In un momento di reclusione e isolamento come quello che stiamo vivendo, sentiamo particolarmente il bisogno di non dare mai per scontato il concetto di “libertà”.
Proprio oggi, 25 aprile, ricorre l’anniversario della Liberazione d’Italia dal regime fascista e dall’occupazione nazista. 76 anni fa, il 25 aprile 1945, da Milano partì l’appello per l’insurrezione armata contro i nazifascisti da parte del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI), un gruppo politico-militare protagonista di quel periodo.
Le principali città del nord Italia furono ‘liberate’ tra il 21 e il 28 aprile. Si è scelto però di festeggiare il 25 aprile perché segnò di fatto la fine della Repubblica di Salò, regime voluto dalla Germania nazista e guidato da Benito Mussolini.
Ma… liberazione da cosa e per cosa? Sfatiamo il mito di “liberazione” nel senso di clemente e gloriosa emancipazione che contrappone un periodo oggetto di drastica condanna ad un altro di esclusivistica esaltazione. Sicuramente prese avvio un nuovo capitolo per la storia d’Italia, fatto di tanti nuovi spiragli di luce, ma, come in ogni circostanza, non mancarono episodi più “oscuri” e controversi.
L’antefatto principale che ha portato l’Italia a dover essere liberata è, ovviamente, la Seconda Guerra Mondiale, a cui l’Italia partecipò inizialmente sotto la guida di Benito Mussolini, in alleanza con la Germania nazista di Adolf Hitler, decidendo, in un primo momento, di non scendere in campo.
Tuttavia, dopo i primi mesi di combattimenti, il 10 giugno 1940, convintosi della superiorità tedesca, Mussolini decise di entrare in guerra, per riuscire a spartirsi gli onori con il suo alleato; le aspettative furono però disattese: si rivelò un totale disastro e, in tale circostanza, l’intervento tedesco fu decisivo per salvarci dalla disfatta! Da allora, le truppe italiane divennero del tutto subordinate a quelle tedesche, rispondendo ai loro ordini.
Ecco, però, il manifestarsi dei primi segni di malcontento da parte della popolazione italiana per il trascinarsi a lungo della guerra.
Inoltre, il 10 luglio 1943, le forze Alleate (gli anglo-americani) sbarcarono in Sicilia occupando l’isola.
In quello stesso anno, Re Vittorio Emanuele III cambiò le carte in tavola: fece arrestare Mussolini, riappropriandosi del comando delle forze, e firmò l’armistizio con gli Alleati a Cassibile; quest’ultimo portò a un radicale cambio di rotta, sancendo il disimpegno dell’Italia dall’alleanza con la Germania e l’inizio della campagna italiana contro il nazifascismo.
Le conseguenze furono tragiche: il paese risultò diviso in due, a Sud con l’occupazione degli Alleati e nel centro-nord con quella tedesca.
Infatti prese avvio una rappresaglia tedesca contro le truppe italiane lasciate allo sbaraglio e contro i civili, che portò anche alla liberazione di Mussolini il quale creò la Repubblica Sociale Italiana (Repubblica di Salò) nel centro-nord d’Italia.
Vi fu, dunque, al contempo, una guerra tra Alleati e forze nazifasciste e, dall’altro lato, il movimento di Resistenza provocò una vera e propria guerra civile con i repubblichini (così venivano chiamati i sostenitori della RSI).
La Resistenza era composta da persone di qualsiasi età, estrazione sociale, provenienza, religione. Tra i partigiani vi erano le Brigate Garibaldi composte da partigiani di orientamento comunista, le Brigate Matteotti con ideali socialisti, le Brigate Giustizia e Libertà legate al Partito d’Azione; e ancora, numericamente più consistenti di quanto comunemente si possa pensare, vi erano anche brigate di orientamento monarchico. Per di più, le Brigate del popolo, quelle Osoppo e quelle Fiamme Verde furono formazioni partigiane democristiane.
A vincere la campagna non fu, infatti, una particolare ideologia politica piuttosto che un’altra, bensì un generale rifiuto di accettare l’umiliazione del proprio paese.
Vittoria che fu ottenuta nella primavera del 1945 quando le forze anglo-americane sfondarono la linea Gotica.
“Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire”. Queste le parole con cui, il 25 aprile 1945, Sandro Pertini, partigiano italiano e futuro Presidente della Repubblica, annunciò lo sciopero a Milano.
Milano e Torino furono liberate e i nazifascisti si trovarono alle strette. Mussolini tentò la fuga ma venne di lì a poco catturato dai partigiani. Eppure, la prima immagine di questa Liberazione fu quella di due corpi, appesi per i piedi, esposti in Piazzale Loreto a Milano: il corpo dello stesso Mussolini e della compagna Claretta Petacci, giustiziati il 28 aprile nel villaggio di Dongo, tragica fine riservata a molti e da ambo le parti.
Il 25 aprile 1945 è una data simbolica, ma non fu l’ultima giornata di combattimento. La resa di Caserta firmata il 29 aprile 1945 fu l’atto formale e conclusivo che sancì la fine della campagna d’Italia e la definitiva sconfitta delle forze nazifasciste in Italia.
Gli americani arrivarono a Milano il 1° maggio. Senz’altro, se non accompagnata dallo sforzo bellico anglo-americano e dell’esercito Cobelligerante Italiano, l’azione partigiana non avrebbe avuto lo stesso successo; successo per un avvio effettivo di una fase di governo che porterà prima al Referendum del 2 giugno 1946, per la scelta fra Monarchia e Repubblica, poi alla nascita della Repubblica Italiana, ed infine alla stesura definitiva della Costituzione, con una più nitida e universale idea di libertà.
Libertà costata cara, conquista raggiunta con la lotta e il sacrificio di molti, e di cui ultimamente abbiamo perso un po’ il sapore…
Senza fare differenziazioni manichee, e dato che, come si suol dire, con i se e con i ma non si fa la storia, commemoriamo e celebriamo questo giorno per pensare di fare qualcosa di utile e continuare in positivo, ora più che mai per la limitazione di libertà a cui stiamo assistendo in questi tempi.