alla sua prima esperienza come volontario in Africa: “era già più di venti anni che facevo il geologo, trovare l’acqua mi sembrava fosse una cosa che aveva la sua costruzione logica (…) pensai come è possibile cha a livello di cooperazione non ci sia modo di portarla alle popolazioni bisognose con conoscenze scientifiche e modalità che qua da noi sono comunemente usate e da tempo?”; la logica spiegazione, come Giancarlo e i suoi colleghi capirono ben presto, era molto più “semplice” di quanto si potrebbe immaginare.
La loro prima spedizione era diretta verso N’galam, un villaggio in Camerun, regione dell’Africa centrale, tra il 2006 e il 2008. Arrivati sul posto la prima mossa strategica era chiaramente capire la morfologia del terreno. Utilizzarono uno strumento che rilevava, tramite cavi elettrici e picchetti di ferro piantati nel terreno, come le scosse elettriche attraversano il sottosuolo permettendo così di mapparlo. Furono rilevati ben tre punti dove poter effettuare un pozzo e comunque, date le abbondanti piogge, di acqua doveva essercene in abbondanza; quindi quale era questo grande problema? Per citare nuovamente l’ospite della conferenza “una miseria che si tagliava con il coltello”: per fare il pozzo servono soldi, bisogna costruire un serbatoio e serve una pompa, e i costi non si limitano all’immediato acquisto delle tecnologie, la pompa ha bisogno di energia, quindi di un generatore alimentato o con i pannelli fotovoltaici o con il gasolio (che deve essere comprato periodicamente). Insomma niente che un villaggio di poveri si possa permettere, quindi bisognava cambiare completamente target. Per tagliare i costi dell’alimentazione energetica è logico cercare una sorgente ad altitudine maggiore, cosicché ci pensi la forza di gravità a portare l’acqua. La sorgente fu trovata a circa un chilometro dal villaggio; le tubature, il serbatoio e il sistema di distribuzione furono tutte costruite a “braccia” dai locali sotto la direzione della squadra di cui faceva parte Ceccanti.
A seguito di questo primo successo, più motivati di prima, Giancarlo e il suo gruppo fecero richiesta ufficiale alla regione Toscana e nel 2008 nacque così l’onlus Acquifera.
Il loro primo incarico come onlus fu sulle rive del lago Turkana, in Kenya. Gli abitanti del posto si rifornivano d’acqua principalmente nel lago, come sembra logico, ma anche qui la situazione era molto più complessa di quanto appare. Anzitutto le acque del lago sono fortemente basiche e ricche di cloro, questo causava numerose malattie scheletriche; come se non bastasse il villaggio era stato decimato da un epidemia di colera che si era diffuso tramite le acque del lago.
L’altra fonte d’acqua più vicina era l’oasi Iolyangalani, a circa quindici chilometri di distanza, che si è formata grazie ai venti umidi provenienti dall’oceano i quali, costretti a salire di quota a causa degli ostacoli naturali, a seguito del raffreddamento, si trasformano in abbondati piogge. Dopo la scannerizzazione del suolo tramite il metodo delle scariche elettriche furono individuate varie falde che partivano dall’oasi a monte del villaggio e che si dirigevano verso il lago. Su questi flussi sotterranei furono costruiti due pozzi che permisero l’accesso a una fonte di acqua potabile e di portare avanti l’agricoltura in maniera più efficacie.
Ultimamente Acquifera sta portando avanti dei nuovi progetti di pescicoltura sulle sponde occidentali del lago Vittoria formando un sistema circolare tra piante e pesci: la Tilapia è un pesce erbivoro i cui escrementi vengono usati per crescere le “Lenticchie d’acqua” piantine d’acqua dolce che hanno bisogno di pochissimi nutrimenti per crescere in abbondanza e che vengono usati come mangime per i pesci. Questo semplice sistema circolare permette non solo di assicurare una fonte di nutrimento per la tribù locale, ma anche di rilanciarne un minimo l’economia locale tramite il commercio.
Sono ancora molti i progetti a cui ha lavorato Acquifera, come nel villaggio Geba in Etiopia, dove ha mostrato una maggiore attenzione applicando lo stesso progetto utilizzato a N’galam rispetto a una missione precedente di un altro gruppo che aveva costruito due pozzi anche discretamente profondi, ma che erano finiti in disuso dopo pochi mesi.
Dunque da ormai tredici anni Acquifera è un progetto toscano che ha aiutato numerose persone e permette chiunque voglia aiutare e aderire all’iniziativa di portare grandi aiuti ai piccoli villaggi e tribù direttamente nei loro territori in Africa dimostrando una grande serietà e funzionalità nei loro progetti.